Prima Che Faccia Del Male

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Из серии: Un Mistero di Mackenzie White #14
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CAPITOLO SETTE

Erano fortunati che fosse sabato e quasi tutte le auto del quartiere fossero parcheggiate nei vialetti o nei garage aperti. Arrivarono nel quartiere di Plainsview alle 15:10, e parcheggiarono nello stesso punto in cui avevano incontrato lo sceriffo Burke. Era un pomeriggio di marzo soleggiato, non esattamente freddo, ma certo nemmeno caldo. In ogni caso, Mackenzie non pensava che avrebbero avuto problemi a trovare persone con cui parlare.

"Tu prendi la destra, io la sinistra", disse Ellington mentre scendevano dall'auto.

Mackenzie annuì, consapevole che la maggior parte degli agenti in coppia sceglieva di non separarsi. Lei ed Ellington tuttavia si fidavano l'uno dell'altro a un livello tale da permettere un approccio di questo tipo. Non solo per il loro solido rapporto lavorativo, ma anche per il legame dato dal matrimonio. Si separarono senza tanto clamore e imboccarono i rispettivi lati della strada.

La prima casa dal lato di Mackenzie fu un gioco da ragazzi, dato che la madre e la figlia si trovavano nel giardino anteriore. La figlia doveva avere sei anni e pedalava su un triciclo su e giù per il marciapiede. La madre era seduta sul portico, intenta a guardare il cellulare. Quando Mackenzie si avvicinò, alzò lo sguardo e le rivolse un sorriso.

"Posso aiutarla?" chiese. Il suo tono indicava che non ne aveva alcuna intenzione, soprattutto se Mackenzie era lì per vendere qualcosa.

Mackenzie si allontanò un po' dalla bambina, prima di tirare fuori il distintivo e presentarsi. "Sono l'agente Mackenzie White, dell'FBI. Io e il mio partner stiamo perlustrando il quartiere per vedere se riusciamo a trovare qualche informazione sul pirata della strada di due notti fa".

"No. L'ho già detto ai poliziotti. Da quello che mi hanno detto, ritengono che l'incidente sia avvenuto dopo la mezzanotte, e a casa mia andiamo tutti a dormire entro le undici".

"Per caso sa chi ha trovato il corpo?"

"Non con certezza. Circolano voci di ogni tipo e non so a quali credere. Dopo un po', ho smesso di prestar loro attenzione, capisce?"

"Tra queste voci, qualcuna proviene da una persona che ritiene affidabile?"

"Temo di no".

"Beh, grazie per il suo tempo."

Si voltò e salutò la bambina con la mano, mentre si dirigeva verso la casa accanto. Bussò tre volte, senza però ricevere risposta. Ottenne lo stesso risultato alla terza casa. Alla quarta casa il risultato fu diverso. La porta fu aperta appena suonò il campanello.

Mackenzie si ritrovò di fronte una signora che doveva avere poco meno di sessant'anni. Aveva in mano un detergente per i vetri e un piumino per spolverare. Alle sue spalle si sentiva della musica rock anni Settanta; Peter Frampton, se la sorprendente conoscenza musicale di Mackenzie non sbagliava. Era stata chiaramente distolta dalle sue pulizie, ma salutò comunque Mackenzie con un sorriso.

"Mi dispiace di averla disturbata. Sono l'agente White, FBI". Mostrò il suo distintivo e la donna la fissò come se Mackenzie avesse appena eseguito un trucco di magia. "Sto perlustrando il quartiere in cerca di qualsiasi informazione utile sul pirata della strada che ha investito una ragazza su in questa strada due sere fa".

"Oh, certo", disse la donna. E così, le sue pulizie furono dimenticate. "Avete trovato il colpevole?"

"Non ancora. Per questo siamo qui, per cercare di trovare qualche pista. Per caso ha visto o sentito qualcosa, quella notte?"

"No. E credo che nessuno abbia visto o sentito qualcosa. E questa è la cosa più spaventosa".

"In che senso?"

"Beh, questo è un quartiere molto tranquillo. Ma siamo anche in mezzo al nulla. Certo, Salt Lake City è a meno di trenta chilometri di distanza, ma come può vedere, qui non si ha la sensazione di essere in una grande città".

"Che tipo di pettegolezzi circolano?"

