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QUATTRO

INTERSTATALE 90 A NORD DI BUFFALO, WYOMING

18 settembre 1976, mezzogiorno

Patrick

All’incrocio tra la strada principale e quella per l’aeroporto, Patrick fermò il pick-up, anche se non c’era traffico in nessuna delle due direzioni. Il motore Ford faceva le fusa come un gattino, dopo la sua messa a punto all’inizio della settimana.

Respirò l’aria attraverso i finestrini aperti. Libertà. Quattro giorni interi con i suoi figli, senza essere di guardia, senza telefoni. Niente cavalli che scalciavano, escursionisti drogati, cani che mordevano o, peggio ancora, agenti delle forze dell’ordine assassinati. Perché l’agente dello sceriffo che era stato portato d’urgenza al pronto soccorso quella mattina era morto. Morto di una morte violenta e insensata. L’essere umano poteva essere così perverso. Come medico, odiava il fatto che a volte il bene non fosse sufficiente per sconfiggere il male. Come genitore, si preoccupava solo di come proteggere i suoi figli. Era successo in quella zona. Non in una grande città. Non in un paese straniero. Ma proprio lì nel nord del Wyoming, troppo vicino a casa loro. E, a causa del suo lavoro, ci si era trovato in mezzo. Gli piaceva fare il medico, ma non gli sarebbe mancato l’ospedale mentre era via. Aveva bisogno di una pausa.

L’unica cosa che gli sarebbe mancata durante quella gita sarebbe stata sua moglie. Al pensiero, sentì una profonda fitta nel petto, della malinconia mista a disappunto. Forse era stato troppo duro con Susanne, ma lei non avrebbe dovuto spingerlo a esserlo. Avrebbe dovuto desiderare di stare con lui. Tuttavia, l’ultima cosa che voleva era essere intransigente con tutti quelli che lo circondavano, come lo era stato suo padre. Lui e Susanne avevano un ottimo rapporto e non doveva importargli che non le piacessero certe cose che piacevano a lui. Lei era divertente e avventurosa, ed era la sua compagna. Solo che se non le faceva conoscere ciò che rendeva meraviglioso il Wyoming, non se ne sarebbe mai innamorata. Allora sarebbe stata solo questione di tempo prima di ritrovarsi alla guida di un furgone da trasloco per tornare in Texas.

Trish alzò lo sguardo dal suo libro. Patrick sapeva che stava di nuovo leggendo Per sempre di Judy Blume, anche se nascondeva la copertina. Lui e Susanne avevano deciso di lasciarla fare, anche se il romanzo trattava della sessualità adolescenziale. Ogni adolescente si trovava ad affrontare quelle problematiche. Diavolo, per questo lui e Susanne si erano sposati così giovani, per poter dare libero sfogo al desiderio sessuale adolescenziale senza problemi. Sorrise.

«Cioè, perché ci siamo fermati? E perché stai parlando da solo? Di nuovo.»

Patrick non si era nemmeno accorto che le sue labbra si stavano muovendo. Si atteggiò da tipo fico come meglio poté e imitò il modo di parlare di sua figlia. «Cioè, perché sto decidendo da che parte andare, sai, no.» Ma all’improvviso decise e girò a sinistra.

Trish gemette. «Che sfigato.»

Ma non disse “cioè” o “sai, no.” Aveva messo a tacere quel suo linguaggio adolescenziale. Missione compiuta.

La figlia si accigliò. «Papà, Hunter Corral è a destra.»

«Vi stavo portando là solo perché a tua madre piacciono i campeggi con i bagni.»

«Anche a me.»

«Sarà troppo affollato nel fine settimana. Andremo invece a Walker Prairie.» Patrick era eccitato. C’erano più cervi lassù. Meno gente. E nuovi posti da esplorare.

Sul sedile posteriore, Perry russava. Patrick dette un’occhiata a suo figlio nello specchietto retrovisore. Era così carino con i capelli biondi a spazzola, il viso lentigginoso e la saliva che gli si accumulava sul mento. Cinque minuti da quando erano partiti e suo figlio stava già dormendo. Sorrise. Era normale per lui.

Trish chiuse il libro di botto e si voltò a guardare suo padre, la voce improvvisamente alta e stridula. «Ma avevi detto Hunter Corral.»

