Invecchiato per il Caos

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CAPITOLO CINQUE

Alle nove del mattino seguente, Danilo accostò davanti al cancello d'ingresso di Olivia. Lei era in attesa di scorgere il suo pick-up e, non appena lo vide, scese di corsa al piano di sotto, salutando Erba, che stava appollaiata sulla finestra della camera da letto, a godersi il sole del mattino.

A Olivia venne in mente, mentre correva lungo il vialetto sterrato, che la predilezione della bestiola per quel davanzale poteva avere qualcosa a che fare col fatto che aveva quasi rischiato di crollare. Doveva rendere i davanzali e i balconi a prova di capra. Magari Danilo, che lavorava il legno per mestiere, poteva occuparsi di quel progetto quando aveva un po’ di tempo a disposizione.

"Buongiorno,” lo salutò mentre Danilo apriva la portiera.

Olivia salì in auto.

Aveva avvolto il frammento di vetro in uno spesso strato di fogli di giornale, prima di infilarlo in una sportina, che mise sul sedile posteriore del pick-up.

Gli interni rivestiti in pelle erano lindi e straordinariamente lussuosi. Poiché Danilo usava il mezzo per consegnare i suoi mobili finemente realizzati e altre creazioni artigianali, Olivia aveva dato per scontato che fosse pieno di segatura e di chiodi vaganti. Invece era tutto il contrario. Quel giorno avrebbe viaggiato con stile.

Danilo le passò un caffè.

"L'ho preso al forno. Che viaggio sarebbe, senza caffè?"

"È essenziale,” concordò Olivia, sorseggiando dalla tazza fumante.

Un ottimo caffè, e un'avventura nel capoluogo toscano da non perdere. Si stava già prospettando una giornata meravigliosa, decise, rilassandosi sul sedile e ammirando la campagna che sfrecciava fuori dai finestrini mentre Danilo accelerava sulla strada principale.

"Mia zia vive appena fuori Firenze,” spiegò Danilo. "Quando io e mia sorella eravamo più piccoli, passavamo i fine settimana a casa sua e andavamo in centro a visitare i monumenti. Ogni volta facevamo una strada diversa. Questo è il bello di questa città. È molto più piccola di quanto si possa pensare.”

"Si può percorrere tutta a piedi?" Chiese Olivia, sorpresa.

Ci vuole meno di un'ora per camminare da un lato all'altro del centro di Firenze. Certo, alla fine ci si mette di più, perché c'è molto da vedere lungo il percorso. Troppo per un solo giorno, quindi cercherò di ricordare cosa ci è piaciuto di più. Cosa vuoi vedere, Olivia?”

"Ponte Vecchio è sempre stato nella mia lista delle cose da vedere. E anche se non è in centro, desidero da tempo visitare il Castello del Trebbio. Se possiamo vederli entrambi oggi, lo annuncerò sui social media e pubblicherò le foto mentre siamo lì.”

Danilo sorrise.

"Sì, possiamo farlo. Mia sorella ha lavorato in una gioielleria a Ponte Vecchio. Ti faccio vedere il negozio dove ha fatto la commessa per un'estate.”

Olivia non poté fare a meno di sospirare d'invidia. Ma gli italiani almeno si rendevano conto di quanto fossero fortunati a vivere la propria vita in mezzo a tanta storia? Si chiese come dovesse essere trovare un lavoro estivo in una bottega che casualmente si trovava sul ponte più famoso del mondo.

"Per fortuna abbiamo evitato il traffico,” disse Danilo, accelerando in autostrada. "Prima delle nove di mattina, questa autostrada di solito è un caos.”

Danilo si infilò abilmente con il pick-up tra alcune auto più lente, per poi conquistare un posto nella corsia di sorpasso. Nel giro di pochi minuti, la città apparve in vista. Olivia scorse torrette e campanili, inondati dell'oro scintillante del sole del mattino, stagliarsi sul maestoso sfondo offerto dalle colline.

"A nord della città ci sono Fiesole e Settignano, due paesi molto panoramici,” disse Danilo, notando quanto Olivia fosse affascinata dal paesaggio che la circondava. "Essendo elevati, da entrambi si ha una vista panoramica di Firenze. Magari possiamo farci un salto, un altro giorno.”

