Hela Si Prende Una Vacanza

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Hela Si Prende Una Vacanza
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HELA SI PRENDE UNA VACANZA
Rebekah Lewis

Questo è un lavoro di finzione. Nomi, personaggi, imprese, luoghi, eventi e accadimenti sono prodotti dell'immaginazione dell'autore o utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o morte o eventi reali è puramente casuale.

Edito da Sandra Sookoo

Copertina di Victoria Miller

Tradotto da Monja Areniello

Copyright © 2019 di Rebekah Lewis

Tutti i diritti riservati.

Questo libro o parte di esso non può essere riprodotto o utilizzato in alcun modo senza l'espressa autorizzazione scritta dell'autore eccetto per l'uso di brevi citazioni in una recensione del libro.

Stampato negli Stati Uniti d’America

www.Rebekah-Lewis.com

Dedica

A Sandra Sookoo, la mia meravigliosa editrice
La tua guida e gentilezza significano tutto per me

"Vaste, fredde e vuote erano le sale della Regina delle Nevi".

Hans Christian Andersen, "La Regina delle Nevi"

Prologo

La fortezza di Hel, Niflheim.

Il ghiaccio era cristallizzato sui pilastri della stanza del trono di Hela mentre lei guardava il petto di Níðhöggr alzarsi ed abbassarsi, mentre il grande drago del gelo giaceva addormentato alle radici di Yggdrasil. La sua compagnia era così noiosa che persino un drago aveva rinunciato al suo unico compito: rosicchiare le radici che lo legavano a questo regno – e ora dormiva. Hela non poteva incolpare la creatura, perché lei non riusciva a sopportare il suono del suo ritmo mentre vagava nella fortezza che suo padre, Loki, e gli Æsir avevano costruito per lei.

"È un grande onore avere un proprio regno da governare come desideri", aveva detto Loki. "Persino a Thor non è stato offerto un simile regalo ed è costretto a rimanere su Asgard con il resto di noi".

Hela non era sicura che la parola regalo descrivesse la situazione così bene. Era più simile ad una prigione. Una punizione per il suo status. Certo, lei era in parte gigante per nascita, ma a differenza dei suoi fratelli bestiali Jörmungandr e Fenrir, poteva trasformarsi indifferentemente da dea a mortale grazie al suo aspetto e alla sua altezza. Dal momento che i giganti erano inclini alla natura violenta, gli Æsir non si fidavano di lei nonostante il fatto che Hela non avesse mai schiacciato un insetto che avesse osato volare troppo vicino a lei, nelle rare occasioni in cui qualcosa strisciava così in basso su Yggdrasil. Invece, mentre tutti quelli che lei conosceva erano costretti a vivere insieme, lei era stata cacciata e intrappolata in un mondo di ghiaccio, oscurità e morte. Dove temeva sarebbe diventata fredda e inflessibile come il gelo che la circondava, come se lei già non lo fosse. Anche la sua pelle e le sue labbra avevano assunto una tonalità bluastra dal freddo che sentiva ma non soffriva.

"Cosa ha fatto oggi mia figlia passeggiando per le sale di Helheim?"

Con un sussulto, Hela si girò e vide suo padre appoggiato a uno dei pilastri ghiacciati con le braccia incrociate sul petto. La sua tunica e i pantaloni di pelle nera si stagliavano dietro di lui contro il bianco pallido e blu della sua fortezza.

Non osava dimostrare la sua eccitazione nell'avere qualcuno con cui parlare. Loki trovava il suo desiderio di interazione alquanto sgradevole. Non adatto alla regina dei morti. Invece, lei cercò di sembrare il più disinvolta possibile. "Niflheim".

Loki si accigliò. "Hela … Quante volte te lo devo dire? Se vuoi invocare paura e rispetto, il nome del tuo regno dovrebbe essere audace. Dargli un nome per te stessa".

