Читайте только на ЛитРес

Книгу нельзя скачать файлом, но можно читать в нашем приложении или онлайн на сайте.

Читать книгу: «Top», страница 12

Шрифт:

CHE COSA E' IL MONDO?

È enorme il mistero dell'Infinito, ma è enorme anche il naso del signor Petronio. Dicono che in origine non era così, che lo trasformò una malattia; e certo chi lo veda, quel naso, la prima volta, pensa subito a una di quelle conflagrazioni di sostanze misteriose e recondite, a una di quelle eruzioni vulcaniche o a uno di quei terremoti per cui una bella montagna andò sottosopra e rimase tutt'un disordine di lavine e rocce, anfratti e magagne, precipizi e rupi; non senza le tracce che in tali rovesci lascian gli uragani e vi rinnovan le tempeste. (Fuori di similitudine, l'uragano o la tempesta potrebbe essere il vin buono!).

Ma errerebbe chi non avendo mai visto il signor Petronio lo immaginasse, dalla descrizione del suo naso, un brutto vecchio. Tutt'altro! è simpatico. La persona alta e ben proporzionata serba ancora, oltre ai settant'anni, vigoria e salute; la perfetta canizie dei capelli, delle ciglia e dei baffi mitiga il rosso della carnagione e la vastità delle orecchie; e soprattutto piacciono la pacatezza del suo parlare, indizio di animo onesto e il sorriso dei suoi piccoli occhi, indizio di sicura fede. Qual fede? In sè stesso: la fede più consolante e più invidiabile. Mentre sul mercato il signor Petronio passa per sensale in granaglie, nella vita intima e tra gli amici discorre da filosofo che sa di non errare, sapiente. E sì che egli non sa nè leggere nè scrivere! Pare un miracolo; eppure durante mezzo secolo ha potuto commerciare in granoturco, riso e fagiuoli, restando galantuomo, sebbene analfabeta, e avanzandosi dei soldi. Quanto alla filosofia, il suo difetto d'istruzione o non è difetto o è lacuna che si ripara con altro mezzo. Perchè si noti anche questo: chi legge ubbidisce più o meno a chi ha scritto; chi va a scuola ubbidisce al professore. E credete voi che tutti quelli che tengon la penna in mano abbiano giudizio? Eh!, buon senso ci vuole! Il buon senso è il rimedio del signor Petronio, è la forza della filosofia; e se qualche filosofo non lo crede, poco importa: lo crede lui, e basta; appunto perchè lui non sa nè leggere nè scrivere e la pensa a modo suo.

Naturalmente a chi scorge chiara, chiarissima ogni cosa nel mondo e ogni faccenda dell'universo, talvolta rincresce gli manchi il più acconcio mezzo di persuader gli altri, che san leggere: il signor Petronio ha chi lo ascolta e l'approva ma, purtroppo, solo al caffè, non in Parlamento, non in Senato, non al Ministero, non alle corti di Europa, non agli imperi d'Oriente e alle repubbliche d'America, non a casa del diavolo laggiù, al Transvaal o in China.

E ripete con desolata invidia:

– Che fortuna saper di lettere! – Si consola però subito. – Io non ne so e ci rimedio: col buon senso.

Così, quando al caffè ode leggere dagli amici il giornale e ode i commenti alle notizie politiche e alle miserie pubbliche, si riconforta, si libera a giusto interprete di quel foglio stampato con inesplicabili caratteri, e la sua stessa deficienza gli sembra una conseguenza logica della sua filosofia e della legge che la sostiene: egli, cioè, non comprende un'acca del giornale e comprende tutto l'universo, al contrario di chi guarda al sole e non vede più nulla. O come a dire: i giornalisti, i letterati, gli scienziati scrivono quel che sanno e (salvo il rispetto) non sanno quel che scrivono; e i governanti pretendono di condurre per la strada diritta e non s'accorgono che girano in tondo! In tondo girano; in tondo giriamo: è la legge!

Infatti: oggi corre innanzi un uomo o un popolo, e domani un altro; finchè il primo torna a precedere. Oggi a me, domani a te. – Il figlio del dottore farà lo spazzacamino, e il figlio dello spazzacamino sarà dottore. – Sempre non è seren, sempre non piove. – L'uomo crea e l'uomo distrugge. – Progresso, eppoi regresso. – Tutto è equilibrio; tutto è armonia; tutto su e giù. – E la conclusione sta nell'unico principio in cui riposa il sistema del signor Petronio:

– Il mondo è una ruota che prilla! – Ecco tutto!

