Delitto (e baklava)

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Delitto (e baklava)
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D E L I T T O
(E   B A K L A V A)
Un Giallo Intimo e Leggero della serie Viaggio in Europa – Libro Uno
B L A K E   P I E R C E
TRADUZIONE ITALIANA
A CURA DI
IMMACOLATA SCIPLINI
Blake Pierce

Blake Pierce è l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAIGE, che comprende diciassette libri. Blake Pierce è anche l’autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, che comprende quattordici libri; della serie dei misteri di AVERY BLACK, che comprende sei libri; della serie dei misteri di KERI LOCKE, che comprende cinque libri; degli INIZI DI RILEY PAIGE, che comprende sei libri; della serie dei misteri di KATE WISE, che comprende sette libri; della serie dei thriller psicologici di CHLOE FINE, che comprende sei libri; della serie di emozionanti thriller psicologici di JESSIE HUNT, che comprende finora quattordici libri;  della serie di thriller psicologici de LA RAGAZZA ALLA PARI, che comprende tre libri; della serie dei misteri di ZOE PRIME, che comprende sei libri; della nuova serie dei misteri di ADELE SHARP; e della nuova serie di gialli intimi e leggeri dei VIAGGI IN EUROPA.

Accanito lettore, da sempre appassionato di romanzi gialli e thriller, Blake apprezza i vostri commenti; pertanto siete invitati a visitare www.blakepierceauthor.com per saperne di più e restare in contatto.


Copyright © 2020 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. A eccezione di quanto consentito dall’U.S. Copyright Act del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuitao trasmessa in alcuna forma o in alcun modo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo ebook è concesso in licenza esclusivamente ad uso ludico personale. Questo ebook non può essere rivenduto né ceduto ad altre persone. Se desidera condividere questo libro con un'altra persona, la preghiamo di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato, o non è stato acquistato esclusivamente per il suo personale uso, la preghiamo di restituirlo e di acquistare la sua copia personale. La ringraziamo per il suo rispetto verso il duro lavoro svolto da questo autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, imprese, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati romanzescamente. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Immagine di copertina Copyright INTERPIXELS, utilizzata sotto licenza da Shutterstock.com.

LIBRI DI BLAKE PIERCE

UN GIALLO INTIMO E LEGGERO DELLA SERIE VIAGGIO IN EUROPA

DELITTO (E BAKLAVA) (Libro #1)

LA SERIE THRILLER DI ADELE SHARP

NON RESTA CHE MORIRE (Libro #1)

NON RESTA CHE SCAPPARE (Libro #2)

NON RESTA CHE NASCONDERSI (Libro #3)

NON RESTA CHE UCCIDERE (Libro #4)

THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Libro #1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Libro #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Libro #3)

IL VOLTO DELLA FOLLIA (Libro #4)

LA RAGAZZA ALLA PARI

QUASI SCOMPARSA (Libro #1)

QUASI PERDUTA (Libro #2)

QUASI MORTA (Libro #3)

I THRILLER PSICOLOGICI DI JESSIE HUNT

LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)

IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)

LA CASA PERFETTA (Libro #3)

IL SORRISO PERFETTO (Libro #4)

LA BUGIA PERFETTA (Libro #5)

IL LOOK PERFETTO (Libro #6)

LA TRESCA PERFETTA (Libro #7)

L’ALIBI PERFETTO (Libro #8)

LA VICINA PERFETTA (Libro #9)

I GIALLI PSICOLOGICI DI CHLOE FINE

LA PORTA ACCANTO (Libro #1)

LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)

VICOLO CIECO (Libro #3)

UN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)

RITORNA A CASA (Libro #5)

FINESTRE OSCURATE (Libro #6)

I GIALLI DI KATE WISE

SE LEI SAPESSE (Libro #1)

SE LEI VEDESSE (Libro #2)

SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)

SE LEI SI NASCONDESSE (Libro #4)

SE FOSSE FUGGITA (Libro #5)

SE LEI TEMESSE (Libro #6)