Perry si mise a sedere. «Eh? Cosa?»

Patrick mise la freccia. Sinistra. Verso i monti Bighorn settentrionali. «Qual è il problema?»

Trish riaprì il libro, borbottando qualcosa sul fatto che il padre avesse incasinato i suoi piani con i suoi amici. Patrick sapeva per esperienza passata che la discrezione era la strategia migliore e non le chiese di ripetere quello che aveva detto. Invece accese la radio. Stavano suonando “Joy to the World” dei Three Dog Night. Alzò il volume quanto era possibile senza provocare scariche elettriche. Si mise a cantare battendo sul volante. Perry si unì a lui.

«La volete smettere? Qualcuno potrebbe vedervi», disse Trish.

A parte loro, non c’era nessuno sull’interstatale 90, cinque miglia a nord di Buffalo e trenta miglia a sud di Sheridan. Perry si protese verso l’orecchio della sorella e cantò più forte. Lei gli tirò una sberla e lui si abbassò per schivarla. Non molto tempo prima, Trish avrebbe cantato con loro, saltando sul sedile. Dov’è andata a finire la mia bambina, e quando questa musona ha preso il suo posto? Il suo atteggiamento toglieva a Patrick un po’ di entusiasmo, ma non lo dava a vedere. In nessun modo le avrebbe permesso di rovinare quella gita a Perry. O a lui.

Oltrepassarono il lago Desmet. «Guardate, ragazzi.» Indicò un branco di antilopi. Un grande branco, perché era il periodo degli accoppiamenti. Cinquanta o più, e stavano approfittando delle ultime offerte della stagione nei campi di qualche povero contadino. Era una scena comune in quel periodo dell’anno. Quello che più voleva vedere, però, e non l’aveva ancora fatto, era un branco di pecore bighorn allo stato selvatico sui monti Bighorn. Le aveva viste nello Yellowstone, naturalmente. Chiunque poteva vederle nello Yellowstone. Là erano praticamente addomesticate. Ma lui voleva vedere quelle creature dalle grandi corna in via di estinzione nel loro ambiente originario, sulle montagne dove un tempo erano così numerose che gli indiani avevano chiamato il fiume Bighorn in loro onore e in seguito Lewis e Clark avevano dato il loro nome all’intera catena montuosa. «Quel maschio deve essere un vero animale da monta per avere un così grande gruppo di femmine. Sapevate che le antilocapre americane comunicano il pericolo l’una all’altra alzando i peli bianchi della groppa?»

«Veramente?» chiese Perry.

«È un po’ rozzo», commentò Trish.

«Hanno una vista eccezionale e sono...»

«I secondi animali terrestri più veloci del mondo», ripeterono insieme i ragazzi.

«Lo sappiamo, papà», disse Trish.

Patrick sorrise e si perse con lo sguardo nel branco e oltre. I colori delle praterie all’inizio dell’autunno sembravano monotoni a certe persone, ma lui ci vedeva un’intera palette di marroni, grigi e neri. Il ciclo di vita della prateria non smetteva mai di stupirlo. Mentre contemplava la natura, il pick-up finì sul ciglio della strada.

«Paaa-pà.» La voce di Trish lo avvisò, scandendo bene le sillabe. «Guarda dove vai. Cioè, non voglio mica morire adesso.»

«Ops.» Patrick corresse la direzione.

Alla radio misero “Bad, Bad Leroy Brown”. Jim Croce era il cantautore preferito di Patrick. Lui e Perry gridarono le parole sopra la musica. Il piede di Trish iniziò a battere. All’ultimo ritornello si muovevano anche le sue labbra.

«Un’aquila testa bianca», urlò Perry all’orecchio del padre, indicando i fili della corrente.

Uno di quei maestosi uccelli vi era appollaiato sopra, con la testa che ruotava alla ricerca di una preda. «Buon occhio, ragazzo.» Patrick lanciò un’occhiata a Trish. «Chi vuole fermarsi a Sheridan dal McDonald’s?» chiese.

Trish tirò il suo libro sul fondo dell’auto, presa dall’entusiasmo. «L’ultima vera roba da mangiare per giorni, ma scherzi? Le Patty grasse, sì!»

