Terre spettrali

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Из серии: Un Casper a quattro zampe #1
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Terre spettrali
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T E R R E   S P E T T R A L I:
O M I C I D I O
E
C O L A Z I O N E
(UN CASPER A QUATTRO ZAMPE – LIBRO 1)
S O P H I E   L O V E
Sophie Love

Sophie Love è l'autrice di bestseller come la serie romantica LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR, composta da otto libri, e la commedia romantica LE CRONACHE DELL'AMORE, che comprende cinque libri. La sua nuova serie TERRE SPETTRALI, comprendente (al momento) tre libri, è un cozy mystery: un giallo soft, di piacevole lettura.

Non esitate a visitare il sito Web di Sophie www.sophieloveauthor.com e scriverle un'e-mail, o iscrivetevi alla mailing list per ricevere e-book omaggio, per ricevere aggiornati, e restare in contatto!

Copyright © 2020 di Sophie Love. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza il permesso dell’autore. Questo e-book è disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non può essere rivenduto né donato ad altri. Se vuole condividerlo con altre persone, è pregato di aggiungerne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo e-book senza aver provveduto all’acquisto, o se l’acquisto non è stato effettuato per suo uso personale, è pregato di restituirlo e acquistare la sua copia. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright Alejo Miranda, utilizzata con il permesso di Shutterstock.com.

I LIBRI DI SOPHIE LOVE
UN CASPER A QUATTRO ZAMPE

TERRE SPETTRALI: OMICIDIO E COLAZIONE (Libro #1)

TERRE SPETTRALI: MORTE E BRUNCH (Libro #2)

TERRE SPETTRALI: RANCORE E PRANZO (Libro #3)

LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR

ORA E PER SEMPRE (Libro #1)

SEMPRE E PER SEMPRE (Libro #2)

SEMPRE CON TE (Libro #3)

SE SOLO PER SEMPRE (Libro #4)

PER SEMPRE E OLTRE (Libro #5)

PER SEMPRE, PIÙ UNO (Libro #6)

PER TE, PER SEMPRE (Libro #7)

NATALE PER SEMPRE (Libro #8)

LE CRONACHE DELL’AMORE

UN AMORE COME IL NOSTRO (Libro #1)

UN AMORE COME QUELLO (Libro #2)

UNA AMORE COME IL LORO (Libro #3)

UNA AMORE COSI’ GRANDE (Libro #4)

UN AMORE COME IL VOSTRO (Libro #5)

CAPITOLO UNO

Non sapeva bene perché, ma a Marie Fortune sembrava che l'uomo con lo sguardo truce che in quel momento le stava col fiato sul collo assomigliasse al suo preside delle superiori. Proprio come il suo ex preside, perfino i baffi tagliati a regola d'arte sembravano corrucciarsi quando aggrottava la fronte. Ma a essere uguale era soprattutto il modo in cui la scrutava da dietro gli occhiali, come se fosse un insetto che avrebbe potuto schiacciare da un momento all'all'altro.

“Non capisco,” disse l'uomo che non era il preside Davis. “È un articolo così semplice. Com'è possibile che non lo abbiate?”

“Beh, si tratta di un tipo molto specifico di balsamo, signore,” rispose Marie. “Se lo tenessimo a portata di mano, rimarrebbe sugli scaffali a prendere la polvere. Dopo tutto, il suo è un cane molto speciale.”

E, pensò, senza azzardarsi a dirlo, non tutti ritengono che il loro cane possa usare solo un tipo preciso di balsamo per il suo pelo.

Lo sguardo dell'uomo si fece ancora più torvo. Per un momento, Marie tornò quindicenne, al cospetto di un torvo preside Davis.

Certo, era sempre stato facile spiegare al preside Davis per quale motivo si trovasse ancora una volta nel suo ufficio. Ma non era altrettanto facile spiegare a quel riccone pedante per quale motivo da Pampered Paws non avessero in stock il tipo preciso di balsamo che lui cercava. Non era il tipo d'uomo da capire che il mondo non ruotava attorno a lui. Era inaudito che Pampered Paws non potesse provvedere alle esigenze del suo cane, una snella levriera persiana che sembrava consapevole di quanto fosse costosa.

