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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11

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La sesta o settima Crociata imprese vennero da Luigi IX, Re di Francia, che la libertà in Egitto, in Affrica perdè la vita. Ventott'anni dopo la sua morte, Roma lo collocò fra i proprj Santi, e nel medesimo tempo comparvero sessantacinque miracoli, che solennemente attestati, sembrarono valevole giustificazione agli onori tributati alla memoria di questo Monarca635. Più onorevole testimonianza alle virtù di lui rende lo Storico, presentandoci, in Luigi IX, congiunti i pregi dell'uomo, del Re e dell'eroe; amor di giustizia in esso l'impeto del valor temperò, e mostrossi padre de' sudditi, amico de' vicini, terrore degl'Infedeli636. Solo il funesto influsso della superstizione637, talvolta le belle prerogative del suo ingegno e del suo cuore oscurò. Divoto ammiratore de' frati mendicanti di S. Francesco e di S. Domenico, imitarli non disdegnava; e fattosi con cieco zelo e crudele, persecutore de' nemici della Fede, il migliore fra i Re, per sostenere la parte di Cavaliere errante, due volte dal proprio trono discese. Se un frate ne avesse scritta la storia, certamente gli avrebbe largheggiato d'encomj per quella parte della sua vita che piuttosto rimproveri meritò; ma il prode e leale Joinville638, che possedè l'amicizia del suo Monarca, e gli fu nella cattività confratello, ne ha offerta con ingenua imparzialità la pittura così delle virtù, come de' difetti di questo Principe. Tale storia scritta da un cortigiano, che le segrete mire del proprio Re ben conoscea, ne trae a sospettare che i disegni politici di Luigi IX intendessero ad indebolire la potestà de' grandi vassalli, disegni politici di cui frequentemente è stata apposta la taccia a tutti i Sovrani, che le Crociate hanno promosse. Luigi IX fu uno tra i Principi del medio evo che con miglior successo si adoperarono a richiamare tutte le sue prerogative alla Corona: ma nel proprio regno, e non nell'Oriente, a sè medesimo e alla sua discendenza siffatti vantaggi cercò. Il voto che lo trasse in pellegrinaggio ebbe origine da una infermità e dal suo entusiasmo. Autore di questa pietosa follìa639 ne fu pur anche la vittima; per correre ad invader l'Egitto, delle sue truppe e dei suoi tesori la Francia stremò; coperse di mille e ottocento vele il mar di Cipro; e i calcoli più moderati fanno ascendere a cinquantamila uomini il suo esercito. Se noi vogliamo aver fede alla testimonianza medesima di questo Re, testimonianza che la vanità orientale si fece sollecita di divulgare, egli sbarcò novemila cinquecento uomini a cavallo, e centotrentamila fantaccini, che sotto la protezione di esso peregrinarono640.