"Credo di aver appena aggiunto altre due voci alla mia lista di luoghi da visitare,” disse Olivia. Sospettava che la lista potesse allungarsi di molto, con il passare delle ore.

Lasciata l'autostrada, Danilo attraversò un labirinto di strade sempre più strette.

"Ci fermiamo qui,” annunciò pochi minuti dopo, infilandosi in un posto che era appena stato liberato da un autobus turistico. "Se ci addentriamo oltre, c'è la zona a traffico limitato, dove si può guidare solo se si è in possesso di un permesso speciale.”

Parcheggiata l'auto, scesero. Danilo allungò una mano nel retro e prese un'elegante giacca di pelle marrone. Mentre se la sistemava sopra la maglietta bianca, Olivia non poté fare a meno di ammirare quanto fossero toniche e muscolose le sue braccia. Il suo amico era proprio in forma!

Naturalmente, non aveva motivo di indugiare sui suoi muscoli, visto che la loro amicizia era platonica. Era semplicemente un'osservazione casuale, si rammentò Olivia, distogliendo lo sguardo con qualche difficoltà, prendendo la propria giacca dall'auto e indossando gli occhiali da sole.

Non mancavano certo altri scenari da ammirare. Olivia trattenne il fiato davanti alla bellezza degli edifici in pietra che la circondavano, ricordando che Firenze era considerata la culla del Rinascimento. E questo non solo per la magnificenza della sua architettura, con le facciate decorate, le torrette e le guglie scenografiche, ma anche per i tesori culturali che custodiva al loro interno.

"Questo è un posto eccellente per uno spuntino a base di panini. Ci serve del cibo per avere energia prima del nostro tour, no?” Disse Danilo, avviandosi lungo la stretta strada acciottolata.

"Assolutamente,” concordò Olivia. Non si era resa conto che Danilo si sarebbe rivelato un compagno di viaggio così simile a lei. Olivia non era una che mangiava molto la mattina presto, quindi appena arrivati lì, stava già morendo di fame. Danilo fece strada verso un piccolo ristorante, grande poco più di un cubicolo, con quattro sgabelli stipati vicino al bancone.

"Salve, buongiorno,” salutò il proprietario. "Cosa vuoi mangiare?" chiese a Olivia.

Olivia esaminò il menù, contenta che la sua conoscenza della lingua italiana stesse migliorando. A colpo d'occhio, riconobbe le parole carciofi, pollo, peperoni arrosto e pomodori secchi.

"Quanto ti senti coraggiosa, oggi?” Chiese Danilo, con un sorriso sghembo. “Perché vedo che nel menù c'è il panino col lampredotto. È uno dei piatti più tradizionali di Firenze, ma devo avvisarti che è realizzato con lo stomaco di mucca.”

"Come? Lo stomaco di… ?" ripeté Olivia allarmata.

"Ha un sapore delizioso. Fidati di me. La carne è corposa, ma molto saporita.”

"Va bene,” accettò Olivia senza convinzione.

Cominciava a dubitare delle sue scelte di vita. Cosa avrebbe fatto se fosse stata immangiabile? Danilo si sarebbe offeso?

Quando il cibo fu servito, dovette ammettere che la carne racchiusa nel panino croccante non aveva un aspetto appetitoso. I bocconcini di carne pallidi e triangolari non erano per niente allettanti.

"Ehm,” balbettò, chiedendosi come avrebbe potuto rifiutare senza offenderlo.

"In Toscana è considerato un cibo consolatorio,” spiegò Danilo con un sorriso di incoraggiamento. "Nella nostra storia, con tanta gente povera in questa città, si usava ogni parte dell'animale. Alcuni cibi sono diventati una prelibatezza tradizionale e hanno resistito nei secoli. Annusa, su.”

Olivia annusò nervosamente e, con sua grande sorpresa, scoprì che l'aroma che emanava quel panino dall'aspetto strano faceva venire l'acquolina in bocca.