SE LEI UDISSE (Libro #7)

GLI INIZI DI RILEY PAIGE

LA PRIMA CACCIA (Libro #1)

IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)

ADESCAMENTO (Libro #3)

CATTURA (Libro #4)

PERSECUZIONE (Libro #5)

FOLGORAZIONE (Libro #6)

I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)

LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)

MORTE SUI BINARI (Libro #12)

MARITI NEL MIRINO (Libro #13)

IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)

IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)

OMICIDI CASUALI (Libro #16)

IL KILLER DI HALLOWEEN (Libro #17)

UN RACCONTO BREVE DI RILEY PAIGE
UNA LEZIONE TORMENTATA

I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)

PRIMA CHE SENTA (Libro #6)

PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)

PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)

PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)

PRIMA CHE ANELI (Libro #10)

PRIMA CHE FUGGA (Libro #11)

PRIMA CHE INVIDI (Libro #12)

PRIMA CHE INSEGUA (Libro #13)

PRIMA CHE FACCIA DEL MALE (Libro #14)

I MISTERI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER SCAPPARE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)

UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)

UNA RAGIONE PER MORIRE (Libro #6)

I MISTERI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)

TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)

TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)

CAPITOLO UNO

London Rose sentì l’aria premere per uscire dai polmoni.

Non sbadigliare, si disse severamente.

Non sbadigliare, a qualunque costo.

Non voleva sembrare annoiata più di quanto – riteneva – già si potesse intuire.  Ma il suo ragazzo, Ian Mitchell, non sembrava essersi accorto di nulla e continuava semplicemente a parlare, senza sosta, e nervosamente, della propria attività di contabile.

“Sto parlando del futuro, London” Ian disse. “E penso che il futuro si prospetti molto buono.”

A quel punto l’impulso di sbadigliare aveva iniziato a scomparire, come se il flusso d’aria nei polmoni fosse collassato per effetto del proprio peso.

Il futuro, London pensò.

Avrebbe tanto voluto avere la stessa fiducia nel futuro di Ian. Non gli aveva ancora confessato che, con ogni probabilità, stava per diventare disoccupata. Desiderava non doverglielo dire.

Questo potrebbe andare a fagiolo con i suoi piani, pensò, mentre il ragazzo continuava a parlare.

“Sai, mi hanno chiesto di preparare tutti i libri contabili per l’acquisizione e fusione della mia società per azioni …”

Frequentava Ian ormai da un anno, stando con lui ogni volta che era a New Haven, e il ragazzo non era solito parlare tanto. Aveva lo sgradevole sospetto del motivo per cui quella sera si stesse comportando in quel modo.

“Detto questo” Ian proseguì, “il nostro business sembra essere sicuro e promettente nel prossimo futuro …”

London era certa che quella pantomima fosse il goffo tentativo del povero Ian di giungere ad una determinata conclusione. Aveva immaginato le sue intenzioni, quando il ragazzo le aveva detto di aver effettuato una prenotazione al Les Chambres, uno dei migliori e più cari ristoranti di New Haven.

Ci era stata un paio di anni prima ma non era mai stata accompagnata, attraverso un labirinto di stanze, per giungere ad un tavolo privato come quello cui sedevano. Lei e Ian avevano persino il loro caminetto. A maggio, le serate in Connecticut potevano essere fredde tanto da far apprezzare il fuoco di un camino, se si desiderava un po’ d’atmosfera.

L’ambiente era perfetto, illuminato dal fuoco del camino e delle candele, un tenue bagliore proveniente dai candelieri da muro; le pareti erano dipinte di un caldo color marrone e crema; comode sedie imbottite erano disposte intorno ad un tavolo elegantemente apparecchiato.

La cena era stata spettacolare, un classico piatto inglese come la zuppa fredda di piselli, con formaggio di capra  marinato alla menta, seguito da meravigliosi tortellini con aragosta.

Al contrario, la conversazione lasciava qualcosa a desiderare.

Ian era ancora intento a parlare del suo lavoro.

