Prima Che Faccia Del Male

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Из серии: Un Mistero di Mackenzie White #14
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CAPITOLO QUATTRO

Nonostante fosse strano lasciare Kevin con entrambe le nonne, Mackenzie non poteva negare che le faceva piacere sapere che sua madre stava finalmente passando un po' di tempo con suo nipote. L'unica sua paura era che il lato testardo e piuttosto egoista della madre sarebbe saltato fuori e si sarebbe messa sulla difensiva appena avesse capito che Kevin e Frances avevano già formato una sorta di legame. Mentre lei e Ellington si facevano strada tra le sale vuote del quartier generale dell'FBI verso l'ufficio di McGrath, Mackenzie rifletteva su quanto fosse sbalorditivo che non ci fossero state difficoltà per la situazione attuale.

Quando entrarono, capirono che McGrath aveva concluso la giornata lavorativa. Stava sistemando alcune cartelle nella sua valigetta e sembrava essere di umore piuttosto allegro.

"Grazie per essere venuti con così poco preavviso."

"Nessun problema", disse Ellington. "In realtà, ci ha fatto una specie di favore".

"Ah, davvero?"

"Questioni di parentado", disse Mackenzie.

"Non sono affari miei, allora. Quindi sarò breve e conciso. Abbiamo una donna morta nello Utah. Il bureau è stato chiamato in causa perché, per quanto ne sanno le forze dell'ordine locali, la donna non è identificabile. Nessun documento, nessun numero di previdenza sociale, nessun certificato di nascita, nessun indirizzo conosciuto, niente".

"E perché chiamare agenti da Washington per gestire le indagini, piuttosto che agenti sul campo a Salt Lake City?" Chiese Mackenzie.

"Non conosco tutti i dettagli, ma l'ufficio operativo laggiù è un po' in difficoltà. A causa di alcune questioni passate con certi soggetti protetti, la sede di Salt Lake City deve essere incredibilmente attenta a come gestisce le indagini nella zona".

"È piuttosto vago" commentò Ellington.

"Beh, è tutto quello che ho per voi al momento. Posso anche aggiungere che esisteva un conflitto di interessi e che, dopo che la questione è finita in tribunale, il Bureau ne è uscito male. Così i capi di Salt Lake City ci hanno chiamato oggi per sapere se potevamo mandare degli agenti di Washington a investigare con discrezione. E, data la natura dell'omicidio, mi è sembrata una cosa che voi due potreste risolvere piuttosto facilmente. Andate laggiù, scoprite chi è e chi l'ha uccisa. E perché. Poi passate il caso alla polizia locale e tornate a casa".

"E qual è la natura dell'omicidio?" volle sapere Ellington.

"Vi farò mandare via e-mail i rapporti completi. Ma sembra che questa giovane donna stesse scappando da qualcuno a notte fonda. L'ipotesi più plausibile è che sia stata investita da un veicolo mentre scappava e che poi le sia stata tagliata la gola. Aveva anche una striscia di nastro adesivo sulla bocca, ma il medico legale pensa che sia stato messo dopo la morte".

Mackenzie rifletté che era proprio un caso adatto a loro. Non sapeva bene come sentirsi a riguardo.

"Quando vuole che partiamo?" Chiese Ellington.

"C'è un volo prenotato per entrambi alle cinque e quindici di domani mattina. Vorrei che lo prendeste e che foste sulla scena del crimine entro domani a mezzogiorno. So che la custodia di vostro figlio potrebbe essere un problema, per un caso come questo, ma…".

"Per una volta, penso che abbiamo già risolto" replicò Ellington.

"Aspetta, non so se…"

"È la storia del parentado a cui accennavate?" fece McGrath. Aveva finito di raccogliere le sue cose, e guardava con impazienza la porta.

"Sì, signore".

"Come ho detto prima, allora, non sono affari miei. Se avete un problemi con la custodia del bambino e solo uno di voi può partire, fatemelo sapere".

E, detto questo, indicò loro la porta.