Direte che non è una concezione nuova. Grazie tante!; essa raccoglie le dottrine di Pitagora, quel delle sfere in musica, e di Galileo, quel del pendolo; le dottrine di Newton, quello a cui cadde la mela sul naso, e di Darwin, quello dell'evoluzione e delle azioni e reazioni per cui da una scimmia balzò fuori l'umanità. Ma prima di tutto, se non è originale il sistema, è originale il signor Petronio, che nessuno potrà mai incolpare d'aver copiati quei gran filosofi. In secondo luogo, quanti secoli saranno che morì Pitagora? Mettiamo venti, trenta secoli. Ebbene, se dopo trenta secoli, al giorno d'oggi, il signor Petronio la pensa press'a poco come il gran Pitagora, ecco la più bella prova che il mondo è proprio una ruota che gira. In terzo luogo, sia di Tizio, sia di Sempronio o del signor Petronio, questo sistema è il più semplice, il più intelligibile, il più spiccio per risolvere tutti i problemi fisici, morali, economici, sociali, politici. Il cielo è tondo, il sole è tondo, la luna è tonda; dunque la terra deve esser tonda. È la legge! Le stagioni da un pezzo in qua non combinan fra loro? Dunque presto torneremo a godere della primavera e dell'autunno. È la legge! Quest'anno son care le patate: quest'altr'anno saran cari i fagiuoli. È la legge.

Concepito il mondo così, ogni cosa procede liscia. Nemmeno il progresso e le scoperte della scienza turbano la fantasia, e un vecchio settantenne può sinceramente lodare il presente in confronto del suo passato. Automobili, tram, biciclette trascorrono davanti agli occhi del signor Petronio lasciandolo pago, quasi ci avesse avuto la sua parte a inventarli. Pacifico, egli ragiona: – si è sempre detto che in China la macchina a vapore esisteva mille anni prima che da noi; e chi vi dice che non ci esistessero anche i tramvai o gli aeroplani? E viaggeremo tutti per aria e gli aeroplani saran così fitti che succederanno scontri e disgrazie, e si buscheranno malattie come a viaggiare in terra, tali e quali. Ma, pur troppo, torneranno i giorni della barbarie, e i nipoti dei miei nipoti, poverini, patiranno come me quand'ero ragazzo, che pigliavo scapaccioni per paga se aiutavo qualche soldato «dal becco di legno» a levar la ruggine dal fucile. È questione di buon senso: è la legge. —

Infine, quando tutti concepissero il mondo così, ci sarebbero meno birbanti, ricchi e poveri, e meno scioperi: per l'armonia politica non si avrebbero tanti senatori o deputati sempre pronti con i loro tromboni o i loro argomenti e le loro grida a fracassarsi la testa da cari colleghi; e per l'armonia famigliare non si contenterebbero tante stonature e tanti corni e scorni e suicidi in due. Ad esempio, voi, con una donna quale la moglie del signor Petronio, vi sareste affogato nel fiume per liberarvene! Tutto il santo giorno: – Petronio, ho male qui; Petronio ho male qua – ; quasi un filosofo avesse obbligo di esser medico e quasi i medici possedessero l'arte di guarire un male qui e un male qua! Lui invece esorta la sua signora a rassegnarsi, a gettar nel pozzo quella morfina maledetta che le fa far tante smorfie, contorsioni e sussulti, a bere vin buono e a sorbir aria fresca, insieme con suo marito che d'inverno spalanca finestra e bocca appena giorno perchè il freddo gli ammazzi tutti i microbi nella camera, nello stomaco, e magari sul naso. Ma son vani consigli; nè giova ripetere, per consolarla:

– È una ruota, Càrola; una ruota che gira. Una volta tutte le donne avevano il convulso: adesso han l'isterismo… (La signora Càrola è sui settanta anche lei)… Una volta non c'era altro rimedio che l'Aceto dei sette ladri; adesso, la morfina. Ma non dubitate che si tornerà all'aceto e al convulso: soltanto, ladrerie e donne saran sempre quelle!