Persino il cane sembrava guardare Marie con cipiglio. Quando incrociava i suoi occhi, distoglieva lo sguardo, come se ritenesse che non valeva la pena scomodarsi per un umano così insignificante.

“Mi spiace, signore,” si scusò Marie, “ma non ci sono in commercio balsami specifici per il pelo dei levrieri persiani. L'unico prodotto adatto al suo cane è molto difficile da trovare, ed è piuttosto costoso.”

“Che assurdità!”

A Marie sembrava assurdo invece che un uomo adulto potesse volere un balsamo per un cane. Ma ovviamente non lo disse, anzi, sfoggiò l'espressione corrucciata e solidale che la direzione di Pampered Paws le aveva fatto ripetere così tante volte durante il suo periodo di formazione.

“Beh, come sa, siamo una spa per animali, non un negozio,” spiegò Marie. “Per questo non abbiamo la marca specifica che cerca. Ma se lo desidera, possiamo ordinarla per…”

“Posso benissimo ordinarla da solo da casa!”

Ma non lo farai, pensò Marie. Ordinare online è una cosa così plebea.

“Capisco, signore. Ma se lei…”

“Daisy Mae ha un appuntamento lunedì prossimo. Mi aspetto che avrete il balsamo che ho specificamente richiesto per la sua toeletta, altrimenti avrete perso un cliente!”

“Garantisco che lo avremo, signore.”

“Buona giornata,” disse lui. Sibilò la parola buona come se avesse morso qualcosa di amaro. Daisy Mae e il suo alto e baffuto proprietario si fiondarono verso la porta. Mentre se ne andavano, Daisy Mae alzò lo sguardo verso il suo padrone e abbaiò come a voler ribadire il punto.

Eccome, se lo avevano ribadito. Il punto, per come la vedeva Marie, era che a volte dimenticava quanto odiasse il suo lavoro.

Ancora leggermente scossa dall'incontro con il sosia del suo vecchio preside, Marie si spostò sul retro del salone di toelettatura Pampered Paws, dove si trovava un'enorme finestra dalla quale i clienti potevano vedere le loro amate palle di pelo farsi spazzolare.

Al momento, in negozio c'era un solo cane a godersi la toelettatura: un labradoodle di cui si stava occupando l'amica di Marie, Kara. Kara la vide attraverso la finestra e la salutò con i pollici all'insù. Poi aggrottò la fronte, sollevò la coda del cane e iniziò a spuntare l'area che nessuno davvero amava dover spuntare.

Proprio un attimo prima di voltarsi per andare a vedere come potesse tenersi occupata, Marie s'intravide riflessa nel vetro. Era soddisfatta del suo aspetto: il trucco non era eccessivo, i suoi capelli castani ricadevano all'altezza delle spalle in modo scompigliato e grazioso, e aveva l'aria ben riposata.

Eppure, per quanto potesse sembrare in forma, non c'era modo di nascondere il fatto che era una donna di trentanove anni che lavorava in un salone di bellezza per cani che attirava solo clienti ricchi e narcisisti. Era lontana anni luce dal suo vecchio sogno di aprire, un giorno, un bed-and-breakfast da qualche parte sulla costa del Maine. A influenzare quel sogno era stata la sua prozia June, uno dei membri più eccentrici della famiglia. Anzi, per essere più precisi, a ispirarlo era stata la strana e fastosa casa al mare della zia June. Qualunque fosse l'ispirazione, ad ogni modo, era un sogno che con l'andare degli anni sembrava sempre più ridicolo.

Non che importasse: ormai la vita l'aveva portata qui. Aveva provato a rimanere sui binari e seguire la strada di una carriera che non desiderava poi davvero, ma da quella strada, Marie era deragliata qui, a Pampered Paws. Era stato durante l'università che aveva preso quella deviazione accidentale, quando mancavano tre semestri alla laurea: c'entravano una relazione terribile e la morte improvvisa di suo padre. Prima ancora che se ne potesse rendere conto, sia la scuola di veterinaria sia il sogno, sempre più debole, di aprire quel bed-and-breakfast erano diventati nient'altro che chimere.

“Marie!”