Sempre lo stesso argomento. Era stato lui a nominare la fortezza Hel, cercando di riferirsi a Niflheim come Helheim. Perché lui non aveva rispettato il suo desiderio di stare da sola? "Non desidero invocare paura e rispetto, preferirei lasciare questo regno ed esplorare gli altri otto". Come riusciva a vivere in un mondo di morte fredda e raffinata e bramare calore e luce, non lo sapeva. Sognava di vivere la vita come le anime che si avventuravano attraverso le sue sacre sale. Per capire perché la imploravano per una seconda possibilità. Perché i mortali e le divinità volevano che lei infrangesse le leggi della natura e rilasciasse un'anima a Midgard o Asgard o da qualunque regno provenisse. "Almeno uno di loro, Uno qualsiasi di loro".

Beh, forse non Muspelheim, con i giganti del fuoco che desideravano la guerra contro il resto dei nove mondi, soprattutto verso Asgard. Eppure, gli altri …

Loki scosse la testa e si pizzicò la punta del naso tra il pollice e l'indice. "Sei ingenua e inesperta nonostante i molti secoli che hai vissuto". Forse perché nulla cambia mai! Si era risentita di essere stata chiamata inesperta, anche se suonava veritiero. "Un giorno, uscirai da questa impudenza e abbraccerai il tuo diritto di nascita. Tu, tra tutti i miei figli, sei l'unica ad essere trattata con rispetto dagli altri, perché rischieresti di rovinarlo uscendo nel mondo per diventare corrotta?"

Ciò che suo padre non riusciva a capire era che, sebbene lei fosse la sua unica progenie che assomigliava agli altri dei, ciò non la rendeva una di loro. Lo stesso Loki non era Æsir – né lo era lei – ma solo un mezzo dio. Odino lo amava come un figlio, così gli era concesso di vivere ad Asgard nel suo tempo libero. Un privilegio che lui utilizzava per tramare ed ingannare quelli che avevano cura di lui. Un giorno tutto sarebbe caduto a pezzi intorno a lui, ma per il momento lei era gelosa di tutto ciò che lui aveva e a lei mancava. Come la libertà di viaggiare da un regno ad un altro. Vivere e amare tra i mortali. Fare esperienza. Forse desiderava la vita perché la morte era tutto ciò che conosceva. Non desiderava poi così tanto.

Preoccupandosi dell’attuale discussione, Loki chiese: "Di cosa avresti bisogno per essere felice, figlia mia?"

Si girò verso il grande focolare, dove le fiamme azzurre guizzavano mentre parlava senza pensare: "Vivere una vita diversa per un po’". Hela sollevò lo sguardo verso il suo riflesso nei frammenti sparsi di un grande specchio che pendeva sul muro sopra il mantello in milioni di schegge piuttosto che un intero insieme. Era perfetto, visto che il suo spirito si sentiva altrettanto spezzato e dilatato. Aveva bisogno di qualcosa di più. Lo specchio le ricordava anche i mortali di Midgard, così facilmente spezzati che riflettono tanta luce prima di oscurarsi per risiedere qui, con lei, nell'ombra dell’eternità smerigliata.

"Vorrei essere mortale, in questo modo potrei prendere le mie decisioni e vivere come mi piace. Non ho mai richiesto questo regno di morte, non ci sono nata. E’ stato creato perché gli Æsir non sapevano cos'altro fare con me". Certo, i suoi fratelli erano bestie, ma che cosa aveva mai fatto per spaventarli? Era cresciuta senza rabbia, ma l'amarezza rimaneva.

Loki non rispose per lunghi momenti. Così a lungo, infatti, che Hela pensò che se ne sarebbe andato, ma poi posò la mano sulla sua spalla e una gentilezza a cui non era abituata da lui allentò la tensione dei suoi muscoli al contatto. "I mortali sono i più grandi sciocchi di tutti e nove i regni. Perché desideri una cosa del genere?"

Lei incontrò il suo sguardo ancora una volta. I suoi occhi erano di una tonalità di blu tanto più scura e più ricca della sua ombra. Eppure, dove i capelli di Loki erano chiari e dorati, i suoi erano scuri, quasi neri. Erano diversi in tutto, tranne che per il sangue. "Perché non ho mai messo piede fuori da questa fortezza da quando ero piccola, non ho mai avuto la possibilità di vivere, solo servire".