***

A proposito della signora Càrola la biografia del signor Petronio contiene un aneddoto che rivela l'uomo e nell'uomo rivela insieme il buon marito e il pensatore profondo. Ma bisogna, per questo, risalire a diciassette o diciott'anni or sono, quando il mondo pareva aggravato dalla guerra giapponese cinese. I medici – i quali san leggere ma non capiscon nulla – consigliavano l'inferma signora Càrola a distrarsi; e un giorno che il marito doveva andare a Bazzano per contrattare, là presso, una partita di granturco, dàlli dàlli, riuscì a caricare la moglie in treno e a distrarla dal finestrino con lo spettacolo della campagna ancora estiva e dei casolari e dei villaggi pieni di gente allegra. Arrivati che furono, entrarono in paese. Lei si abbandonò su di una seggiola del caffè, e fra un sorso e l'altro di vermouth cominciò a sbigottir la caffettiera con le smorfie, le scosse e la storia dei suoi malanni. Egli intanto prese la via del monte; giunse in mezz'ora alla cascina, e in quattro e quattro otto s'accordò col venditore. Una bottiglia di lambrusco aiuta ad appianar gli affari non meno che un giro di ruota a comprender l'universo.

Di ritorno, il signor Petronio non pensava più affatto al frumentone; e il suo sguardo navigava inconscio nella gran luce del pomeriggio, che avvolgeva la terra e infondeva sin nelle pietre un calore di vita gioiosa e feconda. Sebbene non ci fosse ombra di bosco e la strada polverosa, ardente e deserta difilasse aliena da frescura di fonte o da soavità di rivo, un poeta avrebbe scorte chi sa quante amadriadri e ninfe a tentarlo procaci e scappargli via proterve. Il signor Petronio se ne veniva lemme lemme, catelon catelone, non badando neppure ai piccoli ciottoli in mezzo al suo cammino. Sorrideva a sè medesimo, intanto che a ogni curva o svolta l'ombrello perdeva la direzione del sole e, inutilmente aperto, lasciava riscaldare nel cranio sottoposto il buon senso della filosofia.

Quand'ecco, alle prime case di Bazzano, sbucare l'amico Mascarella, sensale anche lui, ma di bestie bovine.

– Oh! quel Petronio!

– Oh Mascarella!, amato mio bene!

– Venite a Bologna?

– Pronti!

E s'accompagnarono.

– Come van gli affari? – domandò il signor Petronio, giocondo e rosso più del solito.

– Male! siam giù!

– E la guerra?

– Che guerra?

– Là, in China! Non sapete?

Mascarella, infatti, sapeva leggere.

– A me – rispose – a me la guerra in quel paese non mi fa nè caldo nè freddo. In America la vorrei…

– Non vi fa concorrenza, a voialtri, la China?

In quel punto un paesano chiamò, per due parole, Mascarella. Quando venne, rispose:

– Che concorrenza volete ci facciano i Chinesi? A quel che si legge, mangiano i cani, e gli uomini, da loro, servon da tiro. Vi mettereste a sensale, voi, da cani e da cristiani?

– Maomettani, direte: son d'un'altra fede.

– Sian di Maometto o sian del diavolo, son razza di cani. Dunque… che gusto matto grapparli per il codino e dondolarli come zucche!

Il signor Petronio disapprovava, evidentemente. Ma in quel punto l'amico entrò dal tabaccaio e vi si trattenne un po' a discorrere. Riprendendo il cammino, riprese il signor Petronio:

– Vorreste ammazzarli tutti quanti?

– Chi?

– I Chinesi.

– Tutti! Far del largo, anche per voi! Se laggiù non ci nascesse più frumento, riso o fagioli, voi diventereste milionario!

– E qui, dopo? A mandar la roba là, ci mancherebbe a noi. Bell'interesse! Non capite che è una ruota? Abbondanza là, carestia qui: abbondanza qui, carestia là. Invece di far la guerra, per questo, sarebbe meglio venir a patti; contrattare. – Quanto domandate, voi Chinesi, per lasciarci coltivare il riso anche a noi, Italiani, Inglesi o Russi? – Tanto! – Vi diam tanto; e parola da galantuomini. Una stretta di mano, senza protocolli; e amen!

– Ma la guerra non si fa per questo, per guadagnare.

– Perchè allora?

– Per la civiltà.