***

"Sarò sincera", disse Mackenzie tornando all'appartamento. "Non ero troppo a mio agio all' idea che tua madre tenesse Kevin l'ultima volta che ci siamo occupati di un caso. Per qualche ora, d'accordo. Mi sta bene. Ma per diversi giorni…"

"Oh, ti capisco. Ma, visto che stiamo parlando francamente, neanche il pensiero di lasciarlo con tua madre per qualche giorno mi fa stare tranquillo".

"Oh Dio, no."

"Se ti dà fastidio l'idea che mia madre lo tenga, posso fare il marito premuroso e restare a casa. Sembra un caso piuttosto semplice e…"

"No. McGrath in realtà ha chiesto ad entrambi di occuparcene. Come una squadra. Tre mesi fa, pensava che lasciarci in coppia fosse una cattiva idea, quindi forse stiamo facendo qualcosa di giusto. Se ci sta dando questa possibilità, penso che dobbiamo coglierla".

"Sono d'accordo."

"Allora, cosa facciamo?"

Per un momento rimasero in silenzio, poi Ellington parlò. Quando lo fece, parlò lentamente, come per assicurarsi di usare le parole giuste o forse per essere convinto di quello che stava per dire. "Quali sono le probabilità che siano qui nello stesso momento? Davvero, pensaci. Le probabilità sono incredibilmente scarse. E se nessuno di noi due si fida delle nostre madri prese singolarmente…"

"Intendi dire che vuoi che facciano da babysitter in coppia?"

"Potrebbe funzionare. Hai visto come andavano d'accordo. E cielo, Kevin sembrava che fosse nel paradiso delle nonne".

"Tua madre si offenderà?"

"Ne dubito. La tua?"

"No. Accidenti, sarà lusingata che io le chieda una cosa del genere. Hai visto la sua espressione quando le ho detto che io e te dovevamo andare a un incontro veloce e che ci saremmo fidati che lo tenessero d'occhio loro?"

"Sì, l'ho notata." Ci pensò per un po', mentre giungevano all'incrocio dove avrebbero girato a sinistra per raggiungere il loro appartamento. "Allora… se vediamo che la casa non è andata a fuoco, vogliamo chiederlo a tutte e due?”

Mackenzie andò nel panico al pensiero, solo per un istante. Ricordava il breve incontro che aveva avuto con sua madre mesi prima – come sua madre avesse finalmente iniziato a rimettersi in piedi e ad agire in modo responsabile. Forse la sua visita e il desiderio di vedere finalmente suo nipote erano stati il punto di svolta. E se Mackenzie poteva fare in modo che la madre continuasse a muoversi nella giusta direzione, non spettava a lei, in quanto figlia, assicurarsi che ciò accadesse? Certamente, un paio di giorni con il nipotino di tredici mesi sarebbero stati d'aiuto.

Mentre salivano sull'ascensore del loro palazzo, Mackenzie prese la mano di Ellington. "A te sta bene? Sei sicuro?"

Lui fece un'espressione confusa, annuendo. "Sì. So che è strano, ma ne sono sicuro. Penso che andrà tutto bene. Tu?"

"Anch'io."

Entrarono nell'appartamento, di ritorno dopo circa ottanta minuti da quando se n'erano andati. Trovarono Frances che puliva il bancone della cucina mentre Patricia era seduta sul pavimento a giocare con Kevin. Al momento stavano giocando con la Ruota Parlante degli Animali, uno dei suoi giocattoli preferiti. Vedere sua madre sul pavimento che giocava con lui le riscaldò il cuore in un modo che non si aspettava. Diede una spintarella a Ellington appena varcata la porta, indicando che doveva essere lui a parlare.

"Allora… mamma? Signora White?"

"Oh, no, chiamami Patricia, ti prego."

"Ok… Mamma e Patricia. Allora, Mackenzie ed io abbiamo appena avuto l'opportunità di lavorare insieme su un caso. L'abbiamo già fatto, naturalmente, ma da quando ci siamo sposati, il Bureau è sempre stato un po' restio ad assegnarci casi in coppia. Ma stavolta è quello che ci è stato chiesto".

"Beh, è meraviglioso" disse Frances.