“… vedi, sto facendo delle proiezioni annuali per la società …”

Sforzandosi di ascoltare, London infilzò la sua porzione di choux profiterole con la forchetta. L’impasto del dessert si sbriciolò golosamente, rivelando una morbida crema all’interno. La donna ne prese un piccolo boccone, che le si sciolse dolcemente in bocca.

 

È perfetto, pensò.

Aveva viaggiato per il mondo e provato i cibi migliori in molti posti; sapeva di essere un’ottima giudice della buona cucina.

Infatti, i choux profiterole erano così leggeri e delicati, che sembrava quasi incredibile che non fluttuassero nell’aria. Sicuramente, poteva goderne nonostante le strane circostanze, proprio come aveva fatto per il resto della cena.

Avrebbe soltanto voluto che quella serata non fosse destinata a finire nel modo in cui si aspettava.

“… e stiamo stilando un piano decennale ed uno ventennale” Ian proseguì.

Improvvisamente, restò in silenzio.

Sta proprio per chiedermelo?

Sarebbe senz’altro sembrata una conclusione illogica, dopo quello che aveva detto fino ad allora.

Lui la guardò intensamente, sfoggiando il più caloroso dei suoi sorrisi.

“Vedi, il nostro business si basa completamente sulla stabilità. Prevedibilità.”

Si protese verso di lei, e mormorò: “E penso che stabilità e prevedibilità siano importanti, non solo negli affari, ma anche nella vita.”

Fece un’altra pausa, poi aggiunse con tono significativo: “Tu, no?”

London deglutì, forte e dolorosamente.

Che cosa dovrei dire?

Per fortuna, prima che potesse pronunciare anche solo una parola, il loro altezzoso cameriere francese si avvicinò al tavolo.

“Gradite ancora qualcosa, monsieur, madame?” chiese con un forte accento.

Prima che London potesse aprire la bocca per dire che tutto era stato perfetto, Ian parlò.

“Io e madame vorremmo un bicchiere del vostro miglior cognac.”

“Molto bene, monsieur.”

Quando il cameriere si allontanò, Ian rise nervosamente.

“Il cameriere ti ha chiamata madame” disse.

Anche tu l’hai fatto, London fu sul punto di replicare.

“Sì, beh, non ringiovanirò mica” rispose. “Immagino che i giorni in cui gli uomini francesi mi chiamavano mademoiselle siano finiti.”

Anche se avere trentaquattro anni non vuol dire essere una donna anziana, fu sul punto di aggiungere.

“Oh, non penso che sia questione di età” Ian la prevenne. “Sei ancora giovane e bella. Sono sicuro che anche il cameriere lo pensi.”

Il complimento non migliorò affatto l’umore della donna. Sfortunatamente, sapeva che il cameriere aveva fornito a Ian un’opportunità quasi perfetta per continuare. Se fosse stato per lui, gli uomini francesi avrebbero potuto chiamarla madame per il resto della sua vita. E molte altre persone avrebbero potuto riferirsi a lei con l’appellativo di signora, a prescindere da quanto fosse ormai fuori moda.

Ian le rivolse un sorriso consapevole, e disse: “Se me lo chiedessi, ti direi che Marcel ti ha chiamata madame, perché sembriamo molto una coppia.”

“Lo pensi?” London chiese.

“Oh, lo so.”

Probabilmente, era vero, London dovette ammettere.

Ed era davvero una brutta cosa?

Perché non poteva semplicemente accettare una buona cosa quando la trovava? Che cosa avrebbe potuto andare male, se avesse sposato un uomo solido come Ian Mitchell? Sapeva di dover apprezzare il fatto che lui stesse facendo del suo meglio, per quanto potesse essere sgraziato, per rendere quella serata davvero speciale. E il cibo si era davvero rivelato grandioso.

Ma tutto questo parlare di prevedibilità le stava dando alla testa. La prevedibilità non era mai stato un argomento a cui aspirava nella vita. Era sempre stata più incline alla spontaneità e all’avventura. Ma, quella sera, London si ritrovò a chiedersi se forse sua sorella avesse ragione. Forse stava raggiungendo un’età in cui avrebbe dovuto calmare il suo spirito avventuroso.