Il signor Petronio non attendeva altra risposta. Cominciò tranquillamente l'esposizione del suo sistema, la spiegazione della legge civile, umana, mondiale, divina. Ad ascoltarlo, strada facendo, si aggiunse un bazzanese, che andava egli pure alla stazione, per venire a Bologna, e poichè il filosofo s'arrestava di frequente chiedendo: – È chiaro? – Capite? – La vedete come me, voi due? – , fu necessario, a non perdere il treno, prendere una scorciatoia.

Arrivarono in tempo alla stazione. Ma dove intendeva giungere il signor Petronio con la sua ruota che gira? Nient'altro che alla pace universale! Il sensale Mascarella e il Bazzanese, che sapevan leggere, interrompevano, però; interloquivano a lungo, con le loro ragioni e bestialità. Sicchè dopo un'ora e mezza di viaggio, arrivando a Bologna, il filosofo non era riuscito a persuaderli di altro che della pace in China e solo per evitare, nell'avvenire, un'invasione di Chinesi in Europa, in Italia, a Bologna, a Bazzano, in mercato, forse, a rubar bovini maschi e femmine.

Ed ecco che, appena fermo il treno, si ode gridare da ogni parte:

– La pace! la pace! Ultimi telegrammi! Notizie della pace! Telegrammi dalla China!

Subito il signor Petronio comperò due o tre giornali; felice come se avesse imparato a leggere in quel punto. Poi discese, e disceso che fu, si volse a guardar nel sedile del vagone e su, alla reticella. Nonostante il gaudio, gli pareva d'essersi dimenticato qualche cosa. Ma l'ombrellino l'aveva: sotto il braccio. E la pace era fatta! Fuori della tettoia, Mascarella, che era già convinto nella chiaroveggenza del filosofo, domandò:

– Venite a desinar con me, Petronio? Leggeremo i fogli.

Allora il filosofo ebbe una luce attraverso il cervello.

– E la mia donna? – esclamò.

… Povera Càrola, che l'aspettava ancora nel caffè a Bazzano, con tutti i mali addosso e senza morfina in tasca!

***

Eppure questo buon Petronio, forse per il naso più che per il resto, dispiacque un giorno a uno sconosciuto che capitò al caffè e che l'ascoltò un pezzo in silenzio, eppoi l'investì arrabbiato come una bestia. Inutile dire che era un altro filosofo. Disse, gridò:

– Ah lei vede tutto chiaro, tutto semplice, tutto spiccio? E lei mi risponda, con la sua ruota: perchè si nasce, perchè si muore? Mistero! Di dove veniamo, dove andiamo? Mistero! Perchè non c'è male senza bene e bene senza male? Mistero! Perchè la coscienza ci dirige e dove ci dirige? Mistero! Se la morte è un male perchè ci è data e se la vita è un bene perchè ci è tolta? Mistero! Perchè l'uomo fu sempre infelice, insaziabile del vero, instancabile a progredire e a che fine? Mistero!

Il signor Petronio sorrideva zitto e quieto quasi pensasse: Qual'è il sistema filosofico che non incontra e trascura le piccole difficoltà?

Ma l'altro filosofo proseguì sempre più torvo e più violento:

– Bando alla sua ruota! e risponda! Perchè tutta la materia è in moto? Mistero! Perchè il feto sviluppandosi nell'alvo passa per tutti i gradi e tutte le forme dell'evoluzione animale? Mistero! Che cosa è l'etere? la luce? Perchè la telepatia? Quale l'essenza della vita? Che cosa è il sonno? la morte? l'enorme mister dell'infinito? In una parola, che cosa è il mondo?

Il signor Petronio aveva ascoltato tutt'orecchi (che orecchie!) e sorridendo; e alla fine della sparata non si scompose. Si grattò a pena a pena il naso, s'alzò pacifico più che mai e con la gran semplicità del suo buon senso, del suo cuore e della sua eloquenza, rinunziando una volta tanto alla sua ruota, rispose:

– Ce la spiego io, in due parole, la questione. Dalla vita alla morte, e anche dopo la morte, il mondo è tutto un imbroglio!