Fece un respiro profondo e addentò coraggiosamente il panino, sperando di non vomitare a getto sul pavimento dopo averne sentito il sapore. Sarebbe stato un avvio disastroso per la loro entusiasmante giornata.

Con suo grande sollievo e sorpresa, la carne era gommosa ma deliziosa. Un'esplosione di sapori le invase le papille gustative, un gusto ricco, corposo e diverso da qualsiasi cosa avesse mangiato finora.

Olivia provò a pensare cosa dovesse provare un contadino toscano vissuto centinaia di anni prima, tornando a casa dopo una lunga giornata di lavoro e sentendo l'odore di quella carne che cuoceva lentamente in pentola. Olivia poteva immaginare quanto quel cibo dovesse essere apprezzato per il gusto, oltre che per il ricco contenuto nutrizionale.

Ad ogni modo, era contenta di averlo provato e non fece per niente fatica a finire il panino fino all'ultimo boccone. Capì che Danilo era entusiasta della sua audacia.

"Adesso seguimi. In fondo alla strada c'è la Galleria dell'Accademia.”

Scesa dallo sgabello, Olivia uscì dal minuscolo locale e si mise a camminare accanto a Danilo. Poteva vedere una breve fila di persone che aspettavano davanti a una porta, ma non aveva idea di cosa ci fosse all' interno. La strada era stretta – cosa a cui Olivia stava già facendo l’abitudine, in quella città – e c'era una bandiera che sventolava fuori dall'ingresso.

"È qui che si trovano molte delle sculture più famose di Firenze, tra cui il David di Michelangelo,” disse Danilo.

Olivia trattenne il fiato. Non si sarebbe mai sognata di poter vedere quella statua dal vivo. Si era scordata che si trovava a Firenze.

"Lascia che compri io i biglietti,” si offrì, volendo contribuire al loro giro turistico.

Quando entrarono, rimase di nuovo senza fiato.

Davanti a lei c'era una scena che riconobbe come il Ratto delle Sabine.

"Questa è la Sala del Colosso,” le disse Danilo. "E questo è il modello in gesso della statua originale in marmo, realizzata dal Giambologna. Come sapresti anche tu a memoria se tua zia te l'avesse ripetuto venti volte fino a farti venire voglia di scappare per sempre, fu realizzato come esercizio di scultura. La sfida era formare un gruppo di tre figure vicine partendo da un unico, grande blocco di marmo. Questo è stato il primo esempio nella storia e ha richiesto un'enorme abilità.”

 

Olivia sarebbe potuta rimanere per ore ad ammirare le figure intrecciate, ipnotizzata dalla poesia del loro movimento, ma c'era molto altro da vedere, nella sala. Dipinti e pale d'altare rinascimentali ricoprivano le pareti, e Olivia si spostava da una all'altra, affascinata dalle storie che quelle opere d'arte raccontavano, e dallo scorcio sui secoli passati che era racchiuso all'interno delle loro stravaganti cornici.

"Il Cassone Adimari è un altro must di questa sala,” disse Danilo, indicando un'opera d'arte riccamente illustrata. "Si tratta di una scena di matrimonio, ambientata nel centro di Firenze, come si può ben vedere, poiché sullo sfondo è visibile il Battistero di San Giovanni Battista. È un'istantanea molto dettagliata della vita del primo Rinascimento, ed è per questo che è così famosa.”

"Gli abiti sono incredibili. I ricami. I cappelli!" esclamò Olivia, osservando da vicino la raffinatezza dei nobiluomini e delle nobildonne raffigurati nella scena.

"Prima di raggiungere la Tribuna, dove si può vedere il David di Michelangelo, attraverseremo la Galleria dei Prigioni. Qui ci sono i famosi Schiavi scolpiti da Michelangelo,” disse Danilo.

Entrando con entusiasmo nella lunga galleria, Olivia osservò con stupore le sculture incompiute. Credeva di capire perché la galleria si chiamasse così, dato che le statue sembravano imprigionate nelle loro basi di marmo. Ammirando le sculture, Olivia rimase colpita dal perfetto senso delle proporzioni dell'artista e dalla bellezza che era riuscito a infondere nel suo lavoro, seppur incompleto.

