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Читать книгу: «Dell'Emancipazione civile degl'Israeliti», страница 4

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V

Figuriamoci (chè alla fine bisogna internarsi nelle cose e venirne al concreto) lo squallore d'una delle povere famiglie di Ghetto, radunata in quell'oscura ed immonda tana, ove nasce, ove cresce e vegeta la sua povera vita, e sempre soffrendo si spegne ignorata nelle malattie e nella miseria. Ma, Dio buono! sotto que' cenci, in quel sudiciume, in quella privazione d'ogni bene morale e fisico, vi sono uomini come noi, uomini e non animali, non cose: uomini che la nostra legge, che le leggi più elementari dell'umanità ci comandano di avere in conto di fratelli; vi sono cuori che eran da Dio destinati a goder le ineffabili letizie dell'infanzia, le gioje della giovinezza, le forti passioni della virilità, e gli estremi e placidi conforti della vecchiaja; vi sono cuori di figli, di mariti, di spose, di padri; qual diritto v'era di conculcare tanti affetti, di spegnere tante gioje, di deturpare tanti doni di Dio, calpestar tanti germi utili e generosi, di infrangere tante vite, di contristare tanti spiriti immortali?

Figuriamoci quel povero Israelita che è padre e sostegno di questa famiglia, che avrebbe avuto da Dio forza ed intelletto onde esercitare un'arte o un mestiere, divenire un buon operajo, veder la famigliuola crescere e fiorire nella competente agiatezza della povertà industre, partecipare a que' beni, a que' misurati spassi che la Dio grazia sono ottenibili anco dal povero, purchè non gli sia tolto il lavoro; vediamolo ritornare nella sua trista buca dopo un giorno speso a correr le vie della città pel suo lurido commercio di cenci, arrecando con sè o nullo o scarsissima frutto di sua fatica; entriamo in quel cuore, e pensiamo quale debba essere, mentre considera la crudele violenza che toglie dal sangue suo non gli agi, le delizie de' ricchi, ma il pane, ma l'aria, l'aria salubre, la luce, il sole, que' tesori tanto largamente profusi da Dio, onde sian comuni al debole come al forte, al ricco come al mendico! Qual ira, qual odio disperato non deve rodere il cuore di quell'infelice? Qual orrenda maledizione non deve egli scagliare contro coloro che sono cagione della sua miseria, del lento strazio della sua famigliuola, contro la Legge che seguono? Chè la disperazione rende ingiusto, nè rimane in potestà del disperato entrare in distinzioni, e dare la ragione od il torto con giusta misura.

Figuriamoci che, deposto appena il fastello di cenci che ha riportato dalla sua cerca, sia appunto il giorno in che è costretto andar sotto la scorta de' carabinieri in S. Angelo a sentir la sua predica; pensiamo qual animo debb'essere il suo nell'avviarsi, nel sedere in Chiesa, nell'udire quella parola di Carità e di Pace, che per lui si volge in un tanto atroce dileggio! Quali disposizioni può avere per cavarne frutto? Non è forse connaturale alla struttura del cuore umano, ch'egli invece, a sfogo d'uno sdegno, d'un odio così forzatamente represso, e che non ha altre vie di soddisfarsi, dica in cuor suo: «Tu puoi bene costringermi ad udirti, ma il gusto di vedermi persuaso non l'avrai in eterno!»

E quest'uomo, preso all'opposto per le vie della giustizia, della carità, dell'amore, aveva forse un'anima generosa, un cuore accessibile a verità, a speranze auguste ed ineffabili; non avrebbe passata la vita nella maggiore tra le miserie del corpo, l'impossibilità del lavoro; e nella più amara tra le miserie dell'anima, la necessità dell'odiare. E come è stato spogliato di que' beni che eran suoi, perchè avuti da Dio? come è stato sepolto in un abisso di guai, ai quali non l'aveva Iddio condannato? chi ha spenta per esso l'ardente fiaccola della carità e della fede? chi l'ha respinto, rigettato dal Cristianesimo; da quella legge che anco i non credenti rispettano ed ammirano qual simbolo d'unione tra gli uomini, di concordia, di civiltà universale?

L'ha respinto la cieca intolleranza. V'è chi ardisca negarlo? v'è chi possa dire che non son vere le mie parole, non reali le cause, e conseguenti gli effetti che ne ho desunti?