"Lo è. Solo che il caso è nello Utah. E dobbiamo essere su un aereo verso le cinque del mattino".

Patricia sollevò lo sguardo su di loro per la prima volta da quando erano entrati; la sua attenzione era rimasta per tutto il tempo su Kevin. "Si tratta di qualcosa di pericoloso?"

"Non più del solito", disse Mackenzie. "Ma ne stiamo parlando ad entrambe perché sappiamo quanto sia insolito che siate entrambe qui. Quindi, mamma… avevi programmato di rimanere in città per due giorni, giusto?"

"Sì, proprio così."

"E tu", disse Ellington, rivolto a sua madre, "ti sei presentata senza preavviso, il che mi fa pensare che tu non abbia impegni nell'immediato. Ci ho visto giusto?"

"Avevo previsto di tornare a casa domani, ma non ho nessun impegno, no".

"Mamma, c'è la possibilità di disdire la tua prenotazione in hotel e ottenere un rimborso?"

Patricia sembrò capire dove volesse andare a parare. Guardò Kevin con un sorriso smagliante, poi tornò a guardare la figlia con un po' di apprensione. "Mackenzie… non saprei. Naturalmente voglio farlo. Certo che lo voglio. Ma tu sei sicura?"

"Ci sareste entrambe", disse Mackenzie. "Se Frances se la sente. Due o tre giorni al massimo, credo. Siete d'accordo tutte e due?"

Le lacrime che spuntarono dagli occhi di sua madre erano la risposta di cui Mackenzie aveva bisogno. Eppure, Patricia annuì e si alzò in piedi. Quando si avvicinò e abbracciò sua figlia, Mackenzie a stento sapeva cosa fare. Ricambiò il gesto, senza capire bene cosa significasse il fatto che sembrasse un po' forzato e impacciato. Era davvero passato così tanto tempo da quando si erano abbracciate spinte dalle emozioni, piuttosto che da una esigenza sociale?

"Contate anche su di me", disse Frances. "Ho solo vestiti a sufficienza per un giorno o due, ma posso fare il bucato".

"Mackenzie, non so nemmeno da dove cominciare" disse Patricia. "È passato così tanto tempo da quando mi sono presa cura di un bambino e…"

"È come andare in bicicletta", le assicurò Frances. “E il piccolo Kevin è un angelo. Non dà affatto problemi".

"E vi lasceremo scritti i suoi orari" aggiunse Mackenzie.

"Oltre ai numeri del medico, dei vigili del fuoco e del centro antiveleni" scherzò Ellington.

Quando nessuno rise, fece una smorfia e uscì lentamente dalla stanza. Kevin, seduto sul pavimento, fu l'unico a reagire, allungando il collo per vedere dove stava andando il suo papà.

 

"Pensi di potercela fare, piccolino?" Chiese Mackenzie, chinandosi al suo livello.

L'unica risposta fu il suo solito sorriso e i suoi occhioni luminosi che guardavano la madre e le due donne più anziane dietro di lei.

CAPITOLO CINQUE

A metà del loro volo verso lo Utah, Mackenzie era alla seconda tazza del caffè amaro offerto dalla compagnia aerea, quando i primi segnali di preoccupazione iniziarono a manifestarsi. Guardò nel finestrino la luce dell'alba all'orizzonte, poi si voltò verso Ellington.

"Ti senti ancora tranquillo?"

"Io sì. Perché? Stai cambiando idea?"

"No. È solo che conosco mia madre. Voglio dire, è evidente che sta cambiando la sua vita in meglio e spero che passare un po' di tempo con Kevin contribuisca ad accelerare questi cambiamenti. Ma la conosco. So quanto può essere testarda. So quanto può mettersi sulla difensiva. Non posso fare a meno di chiedermi se le la convivenza tra le nostre madri finirà per trasformarsi in un incontro di wrestling".

"Basta che tengano Kevin al sicuro, e a me sta bene. A proposito, io scommetterei su tua madre".