Rilasciando la presa sulla sua spalla, annuì. "Capisco e se dovessi sperimentare la vita mortale e trovarla carente – quale è – torneresti qui a Helheim senza discutere? Interromperesti questa follia?"

Rise nervosamente, torcendosi le mani e grata che l'irrequietezza fosse nascosta dalle lunghe maniche a campana del suo abito grigio chiaro. "Se la trovassi carente, allora sì, ma potrei innamorarmi … vorrei restare se succede". Si passò una mano sulle gonne. "Temo che una semplice prova non sarebbe mai abbastanza se fosse così". Forse non era l'amore che desiderava esattamente, ma un compagno. Eppure … quelli che cercavano di influenzarla per restituire un'anima ai vivi lo facevano sempre per amore. Il concetto era elusivo e la incuriosiva. Come ti piacerebbe amare?

Loki si strofinò il mento e considerò le sue parole e il suo sorriso improvviso disse tutto ciò di cui aveva bisogno senza che lui dovesse parlare. Stava architettando un piano. "Diciamo che tu ti innamori e poi lui muore, torneresti?"

Hela socchiuse gli occhi. "Se lui ha vissuto tutta la sua vita ed è morto per cause naturali, certo". La sua risposta rabbiosa era molto evidente. Bisogna sempre avere cura di come rispondere a suo padre, per paura che lui la ingannasse senza battere ciglio. Stava davvero considerando il suo desiderio?

"I mortali che ci adorano credono che la morte in battaglia sia la miglior morte, dopotutto vogliono andare nel Valhalla. Negheresti ad un povero mortale la sua possibilità di servire Odino nella battaglia di Ragnarök?" Strizzò l'occhio. Lei stava cadendo nei suoi trucchi. Loki non cercava mai informazioni specifiche a meno che non cercasse un modo per indebolirle, anche se il trucco era solo teorico. Perché non le sarebbe mai stato permesso di lasciare Niflheim. Chi avrebbe protetto la fortezza al suo posto?

"Odino ha un sacco di guerrieri. Voglio un solo amante con cui passare una sola vita, così possiamo morire di vecchiaia, mano nella mano". Il senso piacevole di soddisfazione la riempì e ogni riluttanza che aveva per costringere suo padre ad ascoltare la sua richiesta svanì. Aveva bisogno che lui ascoltasse. Lui la doveva ascoltare.

 

Lui sbuffò. "Nozione romantica, certo, irrealistica, un po’ egoista …"

Hela si fece beffe della sua dichiarazione, anche se non sarebbe più stata messa a tacere. Sempre gli stessi argomenti con lui. Aveva mai preso qualcosa sul serio? "Padre, ho vissuto da sola tutta la mia vita, non credo che voler vivere una lunga vita con qualcuno che amo sia egoista e irrealistico, ma se lo è, non mi interessa davvero".

Con una risatina bassa, lui annuì una volta e incrociò le braccia. "Fatto allora".

Lei sbatté le palpebre rapidamente, sorpresa dal suo improvviso voltarsi. "Che cosa è fatto?"

"Ti concederò dodici giorni a Midgard come umana, senza poteri o magia divina. Sono certo che la noia ti consumerà entro il terzo giorno". Sollevò una mano quando lei aprì la bocca per rispondere. L'avrebbe davvero lasciata andare? Significava che lui avrebbe dovuto tenere d'occhio la sua fortezza e assicurarsi che le anime rimanessero al loro posto. I suoi pensieri si trasferirono dalle sue responsabilità a come sarebbe stato su Midgard. "Se puoi conquistare il cuore di un mortale, lo proteggerò personalmente dalla morte fino alla vecchiaia e lascerò che voi due moriate pacificamente nel sonno".

Il respiro che aveva trattenuto uscì in un whoosh. La stava ingannando, senza dubbio. "Devi avere qualche condizione nascosta che non mi stai dicendo".

Loki si voltò come se volesse andarsene, ma continuò a fissarla con la coda dell'occhio. Aveva sicuramente nascosto qualcosa. Tuttavia, sarebbe stata libera da Niflheim, anche se sarebbe stato per soli dodici giorni. Un giorno solo sarebbe stato un piacere e l'eccitazione la sopraffece.