"Nessuno, che io sappia. È una cosa troppo orribile per parlarne". Fece un passo oltre la porta, avvicinandosi a Mackenzie in modo da poter parlare in tono cospiratorio. "Ho la sensazione che quasi tutti in questo quartiere credano che, non parlandone, l'intera faccenda sparirà, che tutti se ne dimenticheranno".

Mackenzie annuì. Aveva lavorato a diversi casi in cittadine come quella. Tuttavia, sapeva anche che era proprio in piccole Comunità che le dicerie tendevano a piantare le proprie radici e a crescere.

Tuttavia, proseguendo lungo la strada, non era così sicura che fosse il caso di Plainsview. Aveva riscontrato due atteggiamenti principali tra i residenti: quelli che erano irritati dalla visita dell'FBI perché avevano già parlato con la polizia, e quelli che erano sinceramente preoccupati per il loro quartiere, ora che era coinvolto il Bureau.

L'ottava abitazione a cui giunse era piuttosto insignificante. Non c'erano fiori nelle aiuole, solo del terriccio ormai scolorito. Nonostante ci fossero dei mobili sul portico, erano in cattivo stato, una delle sedie ricoperta di ragnatele. Si trovava a due case di distanza dal primo incrocio del quartiere, e non spiccava molto, ma Mackenzie intuì che alcuni dei proprietari più anziani potessero disapprovare quella casa.

Bussò alla porta e sentì un leggero fruscio di passi all'interno. Passarono altri dieci secondi prima che qualcuno aprisse. La porta fu aperta solo di uno spiraglio.

Una giovane donna sbirciò fuori, scrutando Mackenzie con occhi scuri che suggerivano fosse una persona diffidente.

"Sì?" chiese la giovane donna.

Mackenzie mostrò il suo distintivo e il tesserino, riflettendo che quella ragazza le faceva una strana impressione. Tutti gli altri avevano spalancato la porta, mentre lei sembrava usare la sua come uno scudo. Forse faceva parte del gruppo di cittadini che aveva reagito con assoluto terrore davanti all'omicidio.

"Sono l'agente White, dell'FBI. Speravo di poter fare qualche domanda sull'investimento avvenuto qui due notti fa".

"A me?" chiese quella, confusa.

"No, non solo a te. Io e il mio partner stiamo andando porta a porta facendo domande a tutti i residenti. Scusa se te lo chiedo, ma mi sembri parecchio giovane. I tuoi genitori sono in casa?".

Un lampo di irritazione attraversò il volto della ragazza. "Ho vent'anni. Vivo qui con le mie due coinquiline."

"Oh, chiedo scusa. Allora… ricordi qualcosa di interessante di quella notte?"

"No, insomma, da quanto ho capito, è successo molto tardi. Di solito mi addormento alle dieci o alle undici".

"E non hai sentito niente?"

"No."

La ragazza continuava a non aprire la porta. Parlava anche abbastanza velocemente. Mackenzie non pensava che nascondesse qualcosa, ma si comportava in un modo che le dava da pensare.

"Come ti chiami?"

"Amy Campbell".

"Amy, le tue coinquiline sono in casa?"

"Una sì. L'altra è fuori a fare commissioni".

"Sai se hanno visto o sentito qualcosa di strano, la notte dell'incidente?"

"Non sanno niente. Ne abbiamo parlato tra noi, cercando di capirci qualcosa. Ma quella notte dormivamo tutte, alle dieci e mezza".

Mackenzie stava per chiedere di entrare in casa, ma decise di non farlo. Amy era chiaramente terrorizzata dalla situazione e non aveva senso peggiorare le cose. Mentre quel momento di tensione passò tra di loro, Mackenzie colse del movimento dietro ad Amy. Un'altra donna stava camminando lungo il corridoio, per poi girare a sinistra in un'altra stanza. Sembrava avere circa l'età di Amy e aveva un viso spigoloso. I suoi capelli, che sembravano castani, erano raccolti in uno chignon disordinato. Mackenzie era tentata di chiedere chi fosse, ma intuì che se l'avesse fatto, avrebbe potuto rovinare l'equilibrio che aveva costruito con Amy.

"Come hai saputo dell'omicidio?"

"Dalla polizia. Quella mattina sono passati, facendo esattamente quello che sta facendo lei ora".

"E hai detto loro esattamente quello che stai dicendo a me?"

"Sì, sinceramente non ho visto niente. Non ho sentito nulla. Vorrei potervi aiutare perché è terribile… ma stavo dormendo".

