La Sua Omega Proibita

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La Sua Omega Proibita
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La sua Omega Proibita
THE ROYAL OMEGAS
Libro Uno
di
P. Jameson
Kristen Strassel
Traduzione a cura di
Chiara Vitali

Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono usati in modo fittizio e non devono essere considerati come reali. Qualsiasi riferimento a fatti realmente accaduti o a persone, in vita o defunte, è puramente casuale.

“His Forbidden Omega” Copyright © 2019 P. Jameson and Kristen Strassel

www.pjamesonbooks.com
www.kristenstrassel.com

Traduzione italiana © 2020 Chiara Vitali

Cover Design e modifiche successive © Sotia Lazu

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta elettronicamente o stampata senza autorizzazione scritta, fatta eccezione per brevi citazioni inserite nelle recensioni.

Pubblicato da Tektime  www.traduzionelibri.it

TRAMA

Sarà un’omega ribelle a mettere in ginocchio il Re Alfa…

Intrufolarsi al ballo reale è punibile con la morte, ma se nelle Badlands qualcosa non cambia, moriremo comunque. Speravo solo di fare colpo su un lupo beta, qualcuno che sarebbe andato oltre il mio umile rango e avrebbe aiutato me e le mie amiche ad avere una vita migliore.

Invece, ho attirato l’attenzione di Re Adalai. È noto per esercitare in modo spietato la giustizia sugli omega.

Forse non c’è nulla di male nel concedergli un’unica danza, un solo bacio pieno di passione…

Quando proprio in quel momento entro in calore, non è possibile ignorare chi io sia. Soprattutto ciò che non posso avere. Ma non si può dire di no al Re, e anche se tento la fuga, lui mi segue nelle Badlands.

Se Adalai infrange le sue stesse regole pur di stare con me, unirà di nuovo il nostro popolo o darà il via a una rivoluzione?

CAPITOLO PRIMO

RE ADALAI

Un’altra battaglia era stata vinta. Un altro nemico calpestato sotto i miei occhi. E l’eccitazione generata nel mio sangue era come una droga di cui non volevo mai liberarmi.

Con passi pesanti uscii sul balcone, entrando nella notte, e alzai al cielo i pugni serrati in segno di trionfo, mentre guardavo giù verso il mio popolo che affollava le strade sottostanti. Il rombo di un forte ringhio crebbe nel mio petto finché non mi esplose dalla gola, feroce e disumano. E l’urlo fragoroso che echeggiò dal basso mi disse che anche gli altri erano ubriachi di vittoria.

Stasera tutti avrebbero festeggiato scopando.

E poi domani avremmo celebrato con una festa degna di un Re e della sua corte, per mostrare al popolo di Luxoria che il loro leader era abbastanza potente da abbattere i grandi umani che volevano catturarli e studiarli.

Per la prima volta da tanto tempo, io, Re Adalai dei Weren, meritavo il mio posto sul trono.

Ero un Alfa. Ero potente. Possedevo il fottuto terreno su cui camminava la mia gente.

E a differenza di quello che era successo a mio padre, nessuno me lo avrebbe mai portato via.

Tornai nella sala riunioni dove i miei più stretti consiglieri attendevano il mio comando.

“Rapporto,” ringhiai, camminando avanti e indietro sul pavimento. Il mio uccello era duro a causa della battaglia. Solo uccidere lo riduceva in questo stato. Avevo bisogno di una femmina, questa notte. Magari una beta formosa con cui accoppiarmi. Me ne avrebbero portata una al termine dell’incontro.

Evander, Solen, Cassian e Dagger erano in piedi, i pugni insanguinati che si serravano e i petti che ringhiavano proprio come il mio. Alfa anche loro a tutti gli effetti, avevano sicuramente bisogno di sfogare la fregola della battaglia tanto quanto me.

Lo avremmo fatto presto.

“Le truppe sono avanzate verso di noi da tutti i fronti, compreso il sud,” annunciò Evander.

“Il sud. Si sono avvicinati alle Badlands?” Il territorio a sud era riservato ai mutaforma omega. Quelli che erano stati banditi dopo la Divisione. Ed era una landa arida e desolata.