Patrick lasciò l’interstatale e parcheggiò il pick-up e il trailer in una strada laterale, sentendosi appena appena colpevole per aver comprato l’affetto dei figli con il fast food. Quando Trish e Perry erano piccoli, lui e Susanne non potevano dire “patatine fritte” in auto senza che ci fosse una rissa. Avevano pertanto iniziato a parlare delle potenziali fermate al McDonald’s in codice, chiamando le patatine fritte “Patty grasse”. Pensavano di essere astuti, ma Trish, che aveva quattro anni, aveva capito tutto fin dalla prima volta e lo aveva detto al fratellino. E le patatine fritte erano diventate da quel momento in poi le Patty grasse, nella loro tradizione familiare.

Mentre parcheggiavano e scendevano, si udì un forte colpo provenire dal trailer.

Trish commentò: «Eccola di nuovo.»

Era Cindy, il cavallo di Susanne. Aveva la brutta abitudine di prendere a calci l’interno del trailer. Poteva continuare a farlo per ore. Lo dimostravano le fiancate del loro rimorchio, che portavano ammaccature a forma di zoccolo. Patrick sperava che non finisse prima o poi incastrata con le sue piccole zampe. Anche se ciò avrebbe potuto farle perdere l’abitudine di tirare calci.

Entrarono uno dietro l’altro nel ristorante. Il suo amico Henry Sibley stava svuotando il proprio vassoio nella spazzatura.

Patrick si avvicinò allo smilzo allevatore da dietro e gli diede una pacca sulla spalla. Dalla sua camicia uscì uno sbuffo di polvere. «Ehi, fratello.»

Henry si girò di scatto, poi sorrise. «Doc. Bambini. Che ci fate voi qui?»

«Caccia al cervo», disse Perry, con voce eccitata.

«Oh, cavolo, che fortunati! Magari potessi andare a caccia questo fine settimana.»

«Che cos’hai in ballo?» chiese Patrick.

 

«La consegna del fieno.»

«Peccato. Allora, tu e Vangie siete invitati a venire a mangiare le bistecche di cervo, uno di questi giorni. Sto usando il mio nuovo arco compound.»

«Quale hai preso?»

«Un Darton.»

«Bello. Che modello?»

«Trailmaster 45 K.»

«Fammi sapere come si comporta sul campo.» Henry corrugò la fronte. «Ehi, posso parlarti un secondo?»

Patrick tirò fuori dal portafogli un biglietto da venti dollari e lo porse a Trish. «Prendimi un Big Mac, patatine fritte e una Coca.»

«Sì, papà.» Lei e Perry fecero a gara per arrivare per primi alla fila, lanciando qualche sgomitata mentre cercavano di prendere posizione. Per fortuna che sua figlia si preoccupava di cosa pensassero gli altri del loro comportamento.

Non appena i figli furono fuori portata d’orecchio, Patrick chiese: «Che succede?»

«Stavo giusto parlando con Harry Bethel.»

Patrick dovette pensare un attimo per ricordarsi chi fosse Bethel. «È un agente della contea di Sheridan, no?»

«Già. Mi ha detto che, la scorsa notte, un prigioniero ha ucciso un suo collega ed è sfuggito alla custodia durante il trasporto dalla contea al penitenziario statale. Billy Kemecke, quello che ha ucciso quel Gill Hendrickson del Dipartimento della caccia e della pesca.»

«Eh, sì. Ero di turno. Hanno portato l’agente al pronto soccorso. Un giovane di nome Robert Hayes. Quando è arrivato era ormai morto. Non abbiamo potuto fare niente. Lascia una moglie e un bambino. Davvero triste.»

«Come ha fatto Kemecke a ucciderlo?»

«L’ha strangolato con un filo, poi gli ha spezzato il collo per star sul sicuro.»

«Brutta cosa. Veramente brutta.» Henry si passò una mano dalla fronte al mento, lasciandosi dietro un’espressione affaticata. «Hai sentito qualcos’altro quando l’hanno portato?»

«Hanno detto che è successo sul versante ovest delle montagne, vicino a Ten Sleep, mentre lo stavano portando al penitenziario statale. Ma questo è tutto quello che so.»

«Non ti conviene imbatterti in Kemecke. Non un bel tipo.»

Patrick annuì.

«Dove avevi intenzione di andare a cacciare?»