Il suono della voce del suo capo la impietrì. Marie si voltò, sfoggiando il suo miglior sorriso per affrontare Deandra Lewinston. Era una bella donna, ma somigliava anche alla matrigna cattiva di un film Disney. Era rifatta, ma si trattava di chirurgia estetica fatta bene, quindi era quasi impossibile accorgersene. Deandra aveva cinque figli, ma aveva i seni ancora belli sodi e proprio al posto giusto, quindi Marie era piuttosto sicura che anche lì ci fosse un bel ritocco fatto a regola d'arte.

“Sì, Deandra?”

“Riesci a trovare qualcos'altro da fare che non sia guardare Kara mentre lavora?”

“Sì, io…”

“Abbiamo nove appuntamenti in programma tra mezzogiorno e le tre. Prima che arrivino i clienti, ho bisogno che ti assicuri che chi è stato lasciato qui dal suo padrone mangi per tempo la sua pappa. E, per favore, questa volta fai attenzione a separare i menù vegetariani da quelli normali. La signora Thornton mi sta ancora facendo una testa così, perché il suo cocker spaniel ha puzzato di pesce per una settimana.”

“Certo.”

“E hai finito con i fiocchi per Precious? La signora Hight sarà qui a momenti per recuperarla.”

“Sì, è tutta pronta e aspetta.”

“Bene,” la liquidò Deandra, prima di dirigersi altrove.

Marie si sforzò di restare sorridente mentre lasciava l'area toeletta e si spostava nelle camere spa. Passò tutta l'ora successiva a preparare le postazioni che avrebbe usato. Mentre lucidava gli specchi avvertì dentro sé una strana sensazione di sconfitta. Sto lucidando degli specchi per far sì che dei cani più costosi della mia auto si possano ammirare mentre taglio loro le unghie e liscio loro il pelo. Come sono arrivata a questo punto, esattamente?

 

Conosceva le risposte, ma erano tutte piuttosto deprimenti. E lei era già abbastanza triste, ad assicurarsi che non ci fossero segni sugli specchi.

Dopo essersi occupata delle pulizie, preparò i tappetini e le ciotole per la sala d'attesa degli animali. Divise il cibo in porzioni, come se stesse preparando uno smoothie per un campione sportivo e non la pappa di una creatura a quattro zampe che si annusava e leccava il didietro.

Finita l'operazione, ritornò all'ingresso del negozio. Immediatamente notò una donna dall'aria angosciata camminare a passi nervosi avanti e indietro per tutta la sala d'attesa, come se volesse essere sicura di essere vista.

“Buongiorno, mi scusi?” disse la donna nel momento stesso in cui vide Marie.

Appena Marie le si avvicinò, si accorse che si trattava di Gloria Hight. Portava un abito rosa attillato, messo in risalto da occhiali da sole scuri che indossava nonostante fosse una giornata nuvolosa. Era una cliente abituale di Pampered Paws, cioè, lo erano lei e il suo piccolo incrocio yorkshire-Pomerania, una minuscola palla d'energia immotivata di nome Precious. La signora Hight aveva trent'anni ed era un'esponente dell'alta società, nata con la camicia, si potrebbe dire, anzi, con tutto il corredo completo.

“Salve, signora Hight,” rispose Marie. “Cosa posso fare per lei?”

“È da ben cinque minuti che aspetto che qualcuno venga ad aiutarmi,” attaccò la signora Hight in tono spocchioso. “La mia Precious è pronta?”

“Certo che lo è,” esclamò Marie, con tono esageratamente allegro. “È pronta da un'ora e si sta godendo una delle nostre Camere Deluxe.” Era una cosa che odiava dover dire: le cosiddette Camere Deluxe altro non erano che piccole cucce decorate in modo da sembrare camerette di lusso per cani.

Una volta, un cliente si era lamentato che la Camera Deluxe non fosse dotata di televisione. Il suo bullmastiff, a quanto pareva, era un grande fan dei programmi di Animal Planet e il cliente era furioso che al suo amato molosso fosse stato negato questo lusso.

Certo, quello era stato un reclamo fuori di zucca, ma la signora Hight e la sua Precious non erano meno bizzose. Di tutti i cani di cui Marie si era occupata, ed erano davvero tanti, Precious era assolutamente la peggiore. La cosa triste era che Precious era una cagnolina davvero molto bella. Ma la signora Hight insisteva che venisse acconciata in modo tale che a chiunque la incrociasse veniva voglia di prenderla a calci.