Dagger, che era responsabile di quel territorio, annuì. “Un errore ovviamente. Gli omega li hanno messi in fuga prima ancora che arrivassero le forze reali.”

“Perdite?” chiesi.

“Solo otto dalle terre dell’est,” praticamente ruggì Solen.

“Dodici da ovest.” Cassien fece un ampio sorriso, i suoi occhi che lampeggiavano per la sete di sangue. “Ma chiedetemi quanti ne abbiamo abbattuti. Perché quel numero è molto più impressionante.”

Evader ringhiò un avvertimento. “Quattro dal nord,” disse. “Due di essi poco più che ragazzini che stavano entrando nel loro primo anno da Alfa.”

Una vergogna. Ma quelli così deboli da morire non erano abbastanza forti per il branco.

Guardai Dagger. Conoscevo già il suo numero, ma aspettai comunque che fosse lui a rispondere.

“Zero dalle Badlands.” Sembrava soddisfatto. “Gli omega sono più forti anche mentre si indeboliscono.”

Il che non avrebbe dovuto rendere felice quel bastardo malato. Ma Dagger non era normale. Era questo che lo rendeva perfetto per sorvegliare le Badlands.

Osservai i miei uomini. Che cos’era normale, in fin dei conti?

Eravamo dei reali, ma non eravamo raffinati.

Non eravamo persone come si deve, e certamente non civili. Ma eravamo migliori della feccia che abitava oltre i cancelli, nelle Badlands. Avevamo una tecnologia che ci manteneva ben nutriti e ci faceva vivere in una terra verde e lussureggiante. Che faceva scorrere l’acqua attraverso la nostra città. Avevamo fabbriche in cui gli omega lavoravano per produrre i migliori abiti, mobili e artiglieria. Avevamo spettacoli, letti morbidi, e tutto ciò che i nostri cuori desideravano con un fottuto schiocco di dita.

Ma era tutto un grande inganno. Una maschera che indossavamo.

Perché, all’interno, eravamo tutti bestie.

E non poteva essere più evidente di quanto non fosse sul campo di battaglia, dove schiacciavamo i nostri nemici umani come argilla secca nei pugni.

Bestie.

Da qualche parte, nel profondo di ognuno di noi, era rinchiuso un lupo, incapace di trovare la via d’uscita. L’abilità di mutare aveva iniziato a scomparire lentamente decenni fa, fino a quando l’ex Re, mio padre, era stato l’unico di noi in grado di farlo. Ma, nonostante tutta la nostra tecnologia e i progressi scientifici, nessuno di noi era riuscito a capire il perché. Alla fine anche lui aveva ceduto all’impedimento.

Fino a quando non fossimo stati in grado di mutare ed essere completi, non saremmo mai stati veramente soddisfatti.

Ma combattere, scopare e bere il vino della nostra gente contribuiva ad alleviare il dolore. Quindi era così che passavamo i nostri giorni e le nostre notti.

Era un’esistenza vuota ma era meglio che essere oltre i cancelli. Meglio di quella degli omega. E degli umani sopravvissuti con cui combattevamo.

“Andate,” dissi ai miei uomini. “Trovate delle beta che scaldino i vostri letti. Ve le meritate. Domani festeggeremo.”

Annuendo, uscirono in silenzio, senza una parola.

Spostandomi verso il bar, allentai la protezione inguinale e la lasciai cadere sul pavimento di pietra, dando al mio uccello lo spazio di cui aveva bisogno. Si sporse davanti a me, duro, dolorante e implacabile. La cappella pulsante mi fece capire che era troppo tardi perché l’erezione se ne andasse da sola. E l’idea di portarmi di nuovo a letto una beta… non mi lasciava senza fiato.

Versai un calice di vino e me lo portai alle labbra, assaporandone il ricco sapore prima di attraversare la stanza e sedermi sul costoso divano scelto appositamente per me dal mio scudiero beta. Era abbastanza comodo, ma non mi dava il conforto di cui avevo bisogno.

Il regno che mio padre e gli altri avevano costruito era sotto costante minaccia. E la sua sicurezza poggiava esclusivamente sulle mie spalle, adesso. Io ero il Re Alfa.

Altri volevano quel titolo, e spesso mi davano battaglia per ottenerlo.