“Walker Prairie.» Patrick non ci aveva pensato, ma Walker Prairie era dalla parte opposta dell’area wilderness di Cloud Peak, rispetto a Ten Sleep. Una ragione in più per andarci.

Henry lo confermò: «Bene». Poi diede a Patrick le indicazioni per il suo posto preferito dove accamparsi, vicino a quelle che considerava le migliori aree di caccia. Era cresciuto andando a caccia nella zona, quindi sapeva quello che diceva.

Perry arrivò trotterellando, facendo dondolare un sacchetto di carta di McDonald’s e sorridendo. «Papà, abbiamo la tua ordinazione.»

Patrick strofinò i capelli ispidi del ragazzo. Suo figlio non aveva ancora avuto lo scatto di crescita adolescenziale. Era praticamente un piccoletto con una voce acuta e rotolini di grasso sui fianchi. Era stato così anche lui da bambino? Gli sembrava di ricordare di essere cresciuto tardi. Ma poi aveva raggiunto un’altezza normale e anche Perry lo avrebbe fatto, così sperava. Ma, cavolo, il ragazzo aveva un gran cuore. Il sorriso del figlio spazzò via un po’ della sua persistente inquietudine per la dura notte passata e per il litigio con Susanne.

Non poté fare a meno di ricambiargli il sorriso. «Arrivo, figliolo.» Poi si accorse che Trish non era con lui. «Dov’è tua sorella?»

«Al telefono pubblico.» Perry gli lanciò uno sguardo d’intesa ruotando gli occhi al cielo e sospirando.

«Uhm.» Con chi diavolo aveva già bisogno di parlare? Aveva terminato la sua ultima telefonata solo un’ora prima. Oh, beh. Doveva solo accettare il fatto che, quando si trattava di ragazze adolescenti, ci fosse la possibilità di non capirle mai fino in fondo.

Henry lo salutò con un cenno del capo. «Guardati le spalle.»

Patrick lo ricambiò con un saluto a due dita all’altezza della fronte. «Sempre.»

CINQUE

BUFFALO, WYOMING

18 settembre 1976, mezzogiorno e mezza

Susanne

Attraverso le vetrine del locale, Susanne poteva vedere la gente che affollava la caffetteria Busy Bee, tra cui alcuni turisti di fine stagione. Il posto era un’istituzione locale. Stretto tra il torrente Clear Creek e l’hotel Occidental, condivideva parte del fascino del vecchio West di quest’ultimo. Rivestimenti in legno. Una vecchia stufa a legna nell’area dei tavoli. Un bancone decorato e un barman vestito da cowboy. I turisti erano facilmente identificabili per le loro ingombranti macchine fotografiche e i loro modi rilassati. Il Labor Day segnava la fine della stagione estiva, ma l’area attirava comunque qualche visitatore di inizio autunno, per ammirare le foglie autunnali e godersi le fresche giornate in relativa solitudine. Anche i cacciatori cominciavano ad apparire, con tute mimetiche esagerate e bisognosi di un bel bagno, ma non ne vide nessuno nel ristorante.

Mentre era sul punto di entrare, Susanne sentì chiamare il suo nome alle sue spalle. Si voltò e vide Hal Greybull, il medico legale della contea. Stava attraversando la strada e agitando il braccio, la sua figura stagliata sullo sfondo delle facciate di mattoni rossi degli edifici del centro. Accidenti. Non aveva detto a Patrick che il coroner aveva chiamato. Dare l’incombenza a Trish di farlo era stato irresponsabile da parte sua e ne era pentita. Si trattava del lavoro di Patrick, la loro fonte di sostentamento. Si stampò un sorriso sul viso e ricambiò il saluto con il braccio.

«Signora Flint. È un piacere vederla così presto dopo aver parlato con lei.» Le guance rosse e la barba bianca di Greybull le ricordavano Babbo Natale, uno però che aveva bisogno di qualche buon pasto. La sua cintura combatteva una battaglia persa contro la gravità, senza fianchi o sedere che tenessero su i pantaloni.

Dopo essersi dati la mano, Susanne si protesse gli occhi dal sole di mezzogiorno con l’altra. «Anche per me.»