Naturalmente, il punto forte del tour fu la famosa statua del David, che, a quanto aveva appreso, era stata originariamente esposta all'aperto, salvo poi essere spostata all'interno nel 1873 per proteggerla da eventuali danni e dagli agenti atmosferici. Anche se l'aveva vista più volte in foto, ammirare quella statua immacolata alta cinque metri dal vivo, e poterci girare intorno e vederla da diverse angolazioni, completava al massimo l'esperienza di Olivia.

Avrebbe potuto dedicare un'intera giornata all'esplorazione di quel luogo incantato, ma Danilo la avvertì che, se voleva raggiungere le altre mete, era giunto il momento di lasciare la Galleria dell'Accademia.

"Dobbiamo fare un'altra fermata, prima di raggiungere Ponte Vecchio, perché c'è un altro museo che penso ti piacerà,” disse Danilo.

Uscendo dalla galleria, Olivia si avviò con energia. Danilo aveva ragione: quella città era fatta per essere esplorata a piedi. E i piedi si rivelarono essere il tema della loro prossima destinazione.

Scoppiò a ridere stupita, quando raggiunse l'ingresso del Museo Salvatore Ferragamo, dedicato alla storia delle scarpe e della moda.

"Solo in Italia,” esclamò sorridendo.

Apprese con stupore che il leggendario Salvatore Ferragamo, nato in una famiglia numerosa e povera, aveva realizzato il suo primo paio di scarpe per la sorella a soli nove anni e aveva aperto un negozio di scarpe all'età di tredici. Dopo essersi trasferito negli Stati Uniti, dove rimase per più di un decennio e divenne noto come "Calzolaio delle stelle,” tornò a Firenze e iniziò a creare scarpe per le donne più ricche e potenti del mondo.

L'interno era ancora più accattivante di quanto si aspettasse. Con un occhio di riguardo all'ambientalismo e alla sostenibilità, le calzature storiche esposte erano estremamente interessanti e comprendevano modelli di scarpe create e possedute da Ferragamo dal 1920 al 1960, così come scarpe dagli anni Sessanta ad oggi.

Ciò che più colpì Olivia fu il fatto che, nonostante la sua fama, Ferragamo non era soddisfatto di produrre scarpe belle da vedere ma strazianti da indossare. Di conseguenza, durante il suo soggiorno negli Stati Uniti, aveva seguito un corso universitario di anatomia. Osservando le splendide scarpe in mostra realizzate su misura per Marilyn Monroe, Greta Garbo e Audrey Hepburn, Olivia si domandò se rientrassero nella categoria "dolorose" o "comode.” Come sapeva fin troppo bene, non si poteva capire solo guardandole.

Dopo essere uscita dal museo, tutto ciò a cui Olivia riusciva a pensare era comprare scarpe, ma fortunatamente per il suo portafoglio, non ne ebbe il tempo, perché Danilo la condusse in un altro vicolo tortuoso e indicò davanti a loro.

"Ponte Vecchio,” disse.

Olivia osservò con stupore. Il pittoresco e panoramico ponte sembrava attraversato da un treno, solo che non era un treno, bensì file di botteghe molto affollate. Sopra un ponte!

"Questo è l'unico ponte rimasto intatto durante la seconda guerra mondiale,” spiegò Danilo.

Camminando sulla passerella ricoperta di pietre, Olivia aveva la sensazione di camminare attraverso la storia. Le file di negozi su entrambi i lati del ponte non lasciavano entrare molta luce, ma le vetrine erano illuminate e scintillanti di tesori e, guardando in alto, vide file di luci sospese lungo la stretta striscia di spazio aperto. Di notte, dovevano trasformare il ponte in una location da favola, pensò.

"I prezzi non sembrano così male,” disse lei, guardando una delicata catenina d'oro che aveva catturato la sua attenzione. "Sono più bassi che negli Stati Uniti. Immagino che si possano trovare questi oggetti più a buon mercato altrove.”

Guardò il cartellino del prezzo corrugando la fronte. Aveva fatto i conti giusti nel convertire gli euro in dollari? Era un ottimo affare o una fregatura? Erano un sacco di soldi da spendere, cosa che non poteva proprio permettersi, ma aveva agognato una catenina d'oro per anni.