Se fossi stato meno uomo, glielo avrei dato e mi sarei messo a ridere mentre mi allontanavo, conoscendo il tipo di pressione che avrebbero dovuto affrontare.

Ma io non ero un uomo qualunque.

Ero il maschio più feroce del branco. Anche se dovevo dimostrarlo costantemente.

È così che si mantiene il trono. Le parole di mio padre erano sempre nella mia testa.

Sorseggiando il vino, pensai agli omega che vivevano fuori dalla città e al significato del rapporto di Dagger. Gli omega sono più forti anche mentre si indeboliscono.

Un tempo, gli omega vivevano in città con noi, come parte fiorente del branco. Erano presi come amanti, trattati come amici. Anche scelti come regine. Mia madre era stata un’omega prima di mettermi al mondo e diventare l’amore di mio padre. Mi chiedevo cosa avrebbe pensato dell’intenzione di lui di farli morire tutti nelle terre selvagge. Mio padre avrebbe comunque bandito quelli del suo genere se lei fosse stata lì a consigliarlo?

La mia mente si allontanò dai pensieri su mia madre mentre immaginavo com’era la vita in città a quei tempi. Quando eravamo tutti un solo popolo, invece che reali e omega. Luxoria e le Badlands.

Immaginai come sarebbe stato avere un’omega sotto di me. Reagire al suo calore, a quel particolare profumo che le femmine beta non avevano mai avuto. In modo che i nostri ormoni si scontrassero e sfrigolassero come voleva la nostra biologia.

 

Quell’idea era sconcia e proibita.

Decisamente poco regale.

Assolutamente pericolosa.

Ma fece supplicare il mio uccello per una stretta della mia mano.

E io gliela diedi, mentre i miei pensieri vagavano lontano.

Accoppiarmi con un’omega… Quanto sarebbe stato diverso dal sesso con le beta che ero solito fare, dove non c’era l’istintiva richiesta di riprodursi? Dove non c’era alcun bisogno, a parte quello di mitigare la voglia di scopare? Nessuna connessione, nessun desiderio ardente.

Nessun profumo a rendermi pazzo.

Nessun bisogno di darle piacere ancora e ancora, ora dopo ora, notte dopo notte, fino a quando lei non fosse stata incinta del mio bambino.

Fanculo.

Inspirai con forza, realizzando che stringevo il mio uccello gonfio come avrebbe fatto una femmina al culmine dell’orgasmo. Spinsi nel pugno, alla furiosa ricerca della liberazione. E questa volta, nella mia mente, un’omega si contorceva sotto di me.

Un’omega mi implorava di avere di più, mi implorava di andare più forte.

Un’omega gemeva il mio nome.

E quando venni, riversandomi il seme sulla mano, fu ruggendo mia! che reclamai quell’omega immaginaria.

Quando mi fui svuotato, senza fiato e fiacco per il piacere, la realizzazione di ciò che avevo appena fatto mi colpì come un martello sul petto.

Avevo fantasticato di accoppiarmi con un’omega.

Una degli ultimi tra gli ultimi. I traditori banditi del nostro genere. Quelli che alla fine avevano fatto impazzire mio padre.

Il motivo per cui combattevamo le nostre guerre con gli umani.

Nella mia testa c’era una sporca omega del cazzo.

Ed era stato il miglior orgasmo che avessi avuto da un tempo dannatamente immemorabile. Forse da sempre.

Nessuno avrebbe mai dovuto saperlo.

Nessuno avrebbe mai dovuto scoprire la mia fame proibita.

Era una questione di vita o di morte.

CAPITOLO DUE

ZELENE

La donna anziana dietro il tavolo non sembrava per nulla quella che era prima della Divisione. Quando ero una bambina, trascorrevo ore e ore nel suo negozio, annoiata a morte mentre mia madre e mia sorella realizzavano vestiti. Non mi era permesso toccare nessuno dei bellissimi tessuti, dai colori così vibranti da attirare ognuno dei miei sensi.

Non mi era ancora permesso toccarli.