Sarebbe così brutto?

Avrò sempre ricordi … e storie.

Lei ed Ian restarono in silenzio per un istante. London stava iniziando ad augurarsi che le facesse la domanda, facendola così finita una volta per tutte. Immaginava che avrebbe dovuto in qualche modo fare un grido appropriatamente estatico, se non sinceramente sorpreso, per poi dire, senza fiato, sì, due o tre, o persino quattro volte.

Sembrava un peccato che non ci fossero altri clienti intorno, pronti ad applaudire. Sarebbe stato il perfetto completamento della scena.

Perché non dovrei dire sì?

Un anno prima, non aveva trovato Ian noioso, quando sua sorella Tia le aveva organizzato un incontro con lui. Era stato subito dopo la fine della relazione, durata un lungo e terribile anno, con Albert, un affascinante, sofisticato, buono a nulla e un narcisista davvero egoista. Dopo quella terribile rottura, lei si era sentita più che pronta a frequentare un uomo onesto e stabile.

E, forse, questo non era un momento inopportuno per sposarsi. Era da poco tornata dal suo recentissimo lavoro da hostess per una crociera ai Caraibi. Era piuttosto sicura che il viaggio nello Yucatán, della durata di undici giorni, sarebbe stato l’ultimo con la Epoch World Cruise Lines. Stando alle voci, la società, una volta fiorente, stava per colare a picco, soccombendo infine alla crescente competizione nell’industria delle crociere.

Infatti, aveva ricevuto un sms solo un paio di ore prima da Jeremy Lapham, il CEO della società, che le chiedeva di partecipare ad una videoconferenza con lui l’indomani mattina.

Probabilmente per licenziarmi, pensò.

Sarebbe stato un triste passo in quella che fino ad allora era stata una vita piuttosto movimentata, la fine di un’ “epoca”, per così dire. E, a quel punto, London non era affatto sicura del futuro che l’attendeva.

Improvvisamente, gli choux profiterole le sembrarono meno dolci.

Ma, forse, era giunto il momento di far entrare un po’ di tranquillità nella sua vita. Sicuramente, ci doveva essere spazio per l’onestà e la stabilità. Inoltre, era ancora colpita dal bell’aspetto di Ian. Con il suo affascinante viso rasato, rappresentava una qualità concreta, essenziale, non come Albert, che aveva inizialmente attratto London tramite la sua profonda morbidezza. E Ian era davvero bello quella sera; sfoggiava il suo miglior completo a tre pezzi.

E, al momento, immaginava che stessero davvero bene insieme. Lei aveva indossato uno dei suoi più graziosi outfit, un maxi dress in chiffon, con un modesto top nero che sprizzava in un  colorato tumulto di fiori stampati vicino all’orlo della gonna. Aveva persino acconciato i suoi corti capelli castani ramati in uno stile, che tendeva intenzionalmente a delle onde scompigliate, piuttosto che farli semplicemente apparire arruffati.

Nel frattempo, London percepì un cambiamento nell’atteggiamento di Ian. Il pover’uomo ora stava sudando; infilò un dito sotto il colletto, come se improvvisamente sentisse il vestito troppo stretto e stesse perdendo concentrazione.

Ti prego, facciamola finita, pensò.

“London, quello che sto cercando di dire è …”

Poi, s’interruppe.

“Penso di capire” London disse, con quanta più gentilezza possibile. “Vita e affari sono davvero simili, non è così?”

Gli sfuggì una risatina auto-ironica.

“Se solo potessi metterla in modo conciso” lui disse.

Conciso andrebbe bene, London pensò.

Ma divenne rapidamente palese che questo non sarebbe successo.

“London, quando i miei genitori avevano circa la nostra età, hanno fatto una … fusione, non quello che sto negoziando al momento nel mio lavoro.”

Una fusione? London pensò, sforzandosi di non mostrarsi sconvolta da quelle parole.