NELL'ANNO XX DELLA RE-SO-EU

Quando, nel quattordicesimo anno della Re-So-Eu (Repubblica Sociale Europea; 2010 d. C.) i radiotelegrammi, gli eliogrammi e ogni sorta di elettrogrammi annunciarono l'invenzione del dottor Pantìfilo, la meraviglia non fu quale si crederebbe. Da un pezzo si conosceva la «emostatina», con cui quasi istantaneamente si arrestava ogni più violenta e copiosa emorragia; da forse un decennio era in uso la «sutura spontanea», per cui in breve si cicatrizzavano le più profonde ferite, si riconnettevano i nervi, le vene, le arterie, i tessuti; e fin dal secolo ventesimo era stata intravveduta l'efficacia dei raggi «ultra-rossi» a mantenere la vitalità nervea. E che faceva il dottor Pantìfilo?

Mozzava la testa ai conigli o alle cavie; ne impediva con l'«emostatina» l'effusione e la dispersione del sangue; salava di radio, per così dire, le parti recise; operando sempre alla luce ultra-rossa riattacava le teste mercè la «sutura spontanea»; e dopo poche ore le cavie e i conigli decapitati e rincapitati sgambettavano allegri al pari di prima. Il merito della risurrezione era dunque particolarmente dei sali di radio, e, tutt'al più, del modo con il quale il dottor Pantìfilo se ne valeva.

Nè la nuova invenzione poteva ritenersi di qualche utilità pratica. Dopo le stragi che avevano condotta l'Europa evoluta alla fratellanza universale, le ghigliottine «perfezionate e multiple» erano state rinchiuse nei magazzini della gran Repubblica, a Lublino. Non poteva più accadere che teste di innocenti di dentro ai panieri sembrassero accusar d'ingiustizia il fratello boia; e non c'era da sperare che in via privata qualche capo di uomo o di donna fosse tolto dal busto con la precisione netta e meccanica che si richiedeva alle esperienze del dottor Pantìfilo.

Ma ecco che nell'anno XX della Re-So-Eu (Repubblica Sociale Europea) i radiotelegrammi, gli eliogrammi e ogni sorta di elettrogrammi da Lublino (nel centro, o quasi dell'Europa) trasmisero al mondo intero una ben più strepitosa notizia; annunciarono il fatto orrendo per il quale il dottor Pantìfilo doveva esser presto consolato oltre le sue speranze.

Là, a Lublino, capitale della Gran Repubblica, si era scoperta una cospirazione contro il Fraternale Governo; il direttorio, cioè che gl'innumerevoli soviety europei, mediante le dodici confederazioni elettríci, ogni anno componevano coi più insigni rappresentanti del socialismo internazionale.

Sì, da appena vent'anni la Gran Repubblica era stata costituita su l'eguaglianza economica, che da secoli si credeva la base più salda alla umana e civile beatitudine, e già l'ancor recente costituzione pareva difettosa, vessatoria, tirannica, iniqua. A quanti? Eh! se molti erano gli uomini malcontenti, dagli Urali al Tago, dal Capo Nord a Candia, le donne malcontente erano moltissime. Chi l'avrebbe mai detto? Ottenuta la parità agli uomini in ogni esercizio manuale e intellettuale, in ogni materiale e moral benefizio, le donne per ogni dove eran state prese dalla smania di superare gli uomini in tutto; da ogni parte e da un pezzo tendevano a sovvertire l'ordine della società distendendo e annodando le fila di una trama manifesta, e adescavano i maschi in qualunque modo potessero a renderseli partigiani e seguaci.

Il Fraternale Governo, di sua natura fiducioso, benigno, quasi ingenuo, aveva lasciato correre – come al principio del secolo ventesimo, là verso il 1921, i governi della borghesia lasciavan correre il femminismo rivoluzionario – . C'era ben altro da pensare! Ma la trama ebbe termine e potere esecutivo proprio in Lublino; si scoperse, a Lublino, ch'era affidata… – incredibile! orribile! – ai cinque personaggi forse più famosi nella Gran Repubblica: cinque glorie del pensiero e dell'opera, emergenti dalla universale società in modo che il solo soprannome scientifico bastava a distinguerle e celebrarle nel mondo intero: Serenidad, Marjana, Rankness, Uebersinnlich, Prôneur.