Per quanto riguardava i poteri, i sensi potenziati e la capacità di adattarsi rapidamente, oltre alla conoscenza di qualsiasi lingua, erano ereditati da tutti gli immortali, a meno che non decidesse di limitare ciò che riteneva. Sarebbe stato più difficile abituarsi a stare senza la sua magia, dato che aveva imparato a controllare gli elementi nei suoi periodi di noia ed era la sua seconda natura rendere più dura la neve quando era irritata o creare una bufera quando era eccezionalmente cupa. Sarebbe stata felice di rinunciarvi comunque, a tutto.

"Che cosa dirai agli Æsir?" Lei non poté fare a meno di chiedere. Avevano dato a lei questo dovere e questa fortezza, non a suo padre.

Loki scrollò le spalle. "Preferisco fargli lo scherzo di non dirglielo e poi guardarli mentre si contorcono quando si renderanno conto che non c'è nessuno al di fuori del drago e di un branco di anime senza guida". Come se sapesse di essere stato nominato, Níðhöggr borbottò e aprì i suoi occhi gialli brillanti, rivolgendo il suo sguardo su entrambi, mentre la saliva usciva da sotto la grassa radice delle sue fauci.

A volte, Hela si sentiva intrappolata come il drago che cercava di masticare per liberarsi da legami così forti che non si separavano mai. Sperava che il suo rilascio in natura sarebbe avvenuto con meno terrore e distruzione, ma avrebbe mentito se non fosse stata preoccupata di come il regno sarebbe stato gestito dopo la sua partenza dal trono per dodici giorni in Midgard, e forse più a lungo, ma la possibilità della libertà era a portata di mano. Avrebbe dimostrato a suo padre che avrebbe potuto sopravvivere da sola e che non era così inesperta come credeva. E forse, forse, avrebbe avuto una vita mortale lontana da quella cella gelida che lei chiamava casa.

L'attesa l'aveva talmente catturata che non pensò di chiedere perché aveva fatto sembrare che non ci sarebbe stato nessuno a sostituirla mentre lei era via.

Capitolo uno

Norvegia, 997 A.D.

Björn l'Intoccabile era adagiato contro uno dei tanti massicci alberi sempreverdi che coprivano la collina che sovrastava il fiordo sottostante. Gli dei avevano benedetto il villaggio di Iskygge e le fattorie vicine con il bel tempo degli ultimi giorni. La neve si era sciolta, sebbene continuasse ad abbellire le montagne in lontananza con il suo abbraccio congelato. Lui si avvolse la sua pelliccia in modo più stretto e chiuse gli occhi. Un pisolino, o una buona notte di sonno, sarebbe stato il benvenuto, perché era quasi impossibile tornare a casa a meno che non avesse bevuto abbastanza per inondare di allegria il villaggio. Non con le celebrazioni già in pieno svolgimento. Il solstizio d'inverno era su di loro, la prima notte della festa di Yule.

E rumore. Molto rumore. A volte, tutto ciò che Björn voleva era pace e tranquillità. Un momento per se stesso. Era tempo di non dover essere l'uomo che l'intero villaggio teneva in così grande considerazione. Quello che un giorno avrebbe preso il posto di suo padre, Birger il Saggio, come Jarl, quando quell'uomo si sarebbe diretto verso il Valhalla. Sperava che il vecchio vivesse per cento anni, perché il ruolo di Jarl era faticosamente estenuante. Più di quello degli agricoltori con i loro compiti quotidiani, o delle donne che si prendevano cura delle famiglie mentre i loro mariti erano in guerra o incursioni. Lo Jarl doveva sorvegliare tutto il territorio, rispondendo soltanto al Re. Birger stava mantenendo la sua posizione ora che la lotta contro il Re danese, che voleva il trono norvegese, sembrava, per il momento, ad un vicolo cieco. I Danesi non sarebbero rimasti a lungo però. Non l'avevano mai fatto.