“E sai qual è sempre stato il loro segreto?” Ian continuò. “Pianificare. Dal principio, hanno pianificato tutto quello che ne avrebbero fatto della loro vita fino all’ultimo dettaglio. Ed è esattamente quello che vorrei anche per noi, iniziando stasera a … pianificare.”

London divenne sempre più pallida.

Pianificare?

Stava andando peggio di quanto si sarebbe aspettata.

Di rado aveva pianificato qualcosa d’importante, nel corso della sua intera vita.

Ian aggiunse: “E sai quanto il matrimonio dei miei genitori sia stato una fusione produttiva, riuscita e felice.”

London non sapeva nulla del genere. Nelle poche occasioni in cui aveva incontrato i genitori di Ian, li aveva trovati freddi quasi come robot, non solo con lei, ma con tutti, e persino tra loro due. A London la casa di famiglia di Ian era sembrata una scena della versione originale de L’Invasione degli Ultracorpi, in cui tutti venivano trasformati in baccelli umani.

Ian sollevò lo sguardo pensierosamente.

“Penso che adesso che il secondo trimestre è terminato, e i tassi dei mutui sono ai minimi storici, è un buon momento per pensare di comprare una casa …”

London tremò profondamente.

“Saremo parsimoniosi, specialmente all’inizio” disse. “Vivremo al di sotto delle nostre possibilità, nello stesso quartiere con Tia e Bernard. È vicino ad una buona scuola. Compreremo una casa stile ranch. Niente scale, così non dovremo traslocare per almeno cinquant’anni. Avremo un bambino tra due anni, poi un altro ancora dopo altri due anni, e un altro due anni dopo …”

Tre figli? London pensò.

Aveva raramente pensato ad avere figli. Erano sempre stati una possibilità distante, mai una priorità programmata.

“Dovremmo cogliere il momento” continuò. “Questo è un periodo perfetto per aprire dei conti al college e impostare dei pagamenti rateali. Possiamo anche decidere quali scuole dovranno frequentare i nostri figli, a iniziare dall’asilo fino al college.”

Si grattò pensierosamente il mento.

“Godiamo entrambi di una salute eccellente, sono sicuro che potremo goderci una bella vita quando avremo novant’anni.”

London rabbrividì, provando ad immaginare tutti quei decenni di felicità meticolosamente soppesata e misurata. Sperava che lui non avesse già preso un lotto al cimitero e una tomba. Per fortuna, il suo monologo scemò, prima che iniziasse a parlare di ciò che avrebbero potuto dire sui loro letti di morte. L’uomo stava sudando più di prima, e sembrava che avesse appena corso per circa due chilometri.

Si espresse ora con voce roca.

“London … quello che sto cercando di dire è … sarei profondamente onorato se tu accettassi questa …”

“Fusione?” London chiese.

Lui sorrise, fece spallucce e annuì, apparentemente ammutolito.

“Um, Ian … che cos’è appena successo? Hai appena …. sputato fuori la proposta?”

Ian strizzò gli occhi pensierosamente.

“Beh, sì. ‘Sputato fuori la proposta’ potrebbe essere il modo esatto di metterla.”

Si infilò la mano in tasca, ne estrasse una scatolina nera e la aprì.

Naturalmente, conteneva un anello con diamante.

“London Rose, vorresti … fondere la tua vita con la mia?”

Mentre London sentiva il mondo scivolarle intorno, il cameriere tornò al loro tavolo con due bicchierini di cristallo di cognac. Ian iniziò a sollevare il suo per brindare. Ma. incapace di impedirselo, London bevve sgraziatamente un grosso sorso. Immaginava che avrebbe avuto bisogno di berne un altro bicchiere, prima della fine della serata.

Intanto …

Che cosa devo dire?

CAPITOLO DUE

Le esplosioni sovrastavano quasi la voce di Tia.

“Gli hai detto che cosa?” domandò la sorella di London, quasi urlando per farsi sentire al di sopra del fracasso che i suoi figli stavano facendo.