"Puoi trovare gli stessi articoli a prezzi più convenienti altrove,” concordò Danilo, "ma così non li avrai comprati a Ponte Vecchio. In ogni caso, questo è quello che mia sorella diceva sempre ai turisti. Lavorava in quel negozio di fronte, e faceva molte vendite.”

"Ne sono certa,” disse Olivia. Era una logica indiscutibile. Se avesse comprato quel gioiello, avrebbe ricordato per sempre quella giornata speciale, e la straordinaria esperienza di fare shopping su quel ponte di pietra, con il viavai di turisti tutto intorno a lei e lo scintillio dei gioielli nelle vetrine luminose e invitanti.

"Devo farlo,” decise Olivia, entrando nel negozio. Dopotutto, aveva risparmiato molto, evitando di comprare le scarpe.

"Ottima decisione,” concordò Danilo, ammirando la catenina nella sua elegante scatola di velluto, mentre Olivia la portava al bancone. “È oro diciotto carati, come la maggior parte dell'oro venduto qui. Massima qualità.”

Olivia pagò con il cuore in gola. Era un grosso investimento, ma come poteva dire di no a qualcosa che aveva sognato per anni?

"Congratulazioni!” Danilo le cinse una spalla con il braccio mentre uscivano dal negozio.

Olivia si sentiva al settimo cielo. Che giornata incredibile. Una visita turistica che avrebbe ricordato per tutta la vita, e l'acquisto di un gioiello di cui avrebbe fatto tesoro per il resto dei suoi giorni. E non erano ancora arrivati al vero motivo del loro viaggio. Il peso leggero della busta che portava appesa al braccio le ricordò perché si trovavano qui.

"Il negozio del mio amico è in direzione sud, a pochi isolati dal fiume Arno,” spiegò Danilo. "Il negozio specializzato che produce maniglie in ottone si trova sulla stessa strada, quindi possiamo andare lì subito dopo. Vuoi andarci a piedi? Una volta prese le maniglie per i cassetti, possiamo prendere un taxi per tornare dove abbiamo parcheggiato.”

"Per me va bene camminare.”

Con entusiasmo seguì Danilo attraverso il labirinto di marciapiedi, notando che, lasciando il centro storico, stavano lasciando anche la mecca dei turisti. Improvvisamente, le strade erano di nuovo più tranquille e costeggiavano un parco, dirigendosi verso un edificio situato oltre.

"Begni, il mio amico, ha l'ufficio nel seminterrato. Ti piacerà, questo posto,” disse Danilo, spingendo la porta d'ingresso e scendendo una rampa di gradini di pietra.

Olivia lo seguì nel fresco locale debolmente illuminato con apprensione.

Si domandò se l'esperto sarebbe riuscito a identificare il frammento di vetro, e se questo le avrebbe fornito ulteriori informazioni sul misterioso passato della sua fattoria.

CAPITOLO SEI

Danilo bussò alla porta di legno in fondo alla scalinata. Due colpi in rapida successione, una pausa e poi altri due. La persona all’interno doveva già sapere chi aspettarsi, perché Olivia sentì gridare con gioia.

"Danilo!"

Un uomo robusto dai capelli corti e grigi aprì l’uscio e avvolse Danilo in un abbraccio, per poi stringere la mano di Olivia con calore.

"Begni, questa è la mia amica Olivia, che ha comprato la vecchia fattoria abbandonata sulla collina.”

"E stai facendo meravigliosi ritrovamenti?" le chiese Begni.

"Spero di sì,” rispose Olivia.

Seguendo Begni nella stanza luminosa, Olivia si accorse che erano entrati in una sorta di miniera dei tesori.

Sulla parete opposta erano allineati mobiletti dallo sportello in vetro, ognuno dei quali era aveva ripiani pieni di bottiglie, il cui vetro risplendeva alla luce di piccoli faretti. Le altre pareti erano ricoperte di poster e fotografie incorniciati, vecchi articoli di giornale e cataloghi.