Se la teoria dell'intolleranza è oramai esclusa dall'opinione delle classi colte, ha però ancora molti seguaci tra il popolo: ed è triste e doloroso spettacolo veder talora, cagione gli antichi pregiudizj, il popolano povero e condannato a molti stenti, a molte miserie, e che dovrebbe perciò aver viscere di compassione per chi gli cammina al fianco in questa dolorosa via, render invece più duro ed acerbo il viaggio del suo compagno, perchè non professa la sua medesima legge!

Cerchino le classi colte, nel contatto che hanno colle inferiori e più rozze, di cancellare questi odj, questi pregiudizi, queste ruggini antiche, contrarie alla carità evangelica e ad ogni viver civile. La repulsione che ancora sussiste fra il popolo contro gli Israeliti, nasce principalmente dall'idea che la loro razza sia maledetta. Ma Gesù Cristo spirante in sulla Croce, non perdonava forse persino a coloro che ve l'avevano confitto? non pregava forse per loro? Si dovrà dunque cercare appello da una sentenza d'assoluzione, d'amore e d'oblio, pronunziata dal Redentore? Ma vi fosse anco, e fosse aperta ed esplicita una maledizione su quell'infelice popolo; chi potrà mostrarmi egualmente aperto ed esplicito il comando a noi d'esserne esecutori? Dove sta scritto che i Cristiani debbano farsi i carnefici degli Israeliti? Io vedo scolpita in ogni pagina del Vangelo l'idea d'una carità che non distingue nè individui, nè nazioni; che stringe nel suo abbraccio fraterno tutti i popoli della terra, e li chiama fratelli: ma non trovo una sola parola che ne dia autorità di respingere, d'aver in odio e disprezzare o tormentare nessuno.

VI

Di un'accusa mi rimane ora a tener discorso; la quale creduta giusta e fondata da molti, è fonte di ripulsione e d'ostilità contro gl'Israeliti.

Molti stimano che la morale da essi professata li guidi e li freni soltanto nelle loro relazioni scambievoli, e si muti o si rallenti ove abbiano a trattare con uomini di diversa fede. Se ciò fosse vero, la loro Comunità sarebbe certo barbara, selvaggia, e da combattersi e distruggersi, o almeno conculcarsi tanto che non potesse nuocere: ma ciò invece è assolutamente falso.

Che talvolta, ove il potessero a man salva (e certo fu raro), uno o più Israeliti si siano macchiati d'atti violenti o crudeli contro i Cristiani, non so se debba affermarsi; perchè questo, come ogni altro delitto, vuol prove ond'esser tenuto certo. Ma poniamo siano realmente accaduti cotali fatti. È forse maraviglia che uno sdegno, un odio generato da ingiuste ed atroci persecuzioni, e lungamente impotente d'ogni vendetta o difesa, si sia alla fine sfogato con atti anco scellerati? Di siffatti delitti la prima colpa ne sarebbe dovuta ai Cristiani ed alle loro persecuzioni; la seconda a quegli Israeliti, che, anco eccitati, avrebbero pur dovuto astenersi dal mal fare. Ma per darne la colpa alla morale ad essi insegnata da' loro maestri, converrebbe che di tale infamia si trovasse traccia ne' loro scritti, nelle tradizioni, nell'insegnamento orale; e niuno può dire che vi si trovi.

Arte vecchia della frode è dire altrui: – Tu pensi ed insegni e predichi la tale enormità; – e chiuder l'orecchio alle proteste contrarie; chiuder gli occhi alle prove, ai fatti che dimostran falsa l'accusa, onde aver diritto di sevire, odiare, perseguitare; e poter mostrar di farlo per zelo del vero e del giusto, per tante e virtuose cagioni.

In ogni età fu usata quest'arme contro coloro che si volean conculcare.

Fu usata contro i primi Cristiani, ed ognun sa come le loro Agape fosser tenute tenebrose assemblee ove si commettessero oscene ed atroci enormità, si scannassero fanciulli, si violasse ogni legge d'umanità e di natura. In tempi meno remoti, non la pratica soltanto d'alcuni Cattolici, ma l'insegnamento della Chiesa Cattolica, fu accusato d'idolatria, e non valse mostrare scritto, predicare, dichiarare il contrario. L'accusa fu mantenuta, pretesa vera, innegabile dai più.

Il modo, invece, equo e razionale nel giudicar la fede, le opinioni, la morale d'un individuo o d'una società, è lo stare alle sue dichiarazioni, alla professione ch'esso od essa ne presenta e riconosce per sua. Se poi non vi corrisponde la pratica, questa s'accusi, si giudichi, si condanni; e si condannino gli uomini che la seguono, falsando le opinioni da essi dichiarate utili e vere: ma non si condanni, nè si tenga iniquo corruttore il precetto, mentre esso invece insegnerebbe il contrario.