“Gli ho detto che ci avrei pensato.” London alzò la voce, rispondendole.

“Che cosa c’è da pensare? Ian è perfetto per te!”

Discutere con la sorella maggiore le faceva sembrare di stare litigando con uno specchio, vedendo un riflesso non di se stessa, ma di come sarebbe potuta diventare un giorno. Tia le somigliava, avendo in più il broncio, una figura più piena, e i capelli più scuri e lisci.

London non si preoccupò di nascondere un chiaro sospiro di disperazione. Non sarebbe mai stato udibile nella confusione rumorosa che regnava nel vicino soggiorno. Le due figlie di Tia, la decenne Stella e la dodicenne Margie, stavano facendo esplodere delle cose nel gioco di guerra che usavano sulla tv.

Almeno non cadono negli stereotipi di genere, London pensò.

Ciò nonostante, dovette ammettere che i costumi da principessa, le Barbie e i tea party avrebbero contribuito a mantenere la situazione molto più tranquilla in casa.

Era il mattino successivo a quella strana cena con Ian. Come faceva spesso, London stava con sua sorella durante la pausa tra i viaggi oceanici. Stavolta, si stava preoccupando di dove avrebbe vissuto se non ci fosse stato un nuovo lavoro imminente. Avrebbe dovuto rinunciare agli alberghi e alla camera degli ospiti della sorella e trovarsi un posto tutto suo?

 

O dovrei … ?

Dopotutto,  l’opzione di Ian era ancora disponibile.

Nel bel mezzo del caos domestico, Tia era riuscita a preparare un’enorme montagna di pancake non proprio di bell’aspetto. Le ragazze avevano consumato una caotica colazione ed erano poi scappate in soggiorno.

Era la prima vera occasione, per le due sorelle, di parlare quella mattina; Tia non aveva preso bene la notizia dell’indecisione di London.

Mentre London radunava residui di cibo, impregnati di sciroppo, nel suo piatto, Tia si alzò dalla sedia e iniziò a rimettere tutto a posto.

“Ci penso io” si offrì London. “Dammi solo un minuto.” Come per una sorta di magia nera domestica, il lavandino e il piano della cucina sembravano essere occupati da più piatti sporchi di quanti la lavastoviglie potesse contenere.

“Oh, sono abituata ad occuparmene” Tia cinguettò. “Finisci la colazione. Questo diventa tutto automatico dopo qualche anno.”

Stavano entrambe provando ad evitare di notare il figlio biondo di sette anni di Tia, Bret, che era in piedi accanto al tavolo, intento a fissare silenziosamente London.

“Che cos’altro gli hai detto?” Tia chiese mentre le passava davanti, raccogliendo dei piatti sporchi che, in qualche modo, erano finiti su una sedia della cucina.

Che cosa gli ho detto? London si chiese. Si guardò intorno nella stanza, continuando a ignorare il bambino silenzioso.

Era difficile ricordare le parole esatte. La memoria della sera precedente sembrava alquanto confusa. London si chiese se fosse entrata in uno stato di shock, dopo la proposta di Ian.

“Penso … di avergli detto … che ero molto …”

Tia sgranò gli occhi, mentre la sorella cercava il termine esatto che aveva utilizzato.

“Oh, no, London. Non dirmi che eri ‘lusingata.’ Sarebbe sbagliato sotto vari punti di vista. ‘Lusingata’ indicherebbe che hai dubitato della sincerità di Ian. E, oltre alle sue molte altre virtù, Ian è la sincerità fatta persona.”

London pensava che la sincerità sembrasse un termine strano per descriverlo, ma …

Lui era sincero, a modo suo.

Ad ogni modo, London concordava con Tia in merito alla parola “lusingata.” A prescindere da quanto sbalordita fosse stata al momento, sicuramente non avrebbe detto di essere  “lusingata.”

“Penso … di aver detto … che ero toccata.”

“‘Toccata’?” Tia ripeté, raccogliendo delle forchette che sembravano essere magicamente apparse sul pavimento. “Hai detto che eri ‘toccata’? Ma che cosa dovrebbe significare? ‘Toccata nella testa,’ forse?”