Queste e questi erano i congiurati a far saltare in aria il palazzo del Direttorio e il Direttorio che v'abitava, come nell'età delle bombe anarchiche: Serenidad, l'astronoma nata in Ispagna: l'austera, severa, intemerata donna che quantunque fosse già vecchia proseguiva i suoi portentosi studi su la geografia e l'etnografia planetarie; Marjana, la scienziata fisico-chimica nata in Russia: la forte, giovine viragine che quantunque fosse di tendenze un po' mistiche compieva stupefacenti e positive esperienze su le monadi e gli elettroni; Uebersinnlich, il filosofo nato in Germania, il quale sebbene fosse un po' troppo grasso era forse il pensatore che più aveva avvicinato l'Assoluto; Rankness, lo sportsman inglese, il restauratore della bellezza corporea dopo che gli sport pazzeschi dei secoli decimonono e ventesimo avevano deformato il tipo umano; e Prôneur, il francese poeta, per il quale tutto era detto quando si diceva che era Prôneur il poeta.

Ebbene, costoro si eran messo in mente che un ritorno alla monarchia feliciterebbe l'Europa; una monarchia, però, di genere femminile e femminista. E da quei pensatori che erano ragionavano così:

Diceva Serenidad, l'astronoma: – Le colossali, singolari, uniche opere che si osservano in Marte non possono essere effetto che di una volontà, di una sovranità individuale, non collettiva. Un governo di molti non avrebbe avuta la concordia necessaria a ordinarle e a compierle. Ma se l'individuo che in Marte comanda a moltitudini di uomini, fosse un uomo, la civiltà di Marte sarebbe press'a poco quella di su la terra al tempo dei Faraoni. Invece la civiltà in Marte, per consenso di tutti gli astronomi, è più progredita che su la terra; dunque in Marte domina la donna. Facciamo su la terra come in Marte!».

Alla conclusione stessa arrivava per la sua via Marjana, la fisico-chimica, sostenendo che a viver bene l'uomo deve seguire le predisposizioni della Natura o, meglio, dell'Ente soprannaturale alla cui legge la Natura ubbidisce: in natura (è fenomeno accertato da secoli) le monadi prevalgono agli elettroni.

Da che non differiva molto il ragionamento dello sportsman Rankness. Gridava: – L'agilità delle membra, la robustezza dei muscoli, la consistenza della fibra hanno il fine di migliorare l'umana razza; mezzo necessario a tal fine è piacere alle donne. Ma non si fa piacere o servigio ad alcuno senza riconoscerne la superiorità.

E Uebersinnlich, il filosofo: «Da secoli è accertato che la donna nella somma delle energie psichiche supera l'uomo. Finchè la donna rimase inferiore all'uomo nelle energie fisiche e intellettuali, un equilibrio tra i sessi fu possibile; pareggiata la donna all'uomo nella forza e nella cultura della mente, essa è diventata superiore all'uomo nel resto e, per legge di evoluzione e di perfettibilità, la donna ha dunque da predominare.

Quanto al poeta Prôneur, egli cantava la perfezione sociale dell'alveare: una regina; le api operaie; i fuchi riproduttori. Da milioni d'anni – diceva – i fuchi son paghi d'esser fuchi. Oh che virile gioia sarebbe per gli uomini non essere altro che fuchi! Lode ai fuchi! Gloria alle operaie! E viva la regina!

Or il Fraternale Governo non si era perduto a confutar cotesti ragionamenti: ma quando ebbe in mano il tubetto che una donna operaia deponeva nella sala del consiglio e che acceso sarebbe bastato a sconquassar tutta Lublino, quando la donna interrogata rivelò sorridendo, con incoscienza che un tempo sarebbe parsa eroismo, chi le aveva dato il micidiale incarico, esso – il Direttorio – non indugiò a prendere una severa deliberazione, per amore, s'intende, della Gran Repubblica.

La proposta di rinchiudere i rei nella casa di salute psichica, quali delinquenti soliti, non passò; l'attentato alla salute della Gran Repubblica non era da compatire o da compiangere come un qualsiasi assassinio commesso per forza morbosa. Ci voleva un esempio di castigo spaventevole.

E con undici voti su dodici i congiurati furono condannati a morte.

A morte?

Ma la pena di morte non era stata abolita dalla Costituzione sociale? Maledetta la logica!; non si poteva violare la Costituzione per punire chi violava la Costituzione!

Fu allora che uno dei membri governativi pensò al trovato più paradossale che mai fosse stato fatto: al trovato del dottor Pantìfilo.