Marie accompagnò la signora Hight alla Camera Deluxe occupata in quel momento da Precious. L'intera testolina della cagnetta era coperta da fiocchetti e nastrini. Sembrava una specie di pergamena arrotolata. Il pelo era stato spazzolato con forza all'indietro per poter consentire ai fiocchi rosa di stare dritti sulla testa come delle strane antenne. I fiocchetti erano più piccoli di quelli per i capelli di una bambina, ma costavano cinque volte tanto. Erano stati attaccati così stretti, su precise istruzioni della signora Hight, che gli occhi della povera creatura sembravano voler schizzare fuori dalle orbite.

Inoltre, era chiaro che la povera cagnolina li odiava.

E, a quanto pareva, li odiava anche la signora Hight.

“Cos'è questa cosa disgustosa?”

Uhm, il tuo cane? pensò Marie.

“Cosa intende?” domandò invece.

“Questo non è affatto ciò che avevo chiesto, è palese.” La signora Hight si chinò per raccogliere Precious. Il cane le saltò tra le braccia e immediatamente iniziò a strofinarsi addosso alla padrona, cercando di sbarazzarsi dei ridicoli fiocchetti.

“Mi spiace, signora Hight, ma questo è esattamente ciò che aveva chiesto. Se vuole, le posso far vedere l'ordine e…”

“Pensi forse che sono un'idiota? Ho indicato esplicitamente l'ordine dei fiocchi: rosa, magenta, foglia di tè, bianco e infine lavanda. E invece li hai messi in un ordine diverso: rosa, foglia di tè, magenta, bianco e poi lavanda. Sei forse daltonica?”

Marie si era accorta in effetti dell'errore, ma trovava difficile affliggersi sulla questione così come stava facendo la signora Hight.

“Sì, signora. Posso rimediare se mi concede una ventina di minuti.”

“Non ho venti minuti! Sono una donna impegnata!”

La signora Hight stava praticamente urlando adesso. Per non essere da meno, si aggiunse anche Precious, che si era messa ad abbaiare. La cagnetta sembrava essersi accorta di aver attirato l'attenzione degli altri quattro clienti seduti nella sala d'attesa. Questo le scaldò ancora di più, tanto il cane quanto la padrona.

“Ho speso incalcolabili somme di danaro in questo posto! Se non siete nemmeno capaci di rispettare una semplicissima combinazione di colori…”

Precious continuava a guaire e ad abbaiare con tanto impeto che uno dei fiocchi si staccò, volando attraverso la stanza per atterrare ai piedi di un cucciolo di husky appena entrato. In mezzo a tutto il trambusto, fece anche pipì sul pavimento.

A peggiorare la situazione, era anche accorsa Deandra in fretta e furia dall'altro capo del negozio. “Signora Hight,” disse Deandra, “cosa possiamo fare per porre rimedio a questa situazione?”

“Beh, suggerirei di assumere qualcuno di competente. Qualcuno che sappia riconoscere i colori!”

“Le assicuro,” esclamò Marie, “che so riconoscere benissimo i colori.”

“Ah sì? Ah sì?

Precious e la sua padrona abbaiarono all'unisono, come in uno strano coro. La cagnolina però, a dire il vero, non stava abbaiando contro Marie, ma si stava solo unendo al baccano. Marie non poté fare a meno di chiedersi se la signora Hight l'avesse specificamente addestrata a comportarsi così.

“Signora Hight, si è trattato solo di un piccolo errore,” si difese Marie.

La signora Hight e Deandra la squadrarono entrambe come se fosse uscita di senno. Poi Deandra rivolse lo sguardo verso la signora Hight, gli occhi colmi di comprensione. “Le prometto che sistemeremo la questione. L'intero costo del servizio verrà detratto dallo stipendio di Marie.”

La signora Hight annuì, soddisfatta dalla soluzione. “Mi sembra molto ragionevole. La prossima volta dovrebbe controllarla da vicino, per assicurarsi che non sbagli i colori.”