Guardai attentamente la donna. Omega come me, aveva perso il suo negozio ma non si era arresa. Quelle bellissime stoffe giacevano aperte su un tavolo. La polvere del deserto a malapena attenuava il loro splendore. Lei ormai era poco più di uno scheletro che camminava, con pelle ingrigita tirata su lineamenti scarni, e occhi come buchi neri che riflettevano la sua anima. O, per meglio dire, il punto in cui avrebbe dovuto essere la sua anima. Gli omega avevano perso molte cose nella Divisione. Ma io non avrei perso quella. Avrei combattuto con le unghie e con i denti per mantenere integra la mia anima. Non importava quanto mi sarebbe costato.

Spostai lo sguardo verso la pezza brillante di stoffa su cui avevo messo gli occhi, e fu come se lei avesse percepito il mio movimento.

“Non è per te,” sbottò. Anche nelle Badlands c’era una gerarchia. La sopravvivenza richiedeva rispetto. Quelli che se l’erano guadagnato fuori dalla città avevano poca pazienza per quelli di noi che lavoravano per i reali. “A meno che tu non stia facendo acquisti per i regnanti.”

Ero morta di fame per comprare quella stoffa. La mia bugia non mi avrebbe fatto sentire più a disagio. “È quello che sto facendo. La mia Signora ha bisogno di un vestito per il ballo.”

Non era del tutto una bugia. Solo non le avevo detto che la signora ero io. Ci avevo messo un po’ ad abituarmi. Nelle Badlands, non si pensava alle femmine in quei termini. Ma io lo sognavo, proprio come sognavo di trasformare quel tessuto in un bellissimo vestito degno di un ballo a corte. Tutte le dolci comodità e i giorni tranquilli che derivavano dall’avere un titolo del genere. Non avevo bisogno di essere una Regina o una principessa. Una signora sarebbe stata sufficiente.

L’anziana donna voleva il denaro più di quanto le importasse della fondatezza della mia storia. Raccolse il brillante tessuto rosa scuro, fissandolo con molto più rispetto di quello che aveva riservato a me. “Ce n’è giusto quanto basta per fare un vestito. Il prezzo è di sei monete d’oro.”

Ingoiando la mia sorpresa per quella cifra, che era vicina a quella che guadagnavo in un anno, raggiunsi il borsellino che avevo assicurato all’interno della gonna. Le Badlands dovevano ancora introdurre qualcosa che assomigliasse a una vera legalità. Il male non veniva punito. Avrei potuto strapparle la pezza di stoffa dalle mani e scappare. E non ci sarebbe stato nulla che lei avrebbe potuto fare per fermarmi. Proprio come non c’era nulla che potesse impedirle di smascherare il mio bluff e ricattarmi per questo bellissimo tessuto.

Rapidamente, contai le monete nella mia borsa. Non ne avevo abbastanza.

“Ho solo monete d’argento. L’equivalente di quattro monete d’oro.” Erano tutto ciò che avevo.

Lei scosse la testa, stringendo la stoffa al petto. “Un reale ti avrebbe mandata qui con l’oro.”

“Mi ha dato l’argento.” Il che era in parte vero. Mi veniva pagata una moneta d’argento a settimana. L’equivalente di pochi spiccioli nella città reale. “Negherai a un’appartenente alla corte ciò che chiede?”

“Torna con l’oro,” rispose lei.

“Mi ha dato l’argento,” le ripetei io. Mi aspettavo una trattativa, ma quando non arrivò, me ne andai, delusa. Avrei trovato un altro vestito da indossare al prossimo ballo al castello. Il fatto che un’omega come me potesse essere uccisa per aver messo piede al suddetto ballo era del tutto irrilevante. Ci sarei andata.

“Ragazza.” All’inizio non fui sicura che si rivolgesse a me e continuai a camminare. “Ragazza. Accetto l’argento.”

La donna mi rivolse un sorriso sdentato mentre tornavo al suo tavolo. Qualcosa era meglio di niente, ogni omega nelle Badlands lo sapeva.

Mi tremavano le mani mentre le davo le monete. Per la settimana successiva, avrei mangiato solo quando avrei lavorato al castello. Se qualcuno degli Esattori fosse venuto alla baracca che condividevo con altre cinque omega, avrebbe preso la sua paga come meglio avrebbe ritenuto opportuno.

Ma per la possibilità di entrare nella vita in technicolor di Luxoria, ne valeva la pena.

La donna avvolse amorevolmente il tessuto brillante in una pezza di tela.