Lui rabbrividì e aprì gli occhi a quel pensiero. Poiché avevano avuto qualche anno di calma e poche lotte per il governo norvegese, suo padre credeva che avrebbe dovuto prendere una moglie e iniziare una famiglia per conto suo mentre c'era il tempo di godersela. Birger desiderava annunciare la decisione di Björn nell'ultima notte di Yule. "Dodici giorni" mormorò sottovoce. "Dodici giorni dopodiché non avrò mai più pace". Non c'era una donna a cui volesse particolarmente legarsi e quelle che sapevano della sua situazione e stavano cercando di conquistarlo, lo stavano facendo nel modo sbagliato. Seguendolo in giro e ridacchiando o cercando di dimostrare che erano altrettanto capaci di giocare con la spada come lui. Lo sfidavano costantemente non appena si svegliava e faceva colazione. Non gli permettevano mai di avere un momento per se stesso. Da qui la sua ritirata sulle colline boscose.

Era Björn l'Intoccabile. Feroce, spaventoso e temuto dai suoi nemici. Eppure tutto ciò che voleva era essere lasciato solo. Si vociferava che Re Olaf aveva l'ambizione di unire tutta la Scandinavia sotto il dominio cristiano, ma molti, come lui, erano stati riluttanti a ignorare i vecchi dei per la nuova religione. Björn non poteva mantenere la sua fede, quindi perché avrebbe dovuto perdere il senso di sé sposandosi senza scegliere? Non gli piaceva l’idea che la sua vita sarebbe cambiata se si fosse impegnato in un matrimonio senza amore. Tuttavia, temeva più di quanto avrebbe dovuto. Suo padre si era sposato per amore; perché era così importante che Björn si precipitasse a sposarsi e non facesse lo stesso?

Le sue preoccupazioni svanirono dalla sua mente quando un cervo vagò fuori dal cespuglio e lo fissò, con le orecchie che si contraevano. Il primo impulso di Björn fu di tirare il suo arco, ma il movimento improvviso avrebbe solo spaventato la creatura e, inoltre, tutto il cibo richiesto, ad eccezione del pescato giornaliero, era già stato recuperato per la festa dei successivi dodici giorni. Perché avrebbe dovuto uccidere il cervo quando, come lui, desiderava essere lasciato solo?

Il cervo si girò bruscamente e poi tornò indietro da dove era venuto. All'inizio, Björn non era sicuro di cosa avrebbe potuto spaventarlo, ma poi sentì una voce da dietro gli alberi. Qualcuno stava parlando. Una donna, se non si stava sbagliando. Ma chi altri era qui fuori al freddo e non si era radunata nella grande sala per la festa del solstizio?

Quando si sforzò di sentire quello che la persona che aveva interrotto la sua solitudine stava dicendo, sperando che non stesse per intromettersi in un incontro intimo di qualche tipo, corrugò la fronte quando capì perché suonava irregolare. Molte delle parole avevano inflessioni danesi. Mentre i due paesi parlavano la stessa lingua, almeno per ora, c'erano differenze minime che un orecchio allenato poteva raccogliere se avesse passato molto tempo insieme ai Danesi. Ma cosa faceva una donna danese in Norvegia durante il solstizio d'inverno? Se qualcuno nel villaggio l'aveva sposata, lui non ne era venuto a conoscenza e suo padre non glielo aveva detto.

Incerto se ci fosse un attacco che minacciava la sua patria, Björn strisciò attraverso il sottobosco verso la voce. Era un attacco a suo padre per prendere il controllo del suo territorio mentre i Danesi cercavano ancora una volta di governare il paese? La voce si fece più forte e lui si appiattì sul terreno, rimanendo completamente immobile per determinare in quale direzione si stava dirigendo la donna. Tirò lentamente il suo arco e prese una sola freccia dalla sua faretra. La celebrazione era un momento perfetto per attaccare il villaggio mentre i guerrieri erano occupati con i loro calici e impreparati. Avrebbero combattuto, sì, ma avrebbero fatto una figura pessima. Björn aveva bisogno di una prova per tornare a Iskygge il più rapidamente possibile per avvertirli tutti, ma prima di allarmare chiunque, doveva esserne sicuro.