Mackenzie capiva che era un po' preoccupato, ma stava cercando di fare il marito forte su cui lei potesse contare. Durante il loro matrimonio e gli anni di convivenza, lui aveva imparato quando assumere quel ruolo e quando fare un passo indietro e lasciare che fosse lei quella forte. Stava diventando molto bravo a fare entrambe le cose e sapeva quale ruolo ricoprire al momento opportuno. Mackenzie sospirò, si voltò a guardare fuori dal finestrino e gli prese la mano.

"Ehi, Mac? Va tutto bene, davvero. Andrà tutto bene. Questo fa parte dell'essere una famiglia, sai? Suoceri, parenti, tutto quanto."

"Lo so. Ma oggi è mia madre. E se domani all'improvviso mia sorella volesse mettersi a fare la zia?"

"Allora dovresti lasciarla fare. O, almeno, lasciarla provare".

"Oh, ma tu non conosci Stephanie…"

"E non conoscevo tua madre, fino a ieri. Eppure eccoci qui, in cielo, mentre lei e mia madre sono giù, a prendersi cura di nostro figlio. Posso dirti una cosa in tutta onestà…?"

"Certo."

"Penso che tu sia preoccupata perché non sei preoccupata. Tu ed io siamo stati entrambi sconvolti da quanto sia stato naturale. Forse dobbiamo solo andare avanti e concentrarci su questo caso. Le nostre madri ci hanno cresciuti e alla fine siamo venuti su bene".

"Sicuro?" fece lei con un sorrisetto.

"Beh, abbastanza bene".

Mackenzie continuò a sorseggiare il suo caffè e fece esattamente quello che aveva suggerito Ellington, allontanando i suoi pensieri dalla situazione sorprendente che avevano lasciato a casa e rivolgendoli al caso.

***

Noleggiarono un'auto e percorsero venticinque chilometri fuori da Salt Lake City, con l'obiettivo di battere di quasi un'ora la previsione di McGrath, che aveva previsto il loro arrivo a mezzogiorno. Il paese dove la donna senza identità era stata uccisa era un grazioso posticino chiamato Fellsburg. Era una cittadina piuttosto elegante, probabilmente il tipo di città che prosperava solo perché era così vicina a Salt Lake City. Mackenzie immaginava che quasi tutti gli abitanti facessero i pendolari ogni giorno, lavorando in città e poi tornando a casa in uno dei numerosi quartieri di Fellsburg.

Seguendo le annotazioni e le istruzioni contenute nelle informazioni inviate via e-mail da McGrath, Ellington guidò fino a un quartiere chiamato Plainsview. Aveva lo stesso aspetto degli altri due quartieri che avevano dovuto attraversare per arrivarci: case a due piani che sembravano fatte con lo stampino, giardini ben curati, lampioni ogni trenta metri.

Ma non dovettero avventurarsi molto lontano, a Plainsview. Dopo appena quattro case, videro un'auto della polizia parcheggiata sul lato della strada. Era l'agente con il quale Mackenzie aveva organizzato l'incontro quando aveva chiamato dall'aeroporto per annunciare il loro arrivo. Stava già scendendo dalla sua auto di pattuglia, quando Ellington accostò dietro di lui.

I tre si incontrarono tra le auto, facendo un giro di presentazioni. Il distintivo e la spilla che indossava sul petto indicavano che si trattava dello Sceriffo Burke.

"Agenti", disse Burke. "Grazie per essere venuti. Sono lo sceriffo Declan Burke."

Mackenzie ed Ellington gli diedero i loro nomi, stringendogli la mano. Mackenzie supponeva che Burke avesse una cinquantina d’anni. Aveva una folta barba che aveva bisogno di una spuntatina e un viso duro. Gli occhi erano nascosti dietro un paio di occhiali da sole modello aviatore, anche se la mattinata non era affatto luminosa.

"È qui che è stato scoperto il corpo?" Chiese Mackenzie.

"È così. Proprio lì". Burke indicò un punto leggermente a destra del centro della carreggiata.

"Secondo il rapporto, non aveva niente con sé, tranne la patente di guida, giusto?"