"Begni possedeva un'enoteca in città,” spiegò Danilo. "L'ha venduta qualche anno fa e ha iniziato a seguire la sua passione, ovvero la storia enologica di questa regione. È la persona di riferimento per tutti gli antiquari e i rivenditori di vino, un consulente e uno storico con ottime conoscenze.”

Olivia poteva ben immaginare quanto potessero essere preziose informazioni del genere. Ma Begni sarebbe stato in grado di dare un senso al frammento di vetro dalla forma particolare ma così piccolo che Olivia aveva dissotterrato?

Tirò fuori dalla sportina il fagotto avvolto nella carta, rendendosi conto di quanto fosse leggero. Il vetro era quasi inesistente. Molto probabilmente sarebbe stata una richiesta infruttuosa, forse però quel guru avrebbe condiviso con lei un po’ delle sue conoscenze. Così sarebbe valsa ancora di più la pena andare fin lì.

"Mettilo qui, e vediamo cos’hai trovato,” disse Begni, indicando un tappetino bianco sul tavolo, con una luce posizionata al di sopra.

Olivia posò il frammento sul tappetino.

Usando una salvietta morbida imbevuta di un liquido dall'odore acre, Begni ripulì il frammento. Olivia rimase stupita dall'intensità del colore che rivelò. Nel bagliore della luce, il vetro screziato proiettava chiazze verde chiaro e scuro sul tappetino bianco.

Fischiettando tra sé, Begni allungò la mano sotto la scrivania e prese un enorme raccoglitore ad anelli. Esaminò i divisori in cartoncino, fino a trovare quello che voleva.

Quando raggiunse la pagina, il suo fischiettio si tramutò da melodia intonata a qualcosa che sembrava… sì, insomma, un fischio di apprezzamento.

Olivia si morse un labbro. Era in piedi accanto a Danilo, e le loro spalle si sfiorarono quando si chinarono in avanti per guardare. Avrebbe voluto stringerlo per mano. La situazione era snervante.

"Non l'avevo mai visto prima,” annunciò Begni in tono solenne.

"È un bene o un male?” domandò Olivia con voce flebile.

"È interessante,” disse l'uomo brizzolato, prima di sfogliare di nuovo il raccoglitore.

Poi tornò alla pagina iniziale e fece un cenno deciso.

"Sedetevi. Posso offrirvi un caffè?"

Danilo andò a prendere due sedie di legno, mentre Begni preparava il caffè con una Moka in acciaio inossidabile.

Lo versò nelle tazzine e passò loro la zuccheriera. Olivia mescolò e lo sorseggiò, assaporando il sapore dolce e deciso. Si stava abituando a bere l'espresso senza panna, solo con zucchero – la maggior parte degli italiani ci metteva parecchio zucchero.

"Hai acquistato un appezzamento di terreno molto interessante,” confermò Begni. "Danilo ha detto che hai già rinvenuto una bottiglia di vino intatta, vecchia di almeno un secolo.”

Olivia annuì. Quella storica bottiglia era stata la sua prima scoperta. L'aveva mandata da un antiquario per farne restaurare l'etichetta. Dopo di che, non era sicura di cosa ne avrebbe fatto. Poteva venderla, ma era tentata di tenerla. Dopotutto, faceva parte del patrimonio della sua tenuta.

"Questo frammento è molto più antico,” spiegò Begni. "Quindi comincerò col raccontarvi un po’ di storia su come veniva conservato del vino, per il mio amico Danilo, che ha bisogno di tutta la formazione possibile.”

Danilo sorrise, evidentemente divertito dalla presa in giro.

"I romani amavano il vino, naturalmente. E lo consumavano e vendevano in quantità tali che grandi botti di legno divennero il metodo preferito per la conservazione e il trasporto. Nel corso dei secoli, scoprirono per caso che la conservazione in botti di rovere migliorava il vino, ed è per questo che oggi molte annate vengono invecchiate nel legno di rovere.”

 

Olivia annuì, affascinata dai fatti storici che stava imparando. Danilo aveva ragione: si stava rivelando un incontro altamente istruttivo.

"Per quantità inferiori, le brocche di terracotta o i fiaschi di argilla – le anfore – erano le uniche alternative, ma erano difficili da trasportare e non adatte a un uso a lungo termine, per cui il vino veniva raramente conservato lì dentro per lunghi periodi di tempo.”