“L’hai ricamato tu stesso?” le chiesi. “La mia Signora lo vorrà sapere.”

Pregai che non chiedesse chi fosse la mia Signora. Sì, lavoravo come serva, ma se avessi usato il mio accesso ai reali per tornaconto personale, avrei potuto perdere il lavoro. E senza di esso, non mi sarebbe rimasto altro che vendere tutto ciò che avevo al mercato all’aperto delle Badlands. Sarei morta prima di unirmi ai ranghi delle prostitute che vendevano i loro corpi agli Alfa, sperando di ottenere in cambio alcune monete di rame. Più spesso, i reali saziavano le loro voglie e non davano nulla in cambio.

La vecchia annuì, l’orgoglio che brillava intensamente sul viso. “Sì. A mano. Quando avevo ancora un negozio.”

“Apprezzerà il tuo lavoro,” le risposi.

Mentre la vecchia mi consegnava il pacco, lo tirò indietro. Per un momento, pensai che avesse intenzione di derubarmi. Che intendesse tenere per sé le mie monete e ciò che avevo acquistato.

“Non permettere che qualcuno ti veda con questo fino a quando non arrivi al castello,” mi disse. “Penseranno che stai sostenendo di essere qualcosa che non sei, e sarai punita.”

“Lo terrò segreto, come se la mia vita dipendesse da esso.” Perché era così.

***

“Cosa diavolo pensi di fare?” Mia sorella Tavia era in piedi sulla soglia della nostra baracca, il suo riflesso che riempiva lo spazio vuoto nello specchio polveroso. Le si sarebbe riempita la bocca di polvere del deserto se non avesse chiuso in fretta la mascella. “Se vieni sorpresa a indossare il vestito della Signora, verrai punita.”

“Non è il suo.” Forse ero stata un po’ vaga con i dettagli quando le avevo detto che avevo portato l’abito a casa per lavorarci sopra. Avevo lasciato che mia sorella e le altre tre donne con cui condividevo questa baracca angusta e fatiscente pensassero che mi ero portata a casa il lavoro di cucito per fare qualche soldo in più. Certo, non lavoravano tutte al castello, ma avrebbero dovuto essere abbastanza intelligenti da capire che ai miei datori di lavoro non sarebbe importato che io guadagnassi qualche moneta in più. “È mio.”

“Zelene,” ansimò lei. “Cosa diavolo stai facendo?”

“Stasera c’è una festa al castello per celebrare l’ultima vittoria militare.” Non avevo fatto il vestito con questa specifica festa in mente, ma sembrava che nel castello ce ne fosse sempre una. Stanze piene di Alfa, beta e reali, tutti ubriachi e senza una preoccupazione al mondo. In quanto omega, avevo lavorato per molti di loro.

Tavia scosse la testa. “Finirai per farti uccidere.”

Uccidere. Come se stessi davvero vivendo.

“Lo vedi questo?” Alzai le mani e indicai ciò che ci circondava. Il mio vestito – che mi abbracciava le curve con ricche sfumature di rosa e oro – era la cosa più elegante delle Badlands. La luce del giorno filtrava attraverso le assi delle pareti storte della nostra casa, e tutto era ricoperto da uno strato di sabbia del deserto bruno rossastra. Rendeva la vita nelle Badlands unidimensionale, triste e senza speranza. “Questo non è vivere. Questo è esistere. Ma se ce la faccio…”

“Non ce la farai.” Tavia da poco era stata licenziata dal suo lavoro al castello, senza nessuna spiegazione, senza una seconda possibilità. Ora si stava affannando per trovare qualcosa, un lavoro qualsiasi per non cadere nel giro a cui così tante donne omega erano costrette per sopravvivere.

Dopo la Divisione, gli omega erano stati privati di tutti i loro diritti di mutaforma. Le leggi che proteggevano i residenti di Luxoria non si applicavano più a noi. Girava voce che se Re Adalai avesse mai mutato nella sua vera forma di lupo, avrebbe potuto revocare le dure leggi che regolavano le Badlands. Ma se gli omega erano certi di qualcosa, era che i sogni raramente si avveravano.