In quel momento scattò qualcosa in Marie. In genere era molto educata ed evitava ogni conflitto. Raramente perdeva le staffe e, quando capitava, era sempre in un modo un po' infantile. Le era successo soltanto una volta di recente, un increscioso incidente a una partita dei Patriots con il suo ragazzo. Le era venuto in mente adesso, ma ormai era tardi per tenere a freno la lingua.

“Glielo dico per l'ennesima volta,” sbottò, “so riconoscere perfettamente i colori. E ho anche lavorato con molti cani, alcuni anche più viziati e più stupidi del suo, e quindi anche loro, li conosco bene. E chiunque si accorgerebbe che il suo cane detesta tutti questi fiocchetti e nastrini.”

“Come osi parlarmi cos…”

“Ma la guardi, poveretta,” disse Marie. “Li odia. E non la biasimo. Sono orrendi.”

“Conosco il mio cane! Non venirmi a dire…”

Marie era perfettamente consapevole delle parole uscite dalla sua bocca. Era perfettamente consapevole del volume con cui le aveva pronunciate. Tutti nel negozio l'avevano sentita. Non poteva arginare ciò che aveva da dire. L'unico altro rumore che si sentiva in quel momento era un lamento sottile proveniente dal muso di Precious.

“Marie…” la riprese Deandra.

“Oh, e tu… beh, ti rendo le cose facili, Deandra.”

Una parte del cervello le intimava di chiudere il becco. Ma continuava a pensare ai sogni dei tempi dell'università, e anche a quelli di quando era più piccola. Diventare veterinaria, aprire un bed-and-breakfast. Quel lavoro da Pampered Paws era così lontano da tutto ciò, che la frase che stava per dire non era solo facile, ma anche liberatoria.

“Mi licenzio.”

“Ottimo!” urlò Deandra. “Finalmente!”

“Davvero?” disse Marie. “Ah, Deandra. Con una persona in meno, forse ti toccherà passare davvero del tempo qui con tutta questa gentaglia.”

Era un po' spaventata, perché non poteva permettersi di non avere un lavoro. Ma era più di un anno che sopportava tutte quelle idiozie. Ne aveva abbastanza. Non poté reprimere il sorriso che le affiorava alle labbra. Infine, come se fosse il peggiore oltraggio, si avvicinò a Precious e le diede una grattatina sotto il mento.

Il cane si mise a scodinzolare. La signora Hight inorridì.

Marie avanzò dritto verso la porta, rivolgendo un gesto di saluto a tutti coloro che la stavano fissando. Prima di uscire, andò di proposito a raccogliere il fiocco caduto dalla testolina di Precious.

Sapeva che era una cosa immatura da fare, ma comunque se lo legò ai capelli. Qualcuno trasalì rumorosamente alle sue spalle. Sperò che fosse la signora Hight.

Marie rimase sorridente per tutto il percorso fino alla propria auto. Poi, quando mise in moto, il sorriso svanì. Mi sono appena licenziata, pensò. Cosa mi è saltato in mente?

Non aveva un lavoro di riserva su cui contare, e il suo curriculum era a dir poco scialbo. Non aveva mai terminato l'università e non aveva nessuna vera competenza, se non prendersi cura dei cani e fare di tanto in tanto una buona battuta.

Provò a recuperare quel senso di sollievo e di libertà che aveva provato dentro il negozio licenziandosi, ma sembrava aver fatto la stessa fine del fiocco di Precious.

Appoggiò la testa allo sterzo. Almeno aveva un fidanzato da cui andare, qualcuno che avrebbe ascoltato le sue pene. Qualcuno che l'avrebbe incoraggiata e le avrebbe detto che tutto si sarebbe risolto per il meglio.

Fu allora che si accorse di avere il fiocco di Precious ancora tra i capelli. Se lo tolse e lo scaraventò sul sedile posteriore. Era un po' come gettar via quel lavoro ridicolo e, con lui, ogni stabilità finanziaria. Il mondo le crollò addosso in quell'istante, lasciandola con una sola domanda.

Cosa avrebbe fatto adesso?

CAPITOLO DUE

Marie rientrò a casa alle 17:15. Subito prese la bottiglia di cabernet dal piano cucina e la stappò. Si riempì un calice e si sedette sul divano. Dopo averne bevuto una prima lunga sorsata, inviò un messaggio a Chris e gli chiese se fosse libero per passare da lei. In realtà, non si aspettava che avrebbe accettato: ultimamente Chris era sommerso dal lavoro. Ma, poiché amava il suo lavoro, non gli importava di essere così carico.