Olivia poteva immaginarlo.

"Ma sono stati i romani a inventare il vetro, no?" obiettò Danilo, e Begni annuì, sorridendo all'amico.

"Proprio così. Mi fa piacere che tu l'abbia chiesto. Perché non usare il vetro, visto che i romani l'avevano appena inventato, e che era perfetto per la conservazione del vino? Tu lo sai, Danilo?"

Danilo scosse la testa.

"E tu, Olivia?"

Per quanto si scervellasse, non riusciva a pensare a nessuna ragione. Scosse la testa, perplessa.

"Per comprendere come mai il vetro fosse un problema, dobbiamo analizzare la mente degli antichi romani. Erano pignoli per quanto riguardava l'ordine e la precisione. Guardate le loro mappe. Guardate le loro strade, i loro eserciti e le loro leggi. Tutto doveva essere uniforme, uniforme, uniforme!" Begni agitò scherzosamente un dito mentre parlava. "Nelle prime fasi della soffiatura del vetro, nulla era uniforme. Le bottiglie artigianali venivano fuori tutte di forme e dimensioni diverse. E questo, come si può ben immaginare, faceva impazzire i romani. Non c'era modo di capire quanto vino ci stesse in ogni bottiglia! Invece dell'ordine, c'era il caos totale. Nessuno poteva commerciare in modo equo, se ogni bottiglia era unica e conteneva quantità diverse. Non riuscivano proprio a sopportarlo, la cosa li mandava completamente fuori di testa!" Si picchiettò un dito sulla tempia. "Perciò vietarono la vendita del vino in bottiglie di vetro. E fu così per tutta l'epoca romana.”

Begni batté le mani, con l'aria divertita.

"Facciamo un salto in avanti fino al Seicento. Il vetro prodotto in quel periodo era più forte, più spesso, più scuro. Il vetro scuro, naturalmente, aiutava a proteggere il vino dalla luce solare.”

Begni riempì a tutti di nuovo la tazzina di caffè, mescolando con piacere lo zucchero nella sua, e proseguì.

"Lo champagne divenne possibile grazie a questo vetro più solido. Ci vuole molta resistenza per contenere le bollicine e, soprattutto, la curva alla base della bottiglia – la "picura" – deve essere profonda e spessa per proteggere dalla pressione prodotta dallo spumante. Altrimenti… boom! Esplode la bottiglia e addio champagne.”

Olivia annuì. Adesso che ci pensava, tutte le bottiglie di spumante avevano quella pronunciata rientranza sul fondo spesso e solido. Quindi faceva parte della struttura della bottiglia, per evitare che scoppiasse per la pressione del liquido contenuto all'interno!

Begni posò la tazzina e aprì il raccoglitore, indicando alcuni disegni.

"Le bottiglie come le conosciamo oggi cominciarono a essere realizzate nel diciassettesimo secolo. Come potete vedere, all'inizio erano spesse e tozze. Proprio all'antica, no?”

Olivia sorrise. Indubbiamente, i produttori di bottiglie credevano che le loro creazioni fossero il massimo dello stile.

"Cosa li ha spinti a renderle più slanciate?” indagò Olivia.

"Beh, all'epoca si usavano già i tappi di sughero, e il contatto del liquido con il sughero era essenziale per evitare che evaporasse. Perciò i produttori modificarono la forma delle bottiglie per poterle conservare sdraiate, in modo da consentire il contatto con il sughero. Ogni zona produceva bottiglie dalla forma distintiva per differenziare il proprio vino. La Borgognona, che oggi corrisponde alla forma inclinata della maggior parte delle bottiglie da vino bianco, il Bordeaux, la tipica bottiglia di vino rosso, con la spalla più alta e più larga. Il Porto, il Riesling… se ti faccio il nome dei vini, probabilmente riesci a pensare alla bottiglia in cui sono contenuti.”

Olivia annuì: ci riusciva.

Sbirciò di nuovo i disegni. L'illustrazione di Begni mostrava l'evoluzione delle bottiglie e le forme che avevano assunto nelle vare aree di produzione.