Le accuse di atti crudeli, d'uccisioni di bambini, di stregonerie, mosse in tempi più rozzi contro gl'Israeliti, sono omai fole che non posson metter radice nella civiltà e nella coltura presente; e il doloroso fatto di Damasco nel 1840, del quale fu scoperta la verità ed ottenuta giustizia da Sir Moisè Montefiore e dal giurisperito Cremieux, mostra appunto che soltanto in una società rozza ed ignorante possono trovar fede somiglianti stravaganze.

Ma un'altra taccia, più conforme al costume ed all'uso del tempo, e perciò più credibile, s'appone agli Israeliti: quella d'una mala fede non solo sistematicamente praticata nelle loro contrattazioni co' Cristiani, ma permessa dalle loro leggi, e dalla loro morale.

Se la mala fede ne' traffici, se l'usure imbrattino più gli Israeliti o più i Cristiani nel consorzio civile della società moderna, è questione che non intendo sciogliere, e non importa al mio assunto. Ma la suppongo per un momento decisa in favor nostro: ammetto che l'usura, la frode nel traffico sia special pecca degli Israeliti. Ma viva Dio, essi non possono possedere, nè farsi perciò agricoltori; non possono studiare, esser avvocati, notai, medici, chirurgi; non possono occupare impieghi pubblici; respinti dalla Società, non ne ottengono amministrazioni private, non possono esercitar arti o mestieri se non pochissimi, ed incontrano anche in questi ogni difficoltà per farvisi esperti: tutte le vie son chiuse per loro, tutti i modi negati onde campare onestamente la vita; ed a queste legali esclusive s'aggiunge, o almeno s'è aggiunta sin qui, l'altra più tremenda, dell'anatema del disprezzo, più o meno aperto ed esplicito, de' loro concittadini; contro il quale non è natura d'uomo o di popolo tanto ferrea, tanto intera ed ardita, che non ne fosse fiaccata, resa inerte, incapace d'ogni qual cosa richieda virtù, prontezza ed energia. E dopo che, per colpa nostra, sono gli Israeliti ridotti a queste tristi ed abbiette condizioni; dopo che, per non morir letteralmente di fame, una sola via vien loro lasciata, quella del commercio e del giro del denaro; ci vorremmo stupire che non fossero intemerati e scrupolosi fautori della più rigida onestà, che non avessero gelosa cura di non ledere i nostri interessi ne' contratti stretti coi loro persecutori?

Ma la verità del fatto che nelle contrattazioni sieno più sleali gli Israeliti dei Cristiani, è per lo meno molto dubbio. È certo ad ogni modo, ch'essi sono meno onesti ne' paesi ove essendo più tormentati, caddero necessariamente in una maggior degradazione morale: ne' luoghi invece ove ebbero più miti gli uomini e le leggi, d'altrettanto divennero migliori e più morali, trovandosi liberati dall'ingiustizia e dallo sprezzo, che corrompe ed invilisce; e sorretti invece dall'equità e dalla benevolenza, che guida alla virtù, rende l'uomo confidente e giusto estimatore di se stesso, e perciò capace di nobile ed onesto operare.2

Alla fine poi, qualunque fossero i loro modi coi non Israeliti, non se ne può incolpare le loro leggi e la loro morale.

Esaminando ambedue dai primi tempi fino ad oggi, io non trovo se non precetti che tendono alla carità ed all'amore del prossimo, senza distinzione di culto o di fede.

Eviterei al lettore il fastidio delle citazioni se non fosse egualmente giusto ed importante il chiarire la verità, e purgarla da pregiudizj tanto radicati.

Comincio dalla legge di Mosè, e scelgo pochi esempi tra moltissimi.

La Legge di Mosè condanna a morte il padrone che percuote lo schiavo anche Cananeo, sino ad ucciderlo (Esodo XXI, 20).

Comanda di non abborrire gli Egizii, in grazia dell'ospitalità da essi accordata un tempo agli Ebrei (Deut. XXIII, 8).

Esprime una distinzione tra l'Israelita ed il non Israelita (Nocri, la quale voce significa uomini di nazione straniera, e non d'altra religione, che convivessero cogli Israeliti), non trattandosi di leggi d'onestà universale, ma solo trattandosi di speciali disposizioni di fraternità e benevolenza; verbigrazia:.