Cavoli, quanto deve essere bello amare il proprio lavoro, pensò Marie.

Era piuttosto sicura che Chris sapesse quanto profondamente tenesse a lui. La cosa la spaventava, perché solo un'altra volta era stata innamorata, ed era finita male. Quindi, avere adesso una relazione con un uomo che riteneva potesse davvero essere “quello giusto” (e accidenti se detestava quell'espressione) era alquanto terrificante.

Però non sempre era spaventata, tutt'altro: a volte, quando stavano insieme, si sentiva come una scolaretta alla prima cotta. Si chiedeva se il motivo principale fosse che Chris, anche se andava verso i quarant’anni e li dimostrava tutti, aveva un che di tremendamente immaturo. Giocava a Fortnite tutto il tempo e non si perdeva una fiera del fumetto. Lei supponeva che questi hobby lo rendessero più bravo anche nel suo lavoro: concepire e programmare videogiochi per diverse società produttrici di app per il cellulare.

Era sempre stato il sostegno imprescindibile della sua vita in questi ultimi anni, oltre al lavoro. Prima di essere assunta a Pampered Paws, aveva fatto per diversi anni l'assistente veterinaria e Chris era stato al suo fianco quando tutto era crollato e lei aveva disperatamente bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi. Era anche sempre disponibile per farsi due risate, baciava divinamente, e sembrava provare un piacere genuino nel cercare di renderla felice.

Chris rispose al suo messaggio con un'inusuale rapidità che la stupì. Aveva persino usato un paio di emoji e diversi punti esclamativi, cosa rarissima. A quanto pareva, era di buon umore: doveva aver avuto una giornata particolarmente positiva al lavoro.

In attesa che Chris arrivasse, Marie restò sul divano con il suo bicchiere di vino, e provò a non pensare ossessivamente all'unica cosa che le mancava del suo lavoro.

I soldi, chiaro e semplice.

 

In tutta onestà, non si poteva certo dire che Deandra la pagasse molto: poco più del minimo sindacale. Ma le mance spesso erano da capogiro. Certo, gli spilorci erano parecchi, ma in tanti amavano invece dilapidare il proprio denaro, come se volessero ricordare al resto del mondo quanto fossero superiori. Persino dopo la trattenuta del venti per cento su ogni mancia da parte di Deandra, a Marie restava un discreto gruzzolo di contanti da portare a casa ogni settimana.

Ma ora tutto questo era sparito. Provò a non sentirsi spaventata a morte, ma minuto dopo minuto l'inquietudine pareva crescere.

Andò in cucina e provò a imbastire una cena con ciò che aveva in dispensa, qualcosa che potesse preparare rapidamente. Chris aveva uno strano orario di lavoro e, di conseguenza, anche strani orari per i pasti, quindi Marie non sapeva mai se avesse fame. Decise di andare sul sicuro: mise a bollire dell'acqua per la pasta e versò del sugo in una padella. Tenne tutto sotto controllo mentre aspettava che arrivasse Chris, rimanendo accanto ai fornelli mentre scorreva il feed di Facebook. Una mescolata alla pasta, un sorso di vino, uno scroll su Facebook. Mescolata, sorso, scroll, ripeti.

Stava prestando solo superficialmente attenzione agli aggiornamenti degli stati e ai meme che scorrevano sul suo telefono. La sua mente era ancora occupata da quanto era successo poco prima. Era contenta di essersi sbarazzata del lavoro: sapere che non avrebbe mai più rivisto Deandra era una vera soddisfazione. Un'altra cosa che non le sarebbe mancata era dover ascoltare i clienti che le spiegavano quanto lungo, al centimetro, doveva essere il pelo del loro cane. Inoltre, il futuro incerto e un po' preoccupante a cui stava andando incontro le permetteva di ripensare a quei sogni che aveva deciso di accantonare.