"E il frammento di bottiglia trovato da Olivia?” chiese Danilo.

Immersa com'era nella storia e nell'evoluzione delle bottiglie di vetro, Olivia si era quasi dimenticata la ragione della loro visita. Guardò di nuovo il luccicante frammento e, questa volta, riuscì a cogliere alcuni dettagli che Begni aveva spiegato.

"Il tuo frammento appartiene a una bottiglia di vino ‘a cipolla’, prodotta alla fine del Seicento.”

Olivia trattenne il fiato, così come Danilo. Quel frammento era davvero antico. Avrebbe voluto sapere come ci fosse finito nel suo vecchio fienile.

"È estremamente raro. Una bottiglia intatta di quest'epoca sarebbe un oggetto da collezione del valore di migliaia di dollari” proseguì Begni. "Se una bottiglia del genere dovesse essere trovata ancora chiusa, varrebbe molto di più.”

A quelle parole, Olivia si sentì motivata a tornare immediatamente alla fattoria per setacciare tra le macerie e dissotterrare tutti i tesori sepolti che potevano essere lì ad aspettarla.

"Ma questo frammento è diverso,” continuò Begni.

La speranza di Olivia frenò. Probabilmente il suo ritrovamento non valeva poi così tanto.

Poi però quasi cadde dalla sedia, quando Begni spiegò cosa intendesse.

"Il colore è ciò che lo distingue. Questo colore unico, marmorizzato, proviene da un lotto esclusivo di bottiglie realizzate appositamente per uno dei vigneti più importanti della zona. Abbiamo solo immagini, descrizioni e testimonianze; e ora, questo pezzo unico. A quanto ne sappiamo, non esiste più nemmeno una bottiglia. Se ne trovassi una, sarebbe una scoperta inestimabile.”

Danilo e Olivia si scambiarono sguardi stupiti e Olivia vide la propria incredulità riflessa negli occhi di lui.

"Chissà cosa dissotterrerete la prossima volta?" fece Begni. "Tenetemi aggiornato!"

"Ma certo, e grazie mille per tutte le informazioni" disse Olivia, alzandosi con riluttanza. "Vuoi tenere il frammento?”

"Sì, mi piacerebbe." L'esperto annuì. "Fornirà un'importante testimonianza storica, che ci aiuterà a capire l'industria vinicola di quella zona. E magari, un giorno, potremo ricomporre un'intera bottiglia, se la vostra ricerca fa progressi.”

"Lo spero,” disse Olivia.

*

Un'ora dopo aver lasciato lo scantinato di Begni, Olivia si trovava in un altro luogo sotterraneo. L'aria fredda le pizzicava la pelle mentre scendeva le scale, sfiorando con un braccio il muro di pietra liscia, pronta a esplorare le vecchie cantine dell'imponente Castello del Trebbio.

Mentre scendeva al buio, il suo telefono suonò e vide che era arrivato un messaggio di Charlotte.

Stava per leggerlo, quando la guida iniziò a spiegare la storia del castello. Desiderosa di non perdere nemmeno una parola, Olivia rimise il cellulare nella borsetta. Decise che avrebbe letto il messaggio più tardi.

"Nel dodicesimo secolo, questo castello apparteneva alla famiglia dei Pazzi. Questa famiglia si opponeva ai potenti Medici, che all'epoca dominavano la regione. Infatti, i Pazzi progettarono una congiura per uccidere i Medici proprio in questo castello,” spiegò la guida, sorridendo mentre spostava dietro le spalle la coda di cavallo. "Si dice che persino l'arcivescovo di Pisa facesse parte della congiura, dato che i Medici erano odiati da molti, e inoltre in tanti avrebbero tratto vantaggio dalla loro morte.”

Olivia sentì un brivido lungo la schiena che non aveva nulla a che fare con il freddo dei sotterranei. A quanto pareva, moventi malvagi e omicidi erano parte integrante della storia di quella zona. Mettendosi nei panni dei congiurati, si domandò se avessero discusso i loro piani proprio lì sotto, in quel freddo sotterraneo. La cosa le dava decisamente i brividi.

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