– Bella idea mi viene! – esclamò quel tal membro. – Condanniamo a morte i rei per convincere che la Gran Repubblica non scherza, e zitti e queti facciamoli risorgere per dimostrare, dopo, che nessun governo sarà mai più generoso della Re-So-Eu.

E fu così che il dottor Pantìfilo ebbe finalmente cinque teste umane a sua disposizione. Egli – chiamato d'urgenza – garantì che l'operazione riuscirebbe senza fallo purchè la ghigliottina «perfezionata e multipla» fosse eretta nella piazza della sua clinica, vicino vicino ai laboratori: quivi si appronterebbero cinque gabinetti illuminati a luce ultra-rossa; quivi si trasporterebbero subito subito i cinque corpi decapitati e rinchiusi al momento dell'esecuzione in casse radioattive, e le cinque teste mozzate e rinchiuse al momento dell'esecuzione in altre cinque casse radioattive: poi, presto, si procederebbe agli adattamenti capitali e alla rivivificazione dei corpi.

Benissimo! Tutti frattanto giurarono di mantener il segreto intorno ai propositi governativi; e i radiotelegrammi, gli eliogrammi e ogni sorta di elettrogrammi annunziarono soltanto che i cinque rei riconosciuti ordinatori della cospirazione rivoluzionaria erano da considerarsi come messi fuori della Costituzione.

***

Ma la notizia data in tal forma dispiacque, dagli Urali al Tago, dal Capo Nord a Candia. Che intendeva significare il Direttorio con la frase che «i rei eran da considerarsi come messi fuori della Costituzione»? Fuori a parole o di fatto? Privati dei diritti civili e repubblicani, soltanto? O mandati in case di salute? o piuttosto e meglio in una vecchia carcere, in un antico ergastolo?

Guai ai governi i quali non hanno idee chiare e edificanti!

Se non che i cittadini di Lublino a vedere il giorno dopo, nella piazza della Clinica, la ghigliottina «perfezionata e multipla», compresero come il Fraternale Governo aveva, al contrario, idee molto chiare e molto edificanti, e non dubitarono più per la sorte della Re-So-Eu.

Pochi protestarono che con la pena di morte si violava la costituzione sociale; pochi mormoravano: infamia! I più avevan voglia di veder in azione la ghigliottina «perfezionata e multipla».

E una gran folla si accalcò intorno al patibolo. Nel cielo, sopra, i velivoli volteggiavano adagio adagio per goder con libero respiro lo spettacolo da troppo tempo non dato.

La funzione, del resto, non durò che pochi minuti.

Così: i rei, in fila, ascesero il palco infame e con a lato i cinque incaricati di deporne i corpi tronchi nelle casse radioattive, si disposero ciascuno alla sua lunetta: dinanzi a loro, altri cinque assistenti aspettavano l'attimo per mostrare le teste al popolo, deporle subito nelle altre singole casse e distribuirle nei gabinetti del laboratorio.

Al segno del fratello boia i giustiziandi s'inginocchiarono. Essi gridarono: «Viva la monarchia fem…!».

E, rotta a mezzo nelle cinque bocche l'ultima parola, le esecuzioni furono fatte, cinque in una volta, senza scuotere l'animato, alto silenzio dell'attesa. Impossibile far meglio e più presto! Quel che segui, s'immagina, poichè tutto procedette secondo le prescrizioni del dottor Pantìfilo.

Tutto?

Quasi tutto.

I rei erano stati disposti sul palco in questo ordine, e in questo ordine prendendoli – da sinistra a destra – i loro corpi tronchi furono distribuiti nei gabinetti della Clinica: l'astronoma, lo sportsman, il poeta, il filosofo, la fisico-chimica.

Invece, per una lieve svista, le teste furono portate ai gabinetti nello stesso identico ordine, ma prendendole da destra a sinistra: la fisico-chimica; il filosofo; il poeta; lo sportsman; l'astronoma.

Che accadde? Pur questo è facile immaginare. E per l'ansietà della faccenda e per la densità della luce rossa, la quale confondeva aspetti e fisionomie, gli assistenti del dottor Pantìfilo s'accorsero dell'equivoco solo quando spensero la luce rossa e accesero le lampade azzurre per immergere gli operati in un sonnellino ristoratore. Spaventati, allora corsero dal maestro, con le mani nei capelli, esclamando:

– Abbiamo scambiate le teste!