1° Di non domandar censo per denari prestati (Deut. XIII, 20, 21).

2° Di non esigere crediti anco recenti spirato l'anno sabatico (Deut. XV, 1. 3.); ec. ec.

Nella Storia Sacra, Giacobbe maledice l'ira di Simeone e Levi, e l'eccidio de' Sichemiti, il cui principe avea pure sforzata la loro sorella.

Giosuè rispetta il giuramento fatto ai Gabaoniti, benchè dannati da Dio all'esterminio, e sebbene il giuramento fosse stato dolosamente carpito.

I Talmudisti danno il precetto ama il prossimo tuo come te stesso, quale epilogo di tutta la legge; e la voce ebraica Neang (prossimo) esprime ogni uomo, e non il solo Israelita, poichè trovasi ancora usata per esprimere Egiziano. Vietano di fare altrui illusione, anco al non Israelita. Vœtitum fallere homines etiam gentiles.3 Verbigrazia, di presentarlo di cosa alcuna facendogliela credere di maggior valuta che non è in effetto (Talm. Bab. Chollin, fol. 94.)

Condannano alla restituzione chi ruba il Goi (infedele); e tengono anzi maggior colpa derubarlo, che non l'Israelita, poichè ne rimane profanato il nome di Dio (Josaftà, Kamà, cap. 10.)

Maimonide, uno dei più autorevoli Talmudisti, vivente in Spagna nel secolo XV, dice espressamente: «Chi trafficando coll'Israelita, come coll'Idolatra, usasse falso peso o falsa misura, contravviene ad un divino precetto, ed è tenuto alla restituzione etc… Calcolerai col tuo compratore. – Il qual testo tratta di un non Israelita tuo suddito…: quanto più dovrai osservare tal legge con chi non è a te soggetto? D'altronde la Scrittura dice: È in abbominazione all'Eterno chi tali cose commette… ognuno che commette ingiustizia. Proposizione assoluta e senza alcuna condizione.» (Trattato Ghenevà, cap. 7.)

Affermano che quando il Salmista (Sal. XV. 5) encomia chi presta il denaro senza interesse, intende quando si faccia anche col Goi (Talmud bab. Maccoth. fog. 24.)

Potrei aggiungere molti altri testi dello stesso tenore, ma lo stimo superfluo.

In opposizione a queste massime tendenti a stringer vieppiù fra gli uomini i vincoli sociali, ve ne sono, è vero, ne' codici Talmudici e nei libri Rabbinici alcune invece che spirano odio ed intolleranza: ma è da considerarsi essere i due codici Talmudici, tanto il Gerosolimitano che il Babilonese, stati compilati mentre ancora vigeva il Paganesimo, il quale si rendeva doppiamente odioso agli Israeliti col peccato d'idolatria, il più abborrito da essi, e colla crudeltà della persecuzione. I libri degli antichi Rabbini furono anch'essi scritti sotto l'impressione dell'odio e dello spavento che dovevan destare le orribili sevizie del medio evo: ma nessuna di queste autorità è accettata o riconosciuta dai Rabbini, o dagli Israeliti presenti;4 e tenerli capaci di porre in pratica massime unicamente derivate da passioni e da circostanze straordinarie, sarebbe lo stesso che creder capaci i Cristiani del secolo XIX di riaccendere i roghi dell'Inquisizione.

2.Durante il tumulto avvenuto in Firenze all'occasione de' birri, sul finir d'ottobre, il cav. Basevi, israelita, capitano della Civica, si trovò avere il comando d'un posto, ebbe a dar ordini, prender disposizioni, e si portò, a detta di tutti, con prudenza e vigore. Egli, parlandomi di questo fatto, mi diceva: Se io ho potuto far nulla di buono, è stato perchè mi vedevo secondato, non incontravo visi e sguardi di disprezzo, non mi sentivo sulla spalle l'anatema dell'Ebreo! – Qual dolorosa verità, e qual giusto ed amaro rimprovero sta scolpito in queste parole!
3.L'autore del Chassidim, vivente circa il 1200 in Francia, dichiara peccatore chi, nel salutare il non Israelita, gli dice sottovoce villania, che l'altro suppone parole amorevoli.
4.Ciò appare dagli atti dell'assemblea degli Israeliti di Francia, e del regno d'Italia, convocata in Parigi da Napoleone con decreto del 30 maggio 1806.
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12+
Дата выхода на Литрес:
30 июня 2017
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60 стр. 1 иллюстрация
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