"Quella, e un paio di sandali. Erano bagnati dalla poca pioggia che c'era stata quel giorno. Ma non li aveva ai piedi, i sandali. All'inizio ho pensato che li avesse persi nell'impatto con la macchina, ma il medico legale mi ha fatto notare che aveva dei tagli e delle abrasioni ai piedi che suggerivano che se li era tolti nella speranza di correre più veloce".

"Ha idea di quanto abbia corso?" Chiese Ellington.

"Non ne siamo molto sicuri. C'è un campo, a circa due chilometri e mezzo da qui, che presenta segni del passaggio di qualcuno quella stessa notte. Ma con tutte quelle erbacce è impossibile dire con certezza se si trattasse di questa donna – o di un essere umano. Potrebbe essere stato un cervo o qualcosa del genere".

"E nessuno ha visto niente da queste parti?" Chiese Mackenzie. Guardò le belle abitazioni in fondo alla strada, che saliva in una leggera pendenza. C'erano un sacco di lampioni. Era difficile credere che nessuno avesse visto niente.

"Io e i miei uomini abbiamo interrogato tutti i proprietari che abitano su questa strada. Una persona che era ancora sveglia sostiene di aver visto una vecchia auto attraversare il quartiere con i fari spenti. Ma non ha preso il numero di targa".

"E la ragazza?" disse Ellington. "Non si sa nulla della sua identità?"

"Non abbiamo scoperto niente. La patente di guida era falsa. E anche dannatamente credibile. Naturalmente le abbiamo preso le impronte digitali e le abbiamo prelevato il sangue. Non corrispondono a nessuno nel sistema."

"Non ha senso", commentò Ellington.

"Ed è per questo che vi abbiamo chiamati. Avete visto le foto del corpo sulla scena, presumo?"

"Sì", disse Mackenzie. "Nastro adesivo nero sulla bocca". Il medico legale ritiene che sia stato messo dopo la morte".

"È così. Abbiamo controllato il nastro in cerca di impronte, ma non abbiamo trovato nulla".

Mackenzie aveva studiato per un po' quella striscia di nastro adesivo nelle fotografie, la sera prima e quella mattina sull'aereo. Riteneva che potesse essere simbolica, un modo per l'assassino di far sapere alla donna che anche da morta doveva stare zitta. Ma perché? Che cosa aveva da dire?

"Senza un'identità, immagino che sia stato praticamente impossibile individuare amici o familiari", disse Ellington.

"Esatto. Non abbiamo niente. Quindi ora vi passo volentieri il testimone. Volete che faccia qualcosa per voi?"

"In realtà, sì", disse Mackenzie. "Non sono state trovate impronte sulla patente di guida?"

"Solo quelle della ragazza."

"Com'è il laboratorio della scientifica della vostra stazione di polizia?"

"Non certo all'avanguardia, ma è migliore rispetto a quelli della maggior parte delle città di queste dimensioni".

"Chieda a quelli della scientifica di esaminare meglio quella patente. Devono controllarla al microscopio con una luce ultravioletta. Alcuni falsari appongono una firma o un marchio sul loro lavoro. È sempre ben nascosto, ma a volte c'è. Una specie di dito medio rivolto a gente come noi".

"Lo farò", disse Burke. "C'è altro?"

Mackenzie stava per chiedere a Ellington cosa ne pensasse, ma fu interrotta dal suo cellulare. Era in modalità silenziosa, ma tutti potevano sentirlo vibrare da dentro la tasca della sua giacca. Si girò e tirò fuori il telefono dalla tasca. Era irritata e un po' allarmata nel vedere che era sua madre. Fu tentata di ignorare la chiamata, ma il pensiero che lei e Frances stessero badando a Kevin la spinse a rispondere.

Si allontanò di qualche passo e rispose, temendo già le notizie che l'attendevano.

"Ciao, mamma. Va tutto bene?"

"Sì, tutto va bene. Kevin sta benissimo".

"Allora perché hai chiamato? Lo sai che sono proprio all'inizio delle indagini, vero?"

"Certo. Ma voglio solo sapere una cosa. Frances è sempre così autoritaria?"

"Che cosa intendi dire?"