London alzò le spalle.

“Non lo so” disse. “Solo ‘toccata,’ ecco tutto.”

“Che ne dici di emozionata? Felice? Onorata?”

Dal modo in cui London lo ricordava, “emozionata” e “felice” non erano gli aggettivi adeguati a descrivere come si era sentita in realtà. Per quanto riguardava “onorata”, non era completamente inappropriato. Aveva davvero preso come un complimento il fatto che un uomo così solido come Ian volesse includerla nei suoi piani precisi ed elaborati. Ma “onorata” sarebbe sembrato così … come, esattamente?

Vittoriano, forse.

La stessa idea di proposta era troppo all’antica per i gusti di London. Ma, almeno, Ian non si era inginocchiato per tirare fuori il costoso anello. Dopo tutte le chiacchiere sugli affari, i suoi nervi non sarebbero stati in grado di sopportarlo.

Tia aprì la bocca per rimproverare ancora London, poi trasalì al suono di un colpo particolarmente forte.

Gridò: “Ragazze, fatela finita, a qualunque guerra stiate giocando.”

Stella e Margie si lamentarono ad alta voce quasi all’unisono.

“Awww, Ma—mmaa …”

“Io e zia London stiamo cercando di parlare” Tia aggiunse. “E non riusciamo nemmeno a sentirci pensare.”

Obbedienti, le ragazze smisero di giocare, ma London sapeva che avrebbe fatto meglio a non sperare che la pace e la quiete durassero. Sentì un brivido lungo la schiena, e si rese conto che il piccolo Brent la stava guardando con gli occhi spalancati. Lei non riusciva a fare a meno di pensare che sembrasse un bambino protagonista di un vecchio film di fantascienza, Il Villaggio dei Dannati.

In realtà, tutti i figli di Tia la guardavano, come la progenie aliena del film, come se fossero in grado di far sciogliere le pareti con le loro menti, se ci avessero davvero provato. Avevano tutti ereditato gli stessi capelli biondi insipidi del padre.

Abbandonando l’accumulo di stoviglie che restava in cucina, Tia versò del caffè appena fatto in due tazze, e sedette di fronte a London.

“Gli adulti stanno parlando, tesoro” Tia disse a Bret.

“OK” il bambino rispose.

Ma non si spostò.

“Questo significa che dovresti andare, tesoro” Tia gli disse.

Il bambino la guardò, come se gli avesse portato via il suo giocattolo preferito.

“Ma non riesco mai a vedere la zia London” disse. “Lei è sempre via, sempre in un posto molto lontano.”

London sentì il senso di colpa montare in lei.

Gli manco davvero, pensò.

Il fatto che il sentimento non fosse esattamente reciproco peggiorò i suoi rimorsi di coscienza.

“La zia London passa a trovarci ogni volta che può, tesoro” Tia disse, lanciando a London uno sguardo di disapprovazione. “Ci fa visita diverse volte all’anno.”

Bret continuò a non spostarsi.

Fissando London con grande ammirazione, lui disse: “I miei amici pensano che sia fico che mia zia sia il capitano di una nave.”

Tia dette un colpetto sulla testa di Bret.

“Uh, Bret, la zia London non è esattamente un capitano” disse.

“E allora, che cos’è? Un marinaio?”

London intuì dall’espressione di Tia che aveva momentaneamente dimenticato la sua esatta qualifica.

“Sono quella che si chiama ‘hostess,’ tesoro” London si rivolse a Bret.

“Come quando mamma da’ una festa?”

London alzò le spalle e disse: “Beh, diciamo, una specie.”

“Con i regali e tutto?”

London non sapeva che cosa dire. Come poteva spiegare a un bambino di sette anni le complessità del lavoro da hostess di una gigantesca nave da crociera? Ogni giorno comportava sfide logistiche e un contatto umano faccia a faccia quasi non-stop. Spettava a lei organizzare e supervisionare le partite di bocce, curling e bridge, così come le feste di compleanno, le attività di ristorazione, i concerti e molto, molto altro. Il suo lavoro consisteva nell’assicurarsi che tutto filasse alla perfezione, ed era brava a svolgerlo.