Lavorare al castello ci aveva offerto una certa protezione, tranne quando affrontavamo coloro che pensavano che il nostro lavoro ci desse dei privilegi. Era triste, ma c’era una gerarchia anche tra gli omega. E Tavia cercava disperatamente di non perdere la posizione che aveva, perché l’alternativa era inimmaginabile.

“Sembro un’omega con questo vestito?” chiesi sfidandola.

Una selvaggia tempesta di emozioni turbinò nei suoi occhi. Sapevo cosa fosse. Era disperazione. Ecco perché dovevo correre questo rischio.

Scosse la testa, senza speranza come sempre. “Lo capiranno. Vedranno la polvere sulla tua pelle e sentiranno il brontolio della tua pancia vuota. Sei troppo magra per essere qualcosa di diverso da un’omega. Le tue guance sono abbronzate a causa di tutto questo sole. Nessun vestito può nasconderlo.”

“Dopo qualche bicchiere di idromele, tutto ciò che gli interesserà è un posto dove infilare il loro uccello.”

La faccia di Tavia impallidì. Aveva nascosto dei segreti anche a me. “Conosci le leggi. Se qualcuno nella città reale tenta di accoppiarsi con un’omega, verrà ucciso.”

Non avevo bisogno di accoppiarmi con nessuno. Avevo bisogno che un maschio, che non fosse un omega, mi notasse.

“Devo provarci.” Non volevo piangere. Mi ero truccata gli occhi, con quel poco che ero riuscita a far uscire di nascosto dal castello, e non volevo rovinarli. Questa sera non ero un’omega. Se il mio piano avesse funzionato, avrei potuto dare un futuro migliore a Tavia e a tutte le nostre amiche. Potevano togliermi tutto, ma avevo nascosto i miei sogni in un posto che nemmeno il Re poteva raggiungere. “Se non cambia nulla, moriremo di fame, e questo se saremo fortunate. Ho paura per te, Tavia. Farò tutto il necessario perché tu non debba vendere il tuo corpo notte dopo notte.”

“È esattamente ciò che stai facendo tu!” Si portò una mano alla bocca. L’emozione alzava il volume della sua voce. Sapeva di non potermi fermare, ma sapeva anche che era meglio non attirare l’attenzione su di sé. “Ti stai vendendo a qualcuno a cui non importa se viviamo o moriamo”.

“A nessuno importa di noi.” Per forza di cose, c’era ben poca lealtà tra gli omega. Non potevamo essere un branco senza un Alfa. Le donne che vivevano in questa baracca facevano del loro meglio per prendersi cura le une delle altre. Ma ci avevano portato via le nostre voci e il nostro potere. Tutto ciò che avevamo era consolazione e compassione. Volevamo molto di più. “Sono disposta a correre il rischio per migliorare le nostre vite. E se una notte potesse cambiare tutto?”

 

“Sei sempre stata una sognatrice.” Le spalle di Tavia si ammorbidirono una volta che si rese conto che non c’era modo di farmi cambiare idea. Non c’era una valida alternativa. Raggiunse il baule in fondo al nostro letto. Il mogano finemente intagliato era sempre coperto da uno strato di polvere, non importava quanto spesso lo pulissimo, ma era l’unica cosa che ci rimaneva di ciò che era appartenuto a nostra madre. Tutto il resto eravamo state costrette a venderlo per comprare cibo o pagare l’affitto.

Tavia recuperò dal baule uno dei nostri abiti da tutti i giorni e me lo porse. Era marrone come il deserto. “Mettilo finché non arrivi al castello. Non attirare l’attenzione su di te nelle Badlands.”

Me lo infilai dalla testa, e in un attimo, la magia del mio bellissimo vestito sparì. Solo fino a quando non fossi arrivata al castello. Nel mio nuovo vestito, avrei potuto essere chiunque volevo. Una beta. Un’Alfa. Un’appartenente alla nobiltà.

“Grazie,” le dissi. Tavia non era obbligata ad aiutarmi. Anche se era mia sorella, tutto quello che avevo al mondo, avrebbe potuto denunciarmi. Se lo avesse fatto, non avrei vissuto abbastanza per vedere la mezzanotte.

“È bello che tu riesca ancora a sognare.” Mi avvolse le braccia attorno al corpo. “Un giorno, spero di poterlo fare di nuovo anche io.”

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