A. D. 1249

Luigi, armato di tutto punto e preceduto dall'oriflamma, fu primo a lanciarsi sulla riva, e corso a Damieta, gli atterriti Musulmani, al primo assalto dei Franchi abbandonarono quella città che avea sostenuto un assedio di dodici mesi contra i predecessori di Luigi. Ma fu Damieta la prima, e l'ultima conquista del regal pellegrino; e nella sesta Crociata, cagioni eguali, e pressochè sul campo medesimo, rinnovellarono le calamità che aveano mandato a vuoto la prima641. Dopo un indugio funesto che introdusse nel campo i germi di un morbo epidemico, i Franchi dalla costa marittima ver la Capitale dell'Egitto innoltratisi, s'accinsero a superare lo straripamento del Nilo che opponevasi ai loro progressi. Innanzi agli occhi dell'intrepido Monarca, que' baroni e cavalieri diedero alte prove dell'invitto valore che li contraddistingueva, e ad un tempo di quell'indomabile avversione, ad ogni sorta di disciplina, per cui parimente erano noti. Il conte d'Artois, per un tratto di mal avvisata prodezza, prese d'assalto la città di Massura, e nell'istante medesimo i colombi addestrati all'ufizio di messaggieri, portarono agli abitanti del Cairo l'annunzio che tutto era perduto. Un soldato, fattosi indi usurpatore del trono d'Egitto, i fuggiaschi affrettatamente raccolse e riordinò. Intanto il conte d'Artois, essendosi troppo scostato dal corpo dell'esercito, le sue truppe rimasero sconfitte, privo egli di vita. Mentre i Musulmani non cessavano di rinversare pioggia di fuoco greco sui Franchi, le galee egiziane difendevano il Nilo, gli Arabi tenean la pianura e impedivano ogni arrivo di vettovaglie al nemico: ogni giorno i mali della fame e delle contagioni si rendeano più gravi: finalmente quando inevitabile parve la ritirata, non era più possibile l'eseguirla. Gli Scrittori orientali affermano che S. Luigi avrebbe potuto fuggire, purchè non gli fosse incresciuto di abbandonare i proprj sudditi. Fatto prigioniero, egli e la maggior parte de' suoi Nobili, tutte le persone inabili a servire, o a procurarsi riscatto, vennero senza pietà trucidate, nel qual momento una fila di teste cristiane (A. D. 1250) il ricinto delle mura del Gran Cairo adornò642. Lo stesso Re Luigi venne caricato di catene: ma il generoso vincitore, pronipote del fratello di Saladino, inviò all'augusto prigioniero una veste d'onore. Quattrocentomila piastre d'oro e la restituzione di Damieta ottennero la libertà del Re di Francia e de' soldati che gli rimanevano643. Gli effeminati discendenti de' compagni d'armi di Saladino; ammolliti dal lusso e dal clima, non sarebbero già stati di per sè stessi abili a resistere al fiore della cavalleria dell'Europa; e dovettero la vittoria al valore dei loro schiavi o Mammalucchi, robusti figli del Deserto, compri al mercato della Sorìa, e sin dai primi anni allevati in mezzo ai campi e nel palagio del Sultano. Ma non andò guari che l'Egitto offerse un nuovo esempio dei pericoli da temersi da pretoriane coorti, e che la rabbia di queste feroci belve, lanciate dianzi contra i Franchi, si volse allo strazio del proprio loro benefattore. Inorgogliti della vittoria, i Mammalucchi trucidarono Turan-Saw, ultimo rampollo della sua dinastia; indi i più audaci di questi assassini, brandendo la scimitarra, tuttavia grondante del sangue del lor Sultano, nella stanza penetrarono del franco re prigioniero. La fermezza opposta da Luigi costrinse al rispetto costoro644, e l'avarizia al fanatismo e alla crudeltà impose silenzio. I patti del Trattato vennero adempiuti, e il re di Francia cogli avanzi del proprio esercito, ottenne la libertà di veleggiare ai lidi di Palestina. Quattro anni nella città di Acri ei trascorse, ma senza mai potersi aprire strada per arrivare a Gerusalemme, e sempre ricusando di ritornare privo di gloria alla patria.

 

A. D. 1270

Dopo sedici anni di un regno saggio e pacifico, la ricordanza dell'antica sconfitta, eccitò S. Luigi ad imprendere la settima ed ultima Crociata. Tornate in istato fiorente erano le sue rendite; gli Stati suoi aumentati, e risorta in questo intervallo una nuova generazione di guerrieri. Rinnovellatasi parimente in lui la fiducia di migliori successi, posesi in mare, condottiero di seimila uomini a cavallo, e di trentamila fanti. La perdita di Antiochia che fatta aveano i Cristiani, davasi per motivo di una tale spedizione; la bizzarra speranza di amministrare il sacramento del Battesimo al re di Tunisi, indusse il Monarca francese a veleggiare primieramente verso le coste dell'Affrica. La fama sparsa degli immensi tesori che colà racchiudevansi, confortò i Crociati sul ritardo che alla lor peregrinazione opponeasi. Ma in vece di un proselito, il santo esercito trovò in quelle rive un assedio da imprendere. I Francesi nella loro espettazione delusi, in mezzo a quelle arse arene perivano; la morte colpì S. Luigi entro la sua tenda e immediatamente l'erede del trono diede il segno della ritirata645. In cotal guisa, così un ingegnoso scrittore si esprime, un Re cristiano presso le rovine di Cartagine incontrò la morte facendo guerra ai Musulmani in un paese, ove Didone avea introdotte le divinità della Sorìa646.