«È riuscita a riferire il mio messaggio al dottor Flint? Siamo sotto pressione da parte della famiglia per chiudere il caso Jones.»

«Non l’ha chiamata? Sono così dispiaciuta. È stata una mattinata frenetica.» Non era una bugia, ma quasi si toccò il naso ugualmente per vedere se stava crescendo. «È partito per qualche giorno per andare a caccia di cervi con i bambini, ma tornerà mercoledì.»

Hal si tirò la barba, il viso serio, poi sorrise. «È la stagione.»

«Sì. Saranno accampati ad Hunter Corral, se è un’emergenza.»

«Mi limiterò a staccare il telefono e non sarà più tale.»

Lei rise. «Va tutto bene con il caso?»

«Non sono libero di dire molto, ma posso dire che il dottor Flint ha fatto tutto il possibile. E che non sarei sorpreso se la famiglia sporgesse denuncia ugualmente.» Abbassò la voce e si guardò dietro entrambe le spalle, prima di avvicinarsi a lei. «Io non le ho detto nulla, ma non sarebbe la prima volta che fanno causa a qualcuno quando le cose non vanno come vogliono loro.»

«Oh, no.»

«Quindi dobbiamo assicurarci di non tralasciare nessun dettaglio. Ma, le ripeto, non si preoccupi. Suo marito non ne ha colpa.»

«Farò in modo che la chiami immediatamente appena rientra.»

«Se tutto va bene, prima di allora, avranno catturato quel fuggitivo da un pezzo.»

«Quale fuggitivo?»

«Non ha sentito? Ne parlano tutti i notiziari alla radio. Un prigioniero ha ucciso un agente di Big Horn dalle parti di Ten Sleep ed è fuggito con il suo veicolo. Lo stesso tizio che ha ucciso il guardacaccia.»

«Oh mio Dio!» Ten Sleep era dall’altra parte delle montagne, ma lei avrebbe passato la notte da sola e viveva in campagna. Doveva tenere il fucile di Patrick vicino al letto.

«Tutti gli agenti delle forze dell’ordine statali, federali e locali della parte settentrionale dello stato lo stanno cercando. Anche lui è di queste parti, è cresciuto a Buffalo. La radio ha detto che ci saranno aggiornamenti ogni ora.»

«Non mancherò di ascoltarli.»

«Stia attenta, signora Flint.»

«Anche lei, dottor Greybull.»

Il medico la salutò sollevando un cappello immaginario, poi tornò dall’altra parte della strada con i pantaloni che si abbassavano pericolosamente, fischiettando “Blueberry Hill”.

Susanne si affrettò a entrare nel ristorante e rimase sulla porta in cerca di Vangie. Un gruppo seduto sotto l’enorme testa di bisonte sembrava familiare, ma non riuscì a ricordare i loro nomi. Continuò a scrutare. Il locale era pieno. Oltre ai tavoli gremiti, ogni sgabello al bar era occupato. Alcuni camerieri erano raggruppati vicino alla postazione del caffè, tenendosi in disparte mentre i clienti facevano la fila per l’unico bagno. Le posate sbattevano contro i piatti, fendendo il baccano delle conversazioni. Il posto era un pollaio.

Susanne udì: «Qui!» Vangie le stava agitando le braccia da un tavolo con la vista sul Clear Creek. La sua amica era vestita con jeans e una maglietta gialla, i capelli neri tagliati in un pratico caschetto, come i nativi del Wyoming, ma il suo forte accento del Tennessee tradiva le sue radici meridionali.

Susanne sapeva che anche il suo accento texano si sentiva. Forse era per questo che era stata così attratta da Vangie all’inizio. Due pesci fuor d’acqua. Ma Vangie riusciva a nuotare, mentre Susanne si sentiva come se stesse affondando. La sua amica era seduta con le spalle al torrente, il cui nome Susanne pronunciava ancora con una lunga i invece di “crick”, come la gente del posto. Un altro modo in cui non si integrava. Si sistemò il fiocco sulla scollatura della sua camicetta a pois. E poi di nuovo.

«Ti ho ordinato un tè zuccherato.» Vangie aveva posato il bicchiere sulla tovaglietta di Susanne, un menù plastificato. «Lo faccio solo per prenderli in giro. Lo portano sempre non zuccherato, con bustine e un cucchiaino a parte.»