In quel commento Mackenzie percepì una certa emozione. Amy era triste, oppure disperata per qualcosa, il che aveva perfettamente senso, visto quello che era successo proprio nella sua strada appena due sere prima. Eppure, si comportava in modo molto più strano di chiunque altro con cui aveva parlato. Mackenzie infilò la mano nella tasca interna della giacca e tirò fuori uno dei suoi biglietti da visita. Quando lo consegnò ad Amy, la ragazza lo prese velocemente.

"Per favore, chiamami se a te o alle tue coinquiline viene in mente qualcosa, o se senti anche solo qualche vicino di casa parlare di qualcosa di strano. Puoi farlo?"

"Sì. Buona fortuna, agente."

Amy Campbell chiuse rapidamente la porta, lasciando Mackenzie da sola sul portico sudicio. Scese lentamente i gradini, riflettendo su alcune cose.

Una ventenne che prende in affitto una casa in un quartiere come questo… è un po' strano. Ma se ha dei coinquilini, potrebbe essere che siano studentesse universitarie di qualche college di Salt Lake City. Forse è una sistemazione più economica di un alloggio nel campus.

Anche se tutta la faccenda le sembrava un po' strana, dovette ricordare a se stessa che su quella strada era avvenuto un brutale omicidio. Le persone affrontavano la cosa in modo diverso, soprattutto ragazze in età universitaria che sapevano che la vittima aveva più o meno la loro età.

Mackenzie rifletteva su questa conclusione mentre tornava verso la strada. Così facendo, passò davanti a due macchine ferme sul vialetto asfaltato di Amy Campbell. Erano entrambe piuttosto vecchie, una delle quali era una Pontiac del 2005 che sembrava potesse sfasciarsi alla prima buca.

Prima di proseguire lungo la strada. Mackenzie prese il cellulare. Digitò il nome di Amy e l'indirizzo, nel caso le fosse servito in futuro. Era solo un'intuizione, ma il più delle volte le intuizioni di Mackenzie alla fine si rivelavano esatte.

 

Rimise il telefono in tasca e proseguì lungo la strada per bussare ad altre porte.

CAPITOLO OTTO

Otto minuti e tre case dopo, il viaggio di Mackenzie nel quartiere di Plainsview fu interrotto da una telefonata. All' altro capo del telefono era lo sceriffo Burke, con la voce in qualche modo più roca. Aveva una di quelle voci inespressive che rendevano praticamente impossibile capire di che umore fosse.

"Ho appena ricevuto una chiamata dal laboratorio della scientifica. Con la lampada a raggi UV non hanno trovato alcun tipo di firma nascosta. Ma hanno scoperto un'impronta parziale del pollice che non apparteneva alla ragazza".

"Ne è venuto fuori qualche risultato?"

"Sì, l'ho appena controllato. L'impronta appartiene a un tizio di nome Todd Thompson. Uno dei miei agenti sta effettuando una ricerca su di lui proprio ora".

"Quindi, nessuna firma… il che significa che ci sono buone possibilità che la patente sia stata rilasciata in modo regolare."

"Ma non ha comunque alcun senso. Il nome sulla patente non corrisponde a nessuno di quelli presenti nei nostri registri. Nemmeno le impronte digitali. Se la foto sulla patente non fosse praticamente identica a lei, direi che l'ha rubata da qualche parte".

"Suppongo che potremmo condurre una ricerca tra le donne che hanno denunciato la perdita del portafoglio o della patente nell'ultimo mese".

"L'abbiamo già fatto il primo giorno. Non è venuto fuori niente. Abbiamo anche cercato di… Aspetti, c'è l'agente con i risultati su Todd Thompson. La metto in vivavoce, agente White."

Ci fu un fruscio, un clic, e poi si udì un'altra voce. Era una voce femminile, severa come quella di Burke, ma con più emozione. Nel suo tono c'era eccitazione, perché forse sospettava che quello che stava per dire avrebbe potuto benissimo condurli verso la conclusione del caso.

"Una semplice ricerca nei registri statali mostra che Todd Thompson è originario di Salt Lake City. Ha cinquantatré anni e… senta questa, lavora alla motorizzazione".

Il collegamento con la motorizzazione sicuramente gettava nuova luce sulla strana patente di guida. Mackenzie poteva quasi sentire il rumore degli ingranaggi mettersi in moto nella sua testa, mentre ogni pezzo andava al suo posto.

"Ha il suo indirizzo di casa?"

"Sì. Esaminerò il rapporto e glielo invierò non appena riattacchiamo".