"Padre?" Una donna disse in una versione sfacciata di ciò che pensava fosse inteso come un sussurro. Un'ombra tradì la sua posizione di fronte a lui a sinistra. Sembrava irritata con l'uomo, suo padre, anche se non riusciva a capire dove si potesse trovare un'altra figura. Poi, stranamente, aggiunse: "Questo è quello che ottengo per aver fiducia in Loki".

Björn si avvicinò di un passo. Anche se sembrava che lei fosse Danese, per il discorso di prima, non significava che lei fosse lì con cattive intenzioni. Eppure … le vergini degli scudi norvegesi potevano essere altrettanto feroci come un guerriero maschio e una conversione forzata al Cristianesimo sotto il Re danese non significava che una persona avesse magicamente cambiato le proprie convinzioni – come avrebbe potuto riconoscere dalla situazione con Re Olaf. Cosa stava facendo questa donna lì?

Quando lei arrivò in vista, Björn trattenne il respiro. Il chiaro di luna rivelò un'alta bellezza dai capelli corvini dalla pelle pallida e impeccabile. Era anche nuda. Ignaro dei propri movimenti, si trascinò fuori dai cespugli, si alzò in piedi e in un momento si slacciò dalle spalle il folto mantello di pelliccia d'orso. Come avrebbe potuto resistere qui senza un vestito o persino un mantello tutto suo? La neve era sparita, ma l'aria era sufficiente a spezzare le dita degli uomini più forti se si attardavano senza scarpe.

"Oh!" Lei saltò quando lo vide fermo lì, tenendo il suo mantello come un pazzo. Dov'era il suo arco e la sua freccia?

Una rapida occhiata al terreno dove si era nascosto rivelò che aveva lasciato le sue armi per fare questa mossa idiota. Meraviglioso. Ora sarebbe morto. Suo padre si sarebbe presentato e … avrebbe aspettato. "Ti ho sentito mentre cercavi tuo padre", disse calmo. Meglio non darle una ragione per attaccare. Forse lei aveva programmato di sedurre gli uomini e ucciderli quando erano in preda agli spasmi. Lui doveva controllare il suo impulso di proteggere una bella donna e di diffidare di ciò che poteva fare a lui.

Si avvicinò e la luce catturò i suoi occhi. Erano di un blu pallido, quasi argento. Un brivido gli attraversò il misterioso colore. Chi era lei? Se veniva dal villaggio, come mai non l'aveva mai vista prima?

La donna prese il mantello offerto dalle sue mani e lo avvolse attorno alle sue spalle. La parte anteriore la inghiottì finché tutto ciò che rimase visibile fuori dalla pelliccia scura fu solo la sua testa. "Grazie, davvero non sento molto il freddo, anche se immagino che tu possa dire che ne sono consapevole, il calore è molto più piacevole …" Mentre lasciava che le sue parole si allontanassero, lei gli strinse gli occhi. "Forse sto parlando troppo, sono Hela".

"Come la dea?" Le sue sopracciglia si sollevarono e strinse le mani dietro la schiena, decise che era imbarazzante e poi cedette incrociando le braccia sul petto. La sua tunica di lana era spessa, ma la perdita del mantello lo fece piangere.

"Sì", disse lei, il suo sguardo guizzò via da lui verso terra. "Tradizione familiare, che ci chiamiamo come gli dei".

Era questo che intendeva dire non fidandosi di Loki? "Allora … tu sei Hela e tuo padre si chiama Loki?" Non era sicuro se gli dei sarebbero stati onorati o insultati da esso. Beh, Loki si sarebbe probabilmente divertito, di qualcuno di loro.

 

Lei si accoccolò più a fondo nella pelliccia e lui si morse il labbro per trattenersi dal gemito. Come invidiava quel mantello in quel momento. Tutta quella pelle morbida, desiderosa di calore.

Calore che avrebbe desiderato offrirle … Smettila di pensarci. Tu non vuoi una moglie, quindi evita le cose che potrebbero portare ad averne una. Tuttavia, suo padre probabilmente avrebbe rifiutato l'idea di un matrimonio con una Danese, quindi poteva essere al sicuro con lei. Dei, fermate questo pensiero pericoloso!