"Solo che è un po' prepotente. So che ha frequentato Kevin più di me, ma si comporta come se conoscesse ogni singolo dettaglio di lui, e mette in discussione tutto quello che faccio io".

"E mi chiami per questo?"

"Sì, mi dispiace, Mackenzie, io…"

"Siete entrambe donne adulte. Troverete un modo per lavorare insieme. Ora devo andare. Per favore, mamma… non chiamarmi più, a meno che non sia urgente".

"D'accordo." C'erano dolore e delusione nella sua voce, ma Mackenzie li ignorò.

Riagganciò e tornò da Ellington e Burke. Burke la guardò quasi in segno di scuse mentre tornava alla sua auto di pattuglia. "Stavo giusto dicendo al suo collega che abbiamo preparato un ufficio per voi alla stazione di polizia. Io devo occuparmi di qualcos'altro ora, ma voi accomodatevi pure. E non esitate a chiamarmi subito se salta fuori qualcosa di urgente".

Sembrava sollevato di uscire di scena, mentre saliva in macchina. Rivolse loro un rapido cenno prima di partire, lasciandoli a osservare il tratto di strada dove la donna misteriosa era stata uccisa.

"Chiamata importante?” Chiese Ellington.

"Era mia madre".

"Oh? Tutto bene?"

"Sì, mi ha chiamato solo per farmi sapere che l'incontro di wrestling è ufficialmente iniziato".

CAPITOLO SEI

La prima cosa che Mackenzie fece quando arrivarono alla centrale fu esaminare i documenti fisici per poter vedere le foto reali della scena del crimine, piuttosto che quelle digitali che erano state date a lei e a Ellington. Le distribuì sul grande tavolo che occupava quasi tutto il loro ufficio e si chinò sopra di esse per qualche istante. Mentre le studiava, Ellington cominciò a prendere appunti sul suo cellulare.

La ragazza era piuttosto giovane. Mackenzie dubitava che avesse più di vent'anni. Era bionda e aveva un viso che molti avrebbero considerato carino. Ma aveva qualcosa, visibile persino sul volto morto e senza emozioni, che dava a Mackenzie l’idea che potesse essere una ragazza scappata di casa o una vagabonda. Oppure che avesse subito un trauma di recente. Il pallore della sua pelle sembrava raccontare di una vita dura e pesante. “Nessuna identità", disse, parlando più a se stessa che a Ellington. "Mi chiedo se facesse parte della Protezione Testimoni".

"Protezione testimoni? È un’ipotesi azzardata. Soprattutto con una patente falsa".

"Beh, non ha documenti veri e propri e stava scappando da qualcuno. Se facesse parte della protezione testimoni e fosse stata in fuga, questo ci darebbe almeno un punto di partenza. Forse qualcuno del suo passato l'ha trovata".

"Ecco perché ti amo. Preferisci analizzare a fondo una teoria senza capo né coda, piuttosto che ammettere di non avere un punto di partenza".

"C'è sempre un punto di partenza", replicò Mackenzie, guardando ancora le foto. "È solo che a volte è proprio la parte più difficile".

Tirò fuori il cellulare, guardando alternativamente i suoi contatti e le foto della ragazza morta sul tavolo.

"Chi vuoi chiamare?"

"Mi farò mettere in contatto da Washington con l'ufficio degli US Marshals per vedere se mi possono procurare una lista".

Ellington, chiaramente sorpreso dalla sua idea, annuì comicamente. "Certo, buona fortuna".

Mentre rispondevano al telefono e la mettevano in attesa per poi metterla finalmente in comunicazione con l'ufficio dei Marshal, lei continuò a osservare le foto. Le ferite provocate dal veicolo che l'aveva colpita non erano lampanti nelle immagini, ma il netto taglio sulla gola era evidente. Il selciato nelle foto era leggermente bagnato e luccicante, rendendo quasi surreale il rosso scuro che le usciva dal collo.

"Sono il vice direttore Manning", disse una voce roca dall'altra parte del telefono. "Chi parla?”