"Perfetto".

Finirono la telefonata e Mackenzie guardò in fondo alla strada, da dove era arrivata. Il luogo dell'omicidio non era più visibile, circa sei case più giù e in un altro isolato. Si guardò intorno e vide che Ellington era una casa davanti a lei. In quel momento stava parlando con un signore anziano davanti all'ingresso. Era abbastanza sicura che sarebbe stato più che felice di terminare quel giro porta a porta.

Si precipitò dall'altra parte della strada per dargli gli ultimi aggiornamenti, mentre una fredda brezza pomeridiana soffiava nel quartiere.

***

Secondo il rapporto che Burke e la sua agente avevano inviato, Todd Thompson aveva qualche piccolo precedente sulla sua fedina penale. Due multe per divieto di sosta non pagate (il che Mackenzie trovava alquanto buffo, considerato il suo mestiere), e una denuncia per furto con scasso di quasi trent'anni prima. A parte questo, Todd Thompson sembrava pulito. Eccetto per il fatto che l'impronta del suo pollice era stata rilevata sulla patente presumibilmente falsa di una donna che sembrava non avere un'identità.

Mackenzie raccontò tutto questo a Ellington mentre lui guidava verso la città. Gli raccontò anche il suo singolare incontro con Amy Campbell. A quanto pareva, era stata la visita più interessante tra le diciannove che avevano effettuato. Ellington era d'accordo che l'umore di Amy potesse essere semplicemente dovuto al fatto che una ragazza della sua età fosse stata uccisa a meno di trecento metri dalla porta di casa sua.

Mentre entravano in città diretti alla residenza di Todd Thompson, entrambi pensavano che quello avrebbe potuto essere l'incontro che avrebbe risolto il caso. Mackenzie non lo disse ad alta voce, ma era ansiosa di tornare a casa. Quella singola telefonata di sua madre l'aveva turbata più di quanto fosse disposta ad ammettere e si sentiva improvvisamente stupida a pensare che sua madre sarebbe stata in grado di occuparsi di un bambino senza mettersi al centro di tutto.

La notte iniziava a calare sulla città quando Ellington parcheggiò l'auto davanti al condominio di Thompson. Viveva in una delle zone più belle della città, e il palazzo si trovava su un angolo che si affacciava su un parchetto e su una piazza dove sembrava che nel fine settimana venissero allestiti mercati contadini e fiere dell'artigianato. Quando entrarono, alcuni venditori stavano finendo di imballare la merce al termine della giornata.

Quando Mackenzie bussò alla porta dell'appartamento al secondo piano, si chiese a quante porte avesse bussato quel giorno. Undici? Dodici? Non era sicura.

"Un minuto", disse un'allegra voce maschile dall'altra parte. Quando la porta finalmente si aprì, furono accolti non solo da un uomo afroamericano di mezza età, ma anche dal profumo di cibo thailandese.

"Lei è il signor Todd Thompson?" Chiese Ellington.

"Sono io", disse. All'inizio parve confuso, ma quando vide entrambi gli agenti prendere il distintivo, sul suo viso si diffuse la comprensione. Vedendo quell'espressione, Mackenzie si rese conto che il signor Thompson si aspettava questa visita da un bel po' di tempo.

"Siamo dell'FBI", disse Mackenzie. "Stiamo indagando sull'omicidio di una giovane donna a una trentina di chilometri a nord da qui. Dato che le sue impronte digitali sono state rilevate sulla sua patente, le sarei grato se ci facesse entrare".

Thompson annuì, si fece da parte e li fece entrare. Ora più che mai, Mackenzie fu certa che sapesse che quel giorno sarebbe arrivato. Stranamente, non sembrava spaventato più di tanto. A ulteriore conferma di questo, dopo aver chiuso la porta dietro di loro, Thompson andò immediatamente al tavolo della cucina e si sedette davanti al suo cibo da asporto thailandese.

"Mi perdoni se glielo dico," disse Mackenzie, "ma lei non sembra così sconvolto dal fatto che l'FBI si presenti alla sua porta".

"Con le prove che lei ha toccato la patente di una donna ora morta", aggiunse Ellington.

"Quando è stata uccisa?" Chiese Thompson. Sembrava triste, e il suo sguardo si fece sempre più distante, man mano che consumava la cena.

"Davvero non sa di chi stiamo parlando?".

"No, ma so delle patenti."

"Le patenti, al plurale?" Chiese Mackenzie.