A. D. 1250-1517

Non è lecito l'immaginarsi una costituzione più assurda e tirannica di quella che condanna in perpetuo una nazione a vivere schiava sotto il governo arbitrario di schiavi stranieri. Tale, nondimeno, è stata da oltre cinque secoli la condizione dell'Egitto; in guisa che i più illustri Sultani della dinastia Baarite e Borgite647, derivavano eglino stessi da tartare o circasse tribù, e i ventiquattro Beì, o Capi militari dell'Egitto, hanno sempre avuti per successori, non già i proprj figli, ma i loro servi. Fondano costoro i proprj diritti sul Trattato che Selim I conchiuse con questa repubblica militare, Trattato che riguardano come la Grande Carta di lor libertà648: laonde gl'Imperatori ottomani continuarono d'allora in poi a riscotere unicamente dall'Egitto un lieve tributo, siccome pegno del vassallaggio di questa contrada. La storia delle accennate due dinastie, eccetto brevi intervalli d'ordine e di tranquillità, non presenta che una continua serie di assassinj e misfatti649; ma il trono delle medesime, comunque crollante per sì forti scotimenti, sulla salda base della disciplina e del valor si reggea; laonde governavano e l'Egitto, e l'Arabia, e la Nubia, e la Sorìa; e i Mammalucchi, composti in origine di ottocento uomini di cavalleria moltiplicaronsi fino al numero di venticinquemila: obbedivano in oltre a questi Capi dell'Egitto centosettemila uomini di milizia provinciale, e all'uopo poteano sul soccorso di sessantaseimila Arabi calcolare650. Cosa naturale ella era, che Principi così coraggiosi e di sì considerabili forze invigoriti non avrebbero lungo tempo tollerata tanta prossimità di una nazione independente e nemica, e se l'espulsione assoluta de' Franchi, di quaranta anni in circa, venne tardata, di questo mezzo secolo d'esistenza ebbero l'obbligazione agl'impacci in cui trovossi la nuova dominazione egiziana ancora mal salda, all'invasione de' Mongu, ai soccorsi che da alcuni pellegrini guerrieri agli stessi Crociati venner condotti. Nel novero di tali soccorritori, il leggitore inglese fermerà il guardo sul nome di Eduardo I, che durante la vita del padre suo Enrico, prese la Croce. Capitano di mille soldati, il futuro conquistatore del paese di Galles e della Scozia, costrinse gl'Infedeli a levare l'assedio di Acri, e innoltratosi fino a Nazaret con novemila uomini, emulò la gloria del suo zio Cuor-Di-Leone; con ardite imprese ad una tregua di dieci anni il nemico forzò; e ricco di questi allori, rivide l'Europa a malgrado di un fanatico traditore che pericolosamente il ferì651. Bondocdar, o Bibars, Sultano dell'Egitto e della Sorìa, sorprese e quasi per intero distrusse la città di Antiochia652, trovatasi fino allora, per sua giacitura, meno esposta alle calamità della Santa Guerra. Tal si fu il termine di questo principato; e la prima città conquistata dai Cristiani, videsi spopolata dalla strage di settemila, e dalla cattività di centomila de' suoi abitanti. Le città marittime di Laodicea, Gabala, Tripoli, Berite, Sidone, Tiro, Giaffa, e le Fortezze degli Ospitalieri e de' Templarj, si arrendettero successivamente. Il solo possedimento che i Franchi serbassero, si stette nella città e colonia di S. Giovanni d'Acri, da alcuni scrittori indicata sotto il nome più classico di Tolomaide.