 

"Sono l'agente speciale Mackenzie White, dell'FBI. Sto lavorando a un caso a Salt Lake City che credo possa coinvolgere una giovane donna della Protezione Testimoni. Non abbiamo nessun identificativo. Le sue impronte non sono in nessun database e la patente trovata sul suo corpo è contraffatta. Sto facendo un salto nel buio, sperando che sia nel vostro sistema".

"Agente White, sa che non posso darle l'identità delle persone coinvolte nel nostro programma. Significherebbe infrangere almeno una decina di leggi e normative".

"Ne sono consapevole. Ma se le mandassi una foto? Usando il riconoscimento facciale, forse potrebbe venirle in mente qualcosa e…".

"Mi perdoni, ma anche se sospetta solo che potrebbe essere parte della Protezione Testimoni, mandare una foto infrangerebbe ancora più regole".

"Dato che si tratta di una foto della scena del crimine, penso che sia lecito", sbottò Mackenzie. "È stata investita da un veicolo e poi le hanno tagliato la gola. Quindi non è che le manderei una foto frivola".

Manning emise un profondo sospiro che indicava che Mackenzie stava per ottenere ciò che voleva. "Mi mandi la foto e incaricherò qualcuno di eseguire una ricerca con il riconoscimento facciale. Naturalmente non posso promettere nulla. Ma vedrò cosa possiamo fare".

"Grazie".

"La contatteremo appena possibile". Le disse dove mandare la foto, poi riagganciò.

Ellington aveva esaminato il rapporto del medico legale mentre lei parlava con Manning. "Hai vinto tu, eh?"

"Avevi dei dubbi?"

Scosse la testa e le consegnò il rapporto del medico legale. "Questo è l'ultimo, fresco di stampa, di circa cinque ore fa. Interessante, non trovi?"

Mackenzie scorse il rapporto, tralasciando le parti più ovvie e arrivando agli aggiornamenti più recenti. Quello che trovò sembrava davvero interessante. Secondo gli ultimi aggiornamenti del coroner, sembrava che la vittima in passato avesse subito la rottura di diverse ossa che non erano guarite correttamente. Due costole, il polso sinistro e una frattura al braccio destro. Secondo gli appunti del medico legale, le ossa del polso sinistro sembravano non essere mai state correttamente sistemate.

"Pensi a maltrattamenti domestici?" Chiese Mackenzie.

"Stava scappando da qualcuno e aveva parecchie vecchie fratture non sistemate. Quindi sì… penso ad abusi domestici e forse anche qualcosa di più oscuro. Mi chiedo se magari sia stata tenuta prigioniera. Non aveva esattamente un aspetto sano. Secondo il rapporto, pesava solo cinquantadue chili. E poi il suo volto nelle foto… ha un che di… non so…".

"Temprato", completò Mackenzie per lui.

"Sì, è il termine giusto."

"Quindi forse era tenuta prigioniera ed è riuscita a scappare dal suo aguzzino. E quando l'ha raggiunta, ha pensato che sarebbe stato più facile ucciderla, piuttosto che catturarla di nuovo".

"Ma il fatto che il suo carceriere l'abbia uccisa così senza tanti problemi, significa che sapeva che non aveva un'identità".

Era una giusta osservazione, ed entrambi rimasero in silenzio per rimuginarci sopra individualmente. Mackenzie pensò a una ragazza che forse aveva attraversato un campo umido e poi si era messa a correre su una strada bagnata dalla pioggia. Era scalza, apparentemente con i sandali in mano. La scena presentava due interrogativi, ma non era sicura di quale fosse il più importante.

Il primo era: da cosa stava scappando?

Il secondo, riflettendoci, iniziava a sembrare più pressante. "Dove stava andando?” Mackenzie chiese ad alta voce. “Non può essere una coincidenza che abbia scelto quel quartiere. So che non ci sono prove che sia stata lei ad attraversare il campo, come ha spiegato lo sceriffo Burke, ma se fosse stata davvero lei? Avrebbe potuto andare in qualsiasi direzione e scegliere qualsiasi quartiere. Allora perché proprio quello?"

Ellington sorrise annuendo, cogliendo il motivo del suo entusiasmo. "Perché non andiamo a scoprirlo?"

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