E poi, c’è l’aria fresca, pensò con una fitta di malinconia.

La maggior parte delle mattine, quando andava sul ponte, London si godeva l’aria oceanica. Sebbene il Connecticut potesse essere piacevole in quel periodo dell’anno, non era neanche riuscita ad uscire. Si chiese brevemente il motivo per cui i bambini fossero ancora in casa durante quella che sembrava essere una bella giornata. Sua sorella non aveva detto una volta che aveva scelto di vivere in periferia, perché avrebbero avuto grandi giardini e parchi?

Tia diede un altro colpetto sulla testa del figlio, che, però, continuò a non spostarsi da dov’era.

“Gli adulti stanno parlando, tesoro” la donna ripeté.

“OK.”

A quel punto, Bret si girò e si allontanò. In quello stesso momento, le due ragazze quasi  investirono il bambino, irrompendo in cucina, munite di spade laser a led, in stile Guerre Stellari, con cui cercavano di farsi a pezzi l’una con l’altra. Bret emise un grido, e tentò inutilmente di afferrare una delle armi.

A quel punto, Tia si limitò a ignorarli tutti.

Era una causa persa, dopotutto, London comprese. Non appena Tia ebbe sedato la confusione in casa, un rumore più forte sorse proprio sotto i loro nasi.

“E l’anello?” Tia chiese al di sopra del nuovo rumore.

“Che cosa vuoi sapere?” London disse, non comprendendo esattamente la domanda.

“È bello?”

“Suppongo di sì. Grazioso. Costoso. Con i diamanti e il resto.”

“Beh, allora, mostramelo” Tia disse.

“Non ce l’ho.”

Il corpo di Tia fu interamente scosso da un fremito. Emise un gridolino di puro orrore.

“Oh, no! L’hai buttato via?”

Entrambe le bambine cessarono di agitare le loro spade laser abbastanza a lungo da chiedere, quasi all’unisono: “Hai buttato via l’anello?”

“Non si origlia” Tia scattò. “Tornate in soggiorno. Io e vostra zia abbiamo bisogno di parlare.”

Poiché le ragazze non si muovevano, aggiunse: “Ne parliamo più tardi.”

Ridacchiando, le bambine trotterellarono fuori dalla cucina con il fratellino al seguito.

Quando se ne furono andate, London spiegò: “Non l’ho accettato. Non ho deciso se intendo sposarlo.”

Tia dette un colpo sul tavolo con il palmo della mano.

“Lascia che lo decida io per te. Adesso gli telefoniamo.”

“Tia, no” London disse.

Ma Tia continuò a parlare, come se lei non avesse detto nulla.

“Gli dirai che sei stata una stupida ieri sera, e ti scuserai abbondantemente, e spiegherai che è stato solo un momento di follia temporanea, e gli dirai sì, sì, sì ancora e ancora, e poi, gli chiederai quando è un buon momento per rivederlo e gli darai un grande bacio e, presumibilmente, finirai a letto con lui. Chiamiamolo.”

“No.”

Il labbro inferiore di Tia cominciò a protendersi, con un effetto sinistro.

Oh, no. Sta per mettere il broncio.

“La prendo come una questione personale, London” disse.

Naturalmente lo fai, London pensò.

Tia continuò: “E sono sicura che Bernard reagirà allo stesso modo. Hai dimenticato che noi ti abbiamo presentata a Ian?”

No, non l’ho dimenticato.

Tia proseguì: “Non ricordi che eri uno straccio dopo la rottura con quell’idiota di Albert?”

Certo che ricordo.

E, all’epoca, London era stata profondamente grata a Tia e suo marito, Bernard, per aver sistemato le cose con un uomo così normale, solido e piacevole. Era sembrato esattamente quello di cui aveva avuto bisogno dopo la relazione avuta con un imprevedibile sociopatico.

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