Dopo la perdita di Gerusalemme, Acri653, lontana circa settanta miglia dalla prima città, divenne la metropoli de' Latini orientali: di vasti e saldi edifizj la ornarono, di doppio muro la cinsero, un porto artifiziale ivi costrussero. E fuggiaschi, e nuovi pellegrini ne aumentarono la popolazione, mentre il favor della tregua e il sito suo vantaggioso, tutto il commercio dell'Oriente e dell'Occidente vi conduceano. Trovavansi ne' mercati di Acri le produzioni di ogni clima; gl'interpreti d'ogni lingua vi convenivano; ma un tal miscuglio di tutte le nazioni, tutti i vizj ancora addusse colà, e propagò. Fra quanti eranvi discepoli di Cristo e di Maometto, gli abitatori di Acri d'entrambi i sessi, tutti gli altri in fama di corruttela e dissolutezza passavano, nè le leggi erano a bastanza forti per frenar quivi gli abusi della religione. Parecchi sovrani contava questa città, governo nessuno. I Re di Gerusalemme e di Cipro appartenenti alla Casa di Lusignano, i principi di Antiochia, i conti di Tripoli e di Sidone, i Gran Mastri degli Ordini, ospitaliero, templario e teutonico, le repubbliche di Venezia, di Genova, di Pisa, il Legato del Papa, i Re di Francia e d'Inghilterra, tutti con autorità independente volean dominarvi. Diciassette tribunali giudicavano con diritto di assolvere e sentenziare a morte; laonde i colpevoli d'un rione si rifuggivano ad un altro, ove non accadea mai che protezione non ottenessero. La gelosia delle diverse nazioni, e violenze, e sanguinosi casi partoria di frequente. Alcuni venturieri disonorando la Croce che difendeano, si trassero per correggere il ritardo de' loro stipendj a saccheggiare diversi villaggi maomettani. Diciannove mercatanti della Sorìa, che riposandosi nella fede pubblica, faceano tranquillamente il loro traffico, vennero spogliati ed appiccati per opera de' Cristiani; il Governo de' quali, negando la giusta soddisfazione chiesta per tale misfatto dal Sultano Kalil, le ostilità di questo principe giustificò. Ei mosse ver la città con sessantamila uomini di cavalleria, e cenquarantamila d'infanteria. Il suo traino di artiglieria, se mi è lecito valermi di questa espressione, era formidabile e numeroso. Vi vollero cento carri per trasportare i pezzi di legno, de' quali una sola macchina andava composta. Lo storico Abulfeda, che militava nelle truppe di Hamà, fu egli medesimo spettatore di questa santa guerra. Comunque grandi fossero le sregolatezze de' Franchi, l'entusiasmo e la disperazione animaronli di novello coraggio; ma dilacerati per le discordie de' diciassette lor Capi, si trovarono da tre bande oppressi dal peso delle forze che conduceva il Sultano. Dopo un assedio di trentatre giorni (A. D. 1291), i Musulmani forzarono il doppio muro. Le macchine distrussero la primaria fra le torri d'Acri; e datosi assalto generale dai Mammalucchi, la città venne presa, e sessantamila Cristiani perirono, o divennero schiavi. Il Convento, o a meglio dire la Fortezza dei Templarj, per tre giorni ancor resistè; ma trapassato da una freccia il Gran Mastro perì, e di cinquecento cavalieri che difendevano quelle mura, soli dieci rimasero in vita; più sfortunati però di coloro che caddero vittime della pugna, poichè il destino più tardi serbavali a patire su feral talamo le conseguenze dell'ingiusto e crudel bando che tutto il loro Ordine fulminava. Il re di Gerusalemme, il Patriarca, e il Gran Mastro dell'Ordine degli Ospitalieri, operarono la loro ritirata verso la riva; ma tempestosa era l'onda, nè il numero delle navi bastante ad accoglierli. Molta mano di fuggitivi annegò prima di aggiugnere l'isola di Cipro, ove Lusignano della perduta Palestina potea consolarsi. Vennero per ordine del Sultano spianate le chiese e le fortificazioni delle latine città; un motivo di timore o di avarizia persuase lasciar libero alla pietà cristiana l'accesso del Santo Sepolcro, libertà di cui alcuni devoti pellegrini d'indi in poi profittarono. Su quel lido, che sì lungo tempo avea rintronato delle querele del Mondo, un lugubre e solitario silenzio regnò654.