"A cosa stai pensando così intensamente?" Chiese Hela, gli occhi luminosi.

"Nulla di cui dovresti preoccuparti". Ancora. Lui aveva bisogno di capire perché si trovasse in Norvegia prima di continuare ad assisterla o baciarle la bocca piena e rosa. Quando lei si leccò le labbra, il suo sguardo seguì il movimento della sua lingua e il desiderio ardente si insinuò nelle sue viscere. Quando era stata l'ultima volta che era stato con una donna? Era come se non potesse stare in sua presenza per cinque minuti senza perdere la testa?

Hela si avvicinò a lui. "Posso farti una domanda?"

"Ovviamente".

"Dove siamo?"


TUTTO ERA MOLTO PIÙ luminoso a Midgard ed era solo notte. Come sarebbe stato il paesaggio al sole? "Non mi hai mai detto il tuo nome". Si voltò verso di lui e sorrise. L'uomo era bello, con lunghi capelli biondo scuro e occhi color zaffiro. Aveva le spalle larghe, i muscoli tonici. Le cicatrici gli spolveravano leggermente il torace sopra la parte superiore della tunica, qua e là. Una più visibile seguiva la curvatura dello zigomo sinistro. Era un guerriero. Uno destinato al Valhalla nell'aldilà piuttosto che alla sua casa ghiacciata.

La fitta di delusione sembrava infondata. Non avrebbe voluto vederlo morto, ma non avrebbe mai più rivisto questo guerriero che era stato così gentile con lei senza conoscerla. Non dopo che sarebbe tornata a casa. Loki non avrebbe esitato a rimetterla nel luogo dove lei era destinata.

Il guerriero alzò una mano al suo petto, appoggiando il palmo sul cuore, ora coperto solo da una tunica di lana e dal cinturino di cuoio consumato della sua faretra perché si era tolto il mantello. Aveva anche una spada legata al suo fianco. Ma che ne era stato del suo arco? Non l'aveva visto. "Io sono Björn".

Gli angoli delle sue labbra si contrassero. Björn significava orso. Era certamente imponente e feroce come un orso. "Solo Björn? Non Björn il Fiero o Björn l'Assassino degli uomini?"

I suoi occhi si spalancarono e lui emise una risata. Il suo umorismo l'aveva sorpreso? "L'Intoccabile".

Prima che Hela potesse fermarsi, allungò una mano da sotto il calore del mantello e gli accarezzò le dita lungo la guancia, sopra la cicatrice. "Non così intoccabile, sembrerebbe". La sua pelle era calda al suo tocco, così diversa dalle anime fredde senza cuori che battevano dentro la sua casa. Il suo stesso cuore le batteva più forte nel petto e lei respinse l'impulso di sospirare.

Lui si portò la sua mano a coppa sulla guancia. Erano sospesi lì, in quel momento, senza battere ciglio, a malapena un respiro tra di loro, prima che abbassasse la mano dal suo viso e si schiarisse la voce. Tuttavia, non le lasciò la mano. "Perché sei in Norvegia?"

"Sono qui?" Il suo cuore palpitò. Aveva sentito storie meravigliose sulla Norvegia, aveva sempre desiderato vedere i fiordi. Hela non aveva idea di dove fosse stata depositata. Loki non aveva detto molto, ma l'aveva abbandonata al freddo senza un vestito o una nozione di cosa fare o dire alla prima persona che vedeva. Era stata la grazia degli dei che le aveva fatto incontrato un guerriero con un buon cuore e non uno con un debole nel terrorizzare le donne. Aveva visto entrambi i generi attraversare il suo regno.

"Sì". Lasciò andare la sua mano e la scrutò attraverso le palpebre socchiuse. "Perché sei così lontana dalla Danimarca?"

Lei batté le palpebre. Di cosa stava parlando? "Danimarca?" Anche lei aveva sentito parlare di quel posto. Erano vicini l'uno all'altro? "Non ho viaggiato dalla Danimarca". Non una bugia, ma desiderava capire perché lui pensava di averlo fatto. Sembrava una Danese? Lei supponeva che avesse comunque bisogno di un posto di origine. Forse avrebbe dovuto dire che era venuta dalla Danimarca, eccetto … il bel mortale non sembrava contento. Björn non fece altro che incrociare le braccia e guardare in su.