Il maestro palpitò, tremò, guardò il corpo che aveva reintegrato lui stesso e sorrise. Si era riserbata per sè la testa più difficile da mettere a posto: quella del poeta, e vide che errore non c'era. Lì per lì non ebbe agio a riflettere che nell'ordine dell'esecuzione il poeta, sia contando da destra sia contando da sinistra, aveva occupato sempre il terzo luogo; per il poeta pareva non essere avvenuto scambio.

Ma il dottor Pantìfilo non sorrise dopo, nello scorgere che davvero al vecchio corpo dell'astronoma Serenidad era toccato la bella testa di Marjana, la fisico-chimica, e che il giovane corpo di Marjana ora aveva in cima la vecchia testa di Serenidad; si mise anche lui le mani nei capelli a riscontrar nella persona dello sportsman Rankness, l'inglese, la testa del tedesco filosofo Uebersinnlich, e viceversa.

***

Eppure i cinque corpi reintegrati in tal modo riposavano così dolcemente! Forse sognavano d'essere a riposar in paradiso, premiati per il loro ideale di monarchia femminile e femminista.

Possibile che la meravigliosa scoperta del dottor Pantìfilo, in conseguenza di una semplice svista degli assistenti, dovesse finire in tal modo, suscitando uno scandalo enorme dagli Urali al Tago, dal Capo Nord a Candia, disonorando l'Europa in America, in Africa, etc.?

No! Bisognava riparare!

E il dottor Pantìfilo (che ingegno!) si mise a sedere, riflettè, si alzò; poi sorrise e disse ai suoi assistenti:

– Io dimostrerò che costoro d'ora innanzi vivranno più contenti di prima!

Infatti egli si era già persuaso che con l'aiuto del caso aveva fatta un'altra, maggiore scoperta; e deliberò di escludere il merito del caso.

Come il Fraternale Governo lo chiamò a render conto dell'errore commesso, egli parlò francamente:

– Fratelli! Ho trovato il mezzo di render davvero felice l'umanità. Avanti la grande rivoluzione, che diede alla società europea l'assetto di cui tutti dovremmo esser lieti, gli uomini parevano soffrire per cause meramente esteriori; stato economico, differenze di classi, ambiente sociale. Tutto ciò fu mutato. Ebbene, voi avete visto, di questi giorni, se la generosa magnanima Re-So-Eu bastò a render pago il genere umano! No. E perchè no? Perchè gli uomini hanno il male, il nemico, non fuori di sè ma in sè stessi. Le espressioni che corrono su la bocca di tutti: «bisognerebbe mutar la testa alla gente», «colui, colei non ha la testa a posto», non dimostran forse l'intuizione volgare e secolare di fenomeni morbosi dei quali sino ad ora la psicologia e la patologia non han conosciute le cause?: non accertano che spesso nel corpo umano c'è un disquilibrio organico, una discordia funzionale tra le membra o le viscere e il cervello; un contrasto fra le attività pazienti e riflesse e la facoltà acuente e promovente, che è anche l'attività pensante? Sì, fratelli miei! Per ridar il benessere fisico e psichico a chi l'ha perduto, e quindi per ridar la quiete alla società, è proprio necessario sostituir le teste a corpi cui meglio convengano; mettere, cioè, davvero le teste a posto!

Возрастное ограничение:
12+
Дата выхода на Литрес:
28 мая 2017
Объем:
190 стр. 1 иллюстрация
Правообладатель:
Public Domain
Аудио
Средний рейтинг 4,2 на основе 361 оценок
Черновик
Средний рейтинг 5 на основе 132 оценок
Аудио
Средний рейтинг 4,6 на основе 682 оценок
Текст, доступен аудиоформат
Средний рейтинг 4,3 на основе 485 оценок
По подписке
Текст, доступен аудиоформат
Средний рейтинг 5 на основе 434 оценок
Аудио
Средний рейтинг 4,7 на основе 1819 оценок
Текст, доступен аудиоформат
Средний рейтинг 4,3 на основе 985 оценок
Аудио
Средний рейтинг 5 на основе 426 оценок
18+
Текст
Средний рейтинг 4,8 на основе 775 оценок
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
18+
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок
Текст
Средний рейтинг 0 на основе 0 оценок