 
FINE DELL'UNDECIMO VOLUME
635Leggete, se ne avete il coraggio, la vita e i miracoli di S. Luigi, scritti dal confessore della regina Margherita (Joinville, p. 291-523, ediz. del Louvre).
636Egli credea tutto quello che la Santa Madre Chiesa insegnava (Joinville p. 10); ma dava per avvertimento a Joinville di non entrare in dispute di religione cogl'Infedeli: «L'homme lay (diceva egli nel suo vecchio linguaggio), quand il ot médire de la loi chrestienne, ne doit pas deffendre la loi chrestienne, ne mais que de l'espée, de quoi il doit donner parmi le ventre dedens, tant camme elle y peut entrer» (p. 12).
637Non è da dirsi superstizione la premura ch'ebbe S. Luigi IX di togliere a' Maomettani Gerusalemme. (Nota di N. N.)
638Possedo due edizioni di Joinville, l'una di Parigi dell'anno 1668, utilissima per le unitevi osservazioni del Ducange, l'altra di Parigi, del Louvre, 1761, preziosa per la purezza e autenticità del testo, il cui manoscritto è stato recentemente scoperto. L'ultimo editore afferma che la storia di S. Luigi fu terminata nell'anno 1309; senza però offerire su di ciò schiarimenti, nè tampoco mostra sorpresa sull'età dell'autore che, in tale supposizione, dovrebbe avere oltrepassati i 90 anni (Pref., p. XI, Obs. Ducange, p. 17).
639Bastava dire, che oggidì per prudenza, per amore dell'umanità, per riguardo alla Sovranità del Gran Signore non s'intraprenderebbe la guerra di Palestina; l'entusiasmo non è sì caldo oggidì, e si ragiona alcun poco. (Nota di N. N.)
640Joinville, p. 32; Extraits arabes, p. 549.
641Gli ultimi editori di Joinville hanno arricchito il loro testo di molte cose meritevoli di erudita curiosità, e tolte dagli Arabi Macrizi; Abulfeda ec. V. anche Abulfaragio (Dyn. p. 322-325) che per barbarismo chiama il Re de' Francesi Redefrans; Mattia Paris (p. 683, 684) ne ha dipinte le folli gare de' Francesi e degl'Inglesi che a Massura combattettero e vi trovarono la morte.
642Il Savary nelle sue dilettevoli lettere intorno all'Egitto ne ha presentata una descrizione di Damieta (t. I, lettera XXIII p. 274-290), e un racconto della Spedizione di Luigi (XXV, p. 306-350).
643Fu chiesto e conceduto pel riscatto di S. Luigi, un milione di bisantini; ma il Sultano lo ridusse a soli ottocentomila, la qual somma Joinville calcola equivalente a quattrocentomila lire francesi de' suoi tempi, e Mattia Paris a centomila marchi d'argento (Ducange, Dissert. 20 sopra Joinville).
644Joinville assicura, con tutta la serietà, il desiderio manifestato dagli Emiri per eleggersi S. Luigi in loro Sultano, la quale idea non trovo tanto assurda quanto al Signor di Voltaire, lo è sembrata (Histoire générale, t. II, p. 386, 387); i Mammalucchi erano eglino stessi stranieri, ribelli, eguali fra loro, conoscevano il valore del re di Francia, speravano forse di convertirlo, e in una tumultuosa assemblea, un tale partito, che non fu poi accettato, poteva anche essere stato proposto da qualcuno di quegli Emiri, segretamente propensi al Cristianesimo.
645V. la Storia di questa spedizione negli annali di S. Luigi, scritti da Guglielmo di Nangis (p. 270-287), e nell'Opera Extraits arabes (p. 545-555, ediz. di Joinville, del Louvre).
646Voltaire, Hist. génér. t. II, p. 391.
647La Cronologia delle due dinastie de' Mammalucchi, i Baariti Turchi o Tartari di Kipsak, e i Borgiti Circassi, trovasi nel Pocock (Proleg. ad Abulfarage, p. 6-31), e nel De Guignes (t. I, p. 264, 270). Anche la loro Storia si legge nel De Guignes, che, fino col principio del secolo XV, ha seguìti Abulfeda, Macrisi, ec. t. IX, p. 110-328.
648Savary, Lettres sur l'Egypte, t. II. lett. XV. p, 189-208. Dubito grandemente sull'autenticità di una tale copia; però è vero che il sultano Selim conchiuse un Trattato coi Circassi o Mammalucchi d'Egitto, lasciando ai medesimi e armi, e ricchezze, e potere, V. Nouvel Abrégé de l'Histoire ottomane, composto in Egitto e tradotto dal Signor Digeon (t. I, p. 55-58, Parigi 1781); monumento di storia nazionale autentico e di vaghezza non privo.
649Si totum quo regnum occuparunt tempus respicias, praesertim quod fini propius, reperies illud bellis, pugnis, injuriis ac rapinis refertum (Al-Jannabi, ap. Pocock, p. 31). Il Regno di Moammed (A. D. 1311-1341) offre una felice eccezione alle cose di sopra affermate (De Guignes, tom. IV, p. 208-210).
650Or sono ridotti ad ottomila cinquecento; ma il mantenimento di ciascun Mammalucco porta una spesa di circa cento luigi, e l'Egitto geme per l'avarizia e la tracotanza di cotesti stranieri (Voyages de Volney, t. I, p. 89-187).
651V. la storia dell'Inghilterra di Carte (v. II, p. 165-175), e gli originali dai quali è desunta, Tommaso Wikes, e Walter Hemingfort, (l. III, c. 34-35), Collezione di Gale (t. II, p. 97, 589-592). Nessuno di questi autori ha inteso far menzione del pio coraggio dimostrato dalla principessa Eleonora, nel succhiare la piaga avvelenata del marito e salvargli la vita, a rischio della propria.
652Sanuto (Secret. fidel. crucis, l. III, part. 12, c. 9), e de Guignes (Hist. des Huns, t. IV, p. 143; desunta dagli autori Arabi).
653Tutte le Cronache di que' tempi ne fanno conoscere lo splendore della città di Acri (l. VII, c. 144). La più copiosa e precisa è quella del Villani (l. VII, c. 144). V. anche Muratori (Script. rer. italiae, t. XIII, p. 337, 338).
654V. l'espulsione definitiva de' Franchi in Sanuto (l. III, part. XII, c. 11-22), Abulfeda, Macrizis, De Guignes (t. IV, p. 162-164) e Vertot (t. I, l. III, p. 407-428).
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