Susanne fece un’espressione disgustata, rabbrividendo. «Non è la stessa cosa.» In realtà beveva il tè senza zucchero, quindi a lei andava bene così, ma capiva il punto di Vangie.

«Voglio dire, faccio bollire l’acqua per i colibrì, santo dio. Lo zucchero non si scioglie nell’acqua fredda. Ogni vero cuoco lo sa.» Inarcò un sopracciglio guardando verso la cucina, come per suggerire che forse non c’era un vero cuoco là dietro.

Le due donne ordinarono due insalate dello chef e si raccontarono le novità nella vita di ciascuna.

«Come sta il bambino?» chiese Susanne. La gravidanza di Vangie era un segreto tranne che per gli amici intimi. Aveva avuto diversi aborti spontanei e non aveva ancora superato il primo trimestre con quel bambino.

Vangie guardò fuori verso il torrente. Era basso. Per lo più sassi al posto dell’acqua. «Ho qualche perdita.»

«Oh, no. Ma forse non è niente. Cosa dice il tuo dottore?»

Vangie aveva iniziato ad andare da un ginecologo a Billings, nel Montana. «Non gliel’ho ancora detto. Mi spaventa parlare con lui.»

«Devi chiamarlo.»

«Lo so. Lo farò se peggiora.»

Susanne prese la mano di Vangie e la strinse. «Posso fare qualcosa?»

«Le tue preghiere e la tua amicizia sono tutto ciò di cui ho bisogno.» Si asciugò una lacrima, poi il suo viso cambiò espressione. Sorrise, il che accentuò gli zigomi alti e rotondi. «Sono rimasta sorpresa quando mi hai chiesto di pranzare insieme. Pensavo dovessi andare a caccia di cervi.»

«Sì, ci dovevo andare.»

«E?»

Vangie poteva essere la sua migliore amica del Wyoming, ma Susanne non parlava con lei di questioni personali che riguardavano Patrick, né con nessun altro. «Patrick aveva bisogno di passare un po’ di tempo da solo con i bambini.»

«Che bravo papà.»

La cameriera mise davanti a loro le insalate. «Qualche altra cosa?» La sua bocca aveva un aspetto secco e raggrinzito, come se fumasse da una vita.

Vangie fece l’occhiolino a Susanne. «Dell’altro tè dolce, per favore.»

La cameriera sospirò e tornò in cucina.

Susanne mescolò la sua insalata. Non le importava del tè. Quello che le mancava era una buona salsa ranch per condirla. Fatta in casa con vero latticello. Tutto quello che riusciva a trovare in città era quella fatta con normale latte e una di quelle nuove bustine di condimento con dentro un sapore artificiale di latticello.

 

«Come stanno i bambini?» chiese Vangie.

«Perry è adorabile. I maschietti sono così dolci.»

Vangie sorrise. «E questo significa che Trish… »

«Sempre meno simpatica. Sono una cattiva madre per dire questo?»

«Sei una grande madre. È una fase della crescita. Ne uscirà. E poi l’ho vista in città la scorsa settimana ed è stata gentile con me. Probabilmente è solo una questione di rapporto madre figlia.»

In città. Susanne si chiese come ci fosse arrivata. Trish andava a scuola in autobus. «Con chi era?»

«Un gruppo di ragazzi.»

«A passeggio?»

«Stavano scendendo da un vecchio pick-up.»

«Uno di loro non era per caso Brandon Lewis?»

Vangie annuì. Insegnava alla scuola elementare di Buffalo e quindi conosceva tutti i bambini della città. «Credo che potesse essere lui alla guida. Perché?»

«L’ho sentita chiamarlo oggi al telefono. È troppo grande per lei.»

«Ooh, sì. È un ragazzo molto maturo. Un Casanova con le adolescenti, se le voci sono vere.

Magnifico. Proprio quello che volevo sentire.

La voce di una donna interruppe la loro conversazione. «Signore. Come va?»