Thompson prese un ultimo boccone, poi lasciò cadere la forchetta di plastica nel cibo e allontanò il piatto da sé. Fece un profondo sospiro e guardò gli agenti con occhi tristi. "Sì. Probabilmente ce ne sono un bel po' in giro".

"Le sue parole non hanno senso, signor Thompson", disse Mackenzie. "Perché non ci dice come mai l'impronta del suo pollice è apparsa sulla patente falsa di una donna morta?"

"Perché l'ho fatta io. Anche se quando le produco della polvere che in teoria dovrebbe evitare di lasciare le mie impronte digitali. Avete usato gli UV?"

"Esatto".

"Merda. Beh, sì… l'ho fatta io la patente."

"Alla motorizzazione, presumo?" Chiese Mackenzie.

"Sì".

"La ragazza l'ha pagata? Il nome sulla patente era Marjorie Hikkum".

"No, è sempre la stessa signora che mi paga".

Mackenzie cominciava ad irritarsi per il modo in cui Thompson spiegava le cose. A giudicare dal modo in cui Ellington serrava la mascella, anche lui si stava spazientendo.

"Signor Thompson, la prego di spiegarci di cosa diavolo sta parlando".

"Lo faccio da circa tre anni, ormai. Questa signora arriva, fa finta di avere bisogno di un consulto e mi passa del denaro. Cinquecento dollari per ogni documento. Una settimana dopo, le do quello che mi ha chiesto".

"Capisce quanto tutto ciò sia estremamente illegale, vero?" Chiese Ellington.

"Certo. Ma questa donna… sta cercando di fare del bene. Si procura quei documenti perché sta cercando di aiutare quelle ragazze".

"Quali ragazze?" chiese Ellington, quasi sbraitando.

Thompson li guardò, confuso. Ci mise un attimo a capire cosa stesse succedendo poi rivolse loro uno sguardo di scuse. "Accidenti. Mi dispiace. Visto che siete venuti qui a chiedermi della patente e di una ragazza morta, immaginavo che sapeste già tutto. I documenti che fabbrico sono per le donne che riescono a scappare da quella folle fattoria dall'altra parte di Fellsburg".

"Quale folle fattoria?" Chiese Mackenzie.

A quella domanda Thompson sembrò davvero preoccupato per la prima volta da quando avevano bussato alla sua porta. Fece una leggera smorfia e scosse leggermente la testa. "Non mi sembra giusto parlarne. Ci sono poteri troppo forti in gioco, capite?".

"No, non capiamo." Anche se ricordava che McGrath aveva dichiarato che c'era una specie di Comunità religiosa in zona, il che era uno dei motivi per cui gli agenti del posto si erano buttati a capofitto sul caso.

"Beh, signor Thompson, odio comportarmi in questo modo", disse Ellington, "ma lei ha già confessato di aver falsificato dei documenti. Se volessimo, potremmo arrestarla per questo e assicurarci che passi almeno sei mesi in una prigione federale. E potrebbe andare anche peggio, in base a chi li ha venduti". Tuttavia, se ci racconta delle donne a cui sono destinate questi documenti d'identità e ci aiuta nelle indagini, allora potremmo in parte passarci sopra. Ci limiteremmo ad assicurarci che lei smetta di creare documenti falsi in una sede governativa come la motorizzazione".

Thompson sembrava un po' imbarazzato per essere caduto in quella trappola. L'espressione afflitta sul suo volto si tramutò in un sorriso di resa. "Potete tenere fuori il mio nome?".

"A meno che non ci siano circostanze aggravanti, non vedo perché no", disse Mackenzie. "Teme che qualcuno possa provare a vendicarsi?"

"Con queste persone, non lo so proprio". Quando vide che gli agenti non capivano ancora bene di cosa stesse parlando, sospirò di nuovo e proseguì. "Questa donna entra e compra i documenti. Se li procura per le donne che cercano di fuggire dalla Comunità". Li usano per ricominciare, è solo una piccola cosa che può aiutarle a iniziare una nuova vita. Una vita normale".

"Cos'è la Comunità?" Chiese Ellington.

"Una Comunità religiosa venticinque chilometri oltre Fellsburg, a circa quaranta minuti di distanza da qui. Molte persone lo sanno, ma nessuno ne parla veramente". Quando lo fanno, è in maniera scherzosa o come quando si raccontano storie paurose in campeggio".

"Sa come mai le donne che entrano in questa Comunità dovrebbero volerne poi fuggire?