"Molte delle tue parole hanno un accento danese, quindi sì, sarei un pazzo a credere che tu non sia Danese". Il tono della sua voce conteneva un'inutile quantità di animosità sulla parola danese. Si sforzò di ricordare i rumori della politica di Midgard, ma onestamente non sapeva nient'altro che i nomi dei popoli che adoravano il loro pantheon.

"Io non sono una Danese". Si era concentrata sulla sua capacità di adattamento e aggiunse: "Parlami in norvegese, così posso sentire la differenza".

"Lo sto facendo". Il suo sopracciglio sinistro si sollevò come se l'avesse sfidata a continuare a negare qualcosa che non sapeva di aver fatto.

"Ti ho capito perfettamente", lei disse. La sua capacità di conoscere tutte le lingue aveva in qualche modo causato confusione? O forse Loki l'aveva maledetta a parlare come una Danese in un territorio che non sarebbe stato all'altezza? A pensarci bene, era proprio il genere di trucco che avrebbe escogitato per chiederle di tornare a casa. "Cosa c'era di diverso in quello che hai detto tu da tutto ciò che ho detto io?"

Björn si sfregò il mento e la fissò con la fronte corrugata, come se volesse disperatamente calcolarla e non poteva. "Beh, sì, mi capisci, le differenze sono piccole, le parole sono leggermente diverse, parliamo la stessa lingua, per lo più, ma anche diverse …" Scrollò la spalla destra. "È naturale che due paesi parlino una lingua a modo loro, ma nel tempo sarà probabilmente completamente diverso".

Ma non era così ora? Questa volta, fu lei a corrugare la fronte. "Allora … sto parlando la tua lingua, ma forse come potrebbe parlare una Danese?"

"Sì. È quello che ho detto".

Lei si agitò con il mantello, stringendo la stoffa tra le mani. "Come potrei parlare come una norvegese allora?"

Lui la fissò.

"Perché mi guardi in quel modo? Se sono in Norvegia, allora chiaramente dovrei parlare in norvegese". Il suo umore stava aumentando. Perché le stava dando problemi con le lingue quando era stato carino con lei prima? Accidenti agli occhi di Loki. Doveva essere un suo trucco. Aveva davvero rimosso tutta la sua magia divina? Tentò di richiamare i venti, ma l'aria gelida rimase la stessa. Decisamente senza poteri come aveva detto. Avrebbe dovuto essere felice di parlare una lingua norrena.

"Stai bene?" Björn si accigliò contro di lei. "Stai … ansimando".

"Non sono una Danese, non so perché lo sto parlando". Aspetta, i Danesi erano i loro nemici, no? Lei pensava che era così, anche se non riusciva a ricordare perché fossero in disaccordo. La sua rabbia per la sua punzecchiatura sul suo accento iniziò a diminuire. Doveva invece essere imbarazzata? No, non sembrava nemmeno giusto così.

"Ti è … successo qualcosa?" I suoi occhi si socchiusero leggermente con … preoccupazione?

"Sei stata ferita? Presa contro la tua volontà?"

"Non che io …". Le venne in mente un pensiero. Non poteva spiegare la sua vera ragione di essere lì, poiché, senza i suoi poteri, non poteva comunque dimostrare la sua richiesta. "Non ricordo nulla, so chi sono io e mio padre è stata l'ultima persona con cui mi ricordo di aver parlato, e poi … eccomi ed eccoti". Agitò le ciglia sperando di sembrare innocente e confusa e non come se fosse una stupida.

Qualunque lotta interiore con cui Björn aveva combattuto era finita così rapidamente come era cominciata. Lui si sedette e si sforzò di togliersi gli stivali, che le porse. "Saranno troppo grandi, ma sarà d'aiuto finché non trovo degli indumenti adatti a te".

Lei prese gli stivali, stringendo la morbida pelle e aggrottando le sopracciglia ai suoi piedi nudi. "Tu cosa indosserai?"

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