Susanne alzò lo sguardo. La nuova arrivata, con una coroncina di trecce bionde e gli occhi celesti, sorrise loro dalla sua notevole altezza. Ronnie Harcourt. M-e-r-d-a, scandì Susanne mentalmente. Se avesse dovuto indicare una donna con tutti i tratti che rendevano le donne del Wyoming così diverse da lei, Ronnie sarebbe stata quella giusta. E si dava il caso che vivesse nella proprietà vicina a quella dei Flint. Ronnie stava facendo pratica come agente dell’ufficio dello sceriffo della contea di Johnson. Nel suo ranch marchiava il bestiame e lo catturava con il lazo, e cacciava pure. Aveva anche l’abitudine di apparire ogni volta che Susanne dimostrava di essere una sprovveduta di città senza speranza. Come mettere il piede sbagliato nella staffa per montare a cavallo. Rimanere bloccata con il pick-up in un cumulo di neve. O puntare accidentalmente un fucile carico nella direzione sbagliata, facendo finire tutti stesi a pancia in giù.

«Ciao, Ronnie. Ti va di unirti a noi?» chiese Vangie.

Susanne gemette dentro di sé. Si preparò a essere gentile, socievole persino, perché era così che era stata educata. Ma non significava che le piacesse.

Ronnie rifiutò. «Sono solo qui per prendere qualcosa da portar via e poi torno al lavoro. Ma vado a fare una camminata al Circle Park questo pomeriggio quando finisco il turno. Qualcuna di voi vuole venire con me? Le foglie saranno uno spettacolo.»

Vangie sembrava sinceramente dispiaciuta. «Vorrei poterlo fare.»

Circle Park: era vicino ad Hunter Corral, dove sarebbero stati i piccoli cacciatori di Susanne. All’improvviso, fu pervasa dall’ansia. I volti della sua famiglia apparvero uno dopo l’altro come diapositive da 35 mm nel proiettore a carosello della sua mente. Sembrava una premonizione, ma vaga e non specifica. Non credeva nelle premonizioni. Patrick sì. La incoraggiava ad ascoltare le sue viscere, insistendo entusiasticamente sulla loro connessione con la mente e tutto quello che potevano dirle. Ma l’unico messaggio che a lei davano era: è ora di mangiare! Era sorprendente che qualcuno così scientifico e razionale come suo marito nutrisse quel misticismo. Forse era legato alla sua ossessione per quella che considerava la connessione soprannaturale dei pellerossa con la natura.

Scosse la testa. «Non posso, ma grazie mille per l’invito.»

Lo sguardo di Ronnie le diceva che non gliela dava a bere. «La prossima volta, allora. Ci vediamo.»

Susanne ricambiò: «Buona giornata.»

«Allora, ciao», seguì Vangie. Poi si inclinò verso Susanne. «Non è così male, sai.»

«Ne sono sicura.»

«Hai davvero da fare? Perché se così non fosse, potresti venire con me a Billings per fare acquisti.» Vangie faceva frequenti viaggi in Montana per comprare cose per il ranch dei Sibley, Piney Bottoms. Il Montana non addebitava l’imposta sulle vendite, quindi faceva risparmiare un po’ di soldi se si dovevano acquistare articoli costosi o in grandi quantità.

«Il mio programma è infilarmi nella vasca da bagno con quel nuovo libro di cui tutti parlano: Dove sono i bambini?, una bottiglia di Zinfandel bianco e qualche candela. La casa è tranquilla ed è tutta mia.» Si sentiva un po’ in colpa per essere così eccitata, nonostante il suo strano senso di disagio, all’idea di avere qualche giorno per sé. E per averlo ammesso con Vangie, che stava avendo così tanti problemi a metter su una famiglia tutta sua. Ma era un lusso, un raro lusso. «La prossima volta?»

«La prossima volta, certo.»

«Ma fa’ attenzione. Sono preoccupata per te.» Per il bambino, naturalmente, ma era anche preoccupata per Vangie, che avrebbe guidato da sola sull’interstatale. «Non fermarti a prendere su autostoppisti. C’è un assassino in libertà. Ha ucciso un agente di Big Horn.»

La boccuccia di Vangie si spalancò. «Veramente?»

«È quello che mi ha detto il coroner poco fa.»

Vangie infilò la forchetta nella sua insalata e ne tenne un boccone per aria. «È meglio per me stare fuori a fare qualcosa, così non mi raggomitolo in casa preoccupandomi per questo bambino. Non preoccuparti. Sono armata e pericolosa, e non mi fermerò per niente e per nessuno.»

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