Thompson si strinse nelle spalle. "Non lo so con certezza. Ed è la verità. Sinceramente, di quel posto non so molto di più di qualcuno a caso che potreste interpellare per strada. Mi limito a fabbricare e vendere quei documenti".

"Non sa nulla di ciò che praticano?".

"Si dice che sia una specie di culto poligamo. Dicono che alcuni uomini abbiano tre o quattro mogli. Dovrebbero essere molto religiosi – roba da Antico Testamento".

"E che mi dice di questa donna che compra i documenti da lei? Cosa sai di lei?"

"Non molto. Quando è venuta da me e mi ha chiesto se volevo prendere parte a tutto questo, una delle cose che ha detto è che non potevo fare domande. Ho pensato che scherzasse, poi però mi ha dato cinquecento dollari. E sentite… ho quasi sessant'anni e sono ancora pieno di debiti. Non posso rinunciare a quei soldi".

"Non sa nemmeno il suo nome?". Chiese Ellington.

"No, mi dispiace".

"Può descriverla?"

"E' piuttosto giovane. Avrà tra i venticinque e i trent'anni, se dovessi tirare a indovinare. Attraente. Capelli castani, porta gli occhiali."

"Le viene in mente altro?" Chiese Mackenzie. "Qualsiasi cosa".

"Una volta ho intravisto la sua macchina. Era venuta solo tre volte. La seconda volta, mi sono precipitato nell'atrio anteriore qualche secondo dopo di lei. L'ho vista uscire attraverso la vetrata. Si è affrettata ad attraversare il parcheggio ed è salita in macchina. Una vecchia auto rossa, una berlina, credo".

"Programma i vostri incontri?" Chiese Ellington.

"No".

Continuarono a parlare, ma Mackenzie sentì solo alcune parti. Era rimasta colpita da qualcosa che Thompson aveva detto. Una vecchia auto rossa, una berlina, credo.

C'era un'auto rossa vecchio modello nel vialetto di Amy Campbell. Una Pontiac. Solitamente, Mackenzie l'avrebbe definita una pura e semplice coincidenza. Ma Amy si era comportata in modo strano, spaventata e sospettosa. Valeva certamente la pena di andare a farle un'altra visita.

 

"Signor Thompson, grazie mille per il suo tempo", disse Mackenzie. "Lasceremo correre la fabbricazione dei documenti falsi, ma deve smettere di farli".

"Avete detto che una ragazza è morta, giusto? E che aveva una delle mie patenti?".

"Così sembra."

"Allora ho chiuso. Non esiste somma di denaro per cui valga la pena essere coinvolti in una cosa del genere".

Mackenzie ed Ellington si diressero verso la sua porta. Ellington diede a Thompson uno dei suoi biglietti da visita raccomandandosi di contattarli se avesse visto di nuovo quella donna o se avesse cercato di mettersi in contatto con lui in qualche modo. Questo sembrò turbarlo, forse perché rifletteva che l'unico oggetto in possesso della ragazza morta era uno dei documenti falsi che lui aveva creato.

"Allora, cos'è che hai realizzato?" chiese Ellington mentre tornavano velocemente alla macchina. "Hai concluso la conversazione in fretta e avevi quell'espressione sul viso".

"Quale espressione?".

"Quella che hai anche adesso, l'espressione di un bambino che ha appena visto un altro regalo nascosto sotto l'albero di Natale".

"La sua descrizione della macchina. Una vecchia berlina rossa. Ce n'era una parcheggiata nel vialetto di una delle case che ho visitato. Quella di Amy Campbell… ed era nervosa. Era molto sospetto e non ha nemmeno accennato a invitarmi a entrare".

"Sembra che potremmo avere la nostra prima pista".

"Forse", disse Mackenzie.

Sembrava la cosa giusta, ma vista la natura del caso e il modo in cui Amy si era comportata, pensò che dovessero prendere qualche precauzione in più per assicurarsi che non si trattasse solo di una coincidenza. Odiava perdere tempo in quel modo, ma nella sua testa ricordò a se stessa che c'era la possibilità che la Comunità fosse coinvolta.

Anche se non aveva un'esperienza diretta, aveva letto fascicoli di altri casi in cui la presenza di un gruppo religioso nelle indagini aveva reso il tutto una bomba a orologeria. E se poteva evitarlo, Mackenzie era più che disposta a fare qualche passo in più, anche se avrebbe richiesto tempo.

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