Aveva desiderato possedere e gestire un bed-and-breakfast sin da quando aveva sette anni, quando aveva aperto nella sua cameretta il Big Bright Bed-and-Breakfast di Marie Fortune. Invitava i genitori e la sorella a soggiornare da lei, offrendo loro cibo giocattolo e finte tazze di tè, prima di proporre un'esaustiva visita guidata dei quattro angoli della stanza e dell'armadio. E quando i suoi "clienti" partivano, lasciava loro dei piccoli biglietti scritti a mano invitandoli a condividere i loro consigli e una recensione.

Crescendo, però, si era resa conto di quanto tempo e denaro fossero necessari per esaudire un sogno del genere, e i suoi genitori l'avevano spinta a cercare qualcosa di più promettente. Avevano osservato che ci aveva sempre saputo fare con gli animali e le avevano suggerito di fare una scuola di veterinaria. Non che l'idea la facesse impazzire, ma comunque aveva pensato che potesse essere una strada che l'avrebbe resa felice.

Aveva quindi iniziato l'università, ma persino allora il sogno iniziale del bed-and-breakfast le era rimasto nel cuore.

Era passato del tempo, e la cosa che più si avvicinava alla realizzazione di quel sogno era stata seguire programmi TV in cui degli esperti ristrutturano case.

Cosa mi è successo?

Prima che si perdesse nei meandri di quei pensieri deprimenti, qualcuno bussò alla porta.

Marie rispose subito e appena Chris varcò la porta lo abbracciò. Si baciarono languidamente per un bel po'. Quando lei staccò le labbra, Chris la guardò con un'espressione alquanto sorpresa.

“E buonasera anche a te,” disse.

“Scusa. È solo che… oh cavoli, ho avuto una giornataccia.”

“Non scusarti mai per essermi saltata addosso appena entrato,” commentò lui. “Anzi, se vuoi continuare…”

Fece un cenno oltre il soggiorno e la cucina, verso la camera da letto. Era difficile dirgli di no. Quel giorno era incredibilmente attraente. Marie pensò che dovesse aver avuto un appuntamento con un investitore, perché i capelli non erano il solito disastro e indossava anche una camicia e dei pantaloni eleganti color cachi, anziché i suoi soliti jeans laceri e la maglietta a maniche lunghe.

“Non c'è tempo,” rispose lei. “Ho preparato una cena davvero sofisticata.”

Chris sbirciò in cucina e vide che erano pronti gli spaghetti. “Nessuno dovrebbe mai rifiutare gli spaghetti,” commentò. La baciò sulla fronte e aggiunse: “Proprio una brutta giornata, vero?”

All'improvviso, non sapeva più se dovesse raccontargli cosa aveva fatto. Cosa avrebbe pensato? Era stata avventata? Forse un po' immatura?

“Piuttosto pesante, già.”

“Uhm. Già, che rottura.”

Non era una reazione profonda o particolarmente significativa per un uomo di trentasei anni, ma Chris sembrava eternamente stanco. Non dormiva quasi mai e le sporadiche volte in cui aveva passato la notte da Marie, le uniche cose che aveva scoperto di lui erano che russava incredibilmente forte e che al mattino, quando finiva di mangiare i cereali, abbandonava la ciotola con ancora il latte dentro sul lavandino, come una specie di barbaro.

Davvero una rottura, sì,” concordò lei.

“Mangiamo e mi racconti tutto?”

“Certo.”

Riempirono i piatti e mangiarono al tavolino nell'angolo pranzo tra il soggiorno e la cucina.

“Prima che ti racconti le mie personali pene dell'inferno, dimmi un po', com'è stata la tua giornata?” chiese Marie.

“Tutto a posto,” rispose Chris. “Sono tre settimane che lavoro da casa, davvero niente male.”

Ancora una volta, non era esattamente il tipo di linguaggio che ci si sarebbe aspettati da un uomo della sua età. Concepire e programmare giochi per cellulare in cui la gente doveva far saltare in aria auto o dare la caccia a monete d'oro fino allo sfinimento lo aveva probabilmente fatto regredire in ogni aspetto della sua vita.

“Su che gioco stai lavorando in questo periodo?” gli domandò Marie.

Come al solito, spiegò cosa stava facendo scendendo nei minimi dettagli. Adorava il suo lavoro; la passione con cui ne parlava era una delle cose che Marie amava di lui. Quando finì, le chiese della sua giornata. Ma sembrava quasi aver messo il pilota automatico.

“Oggi per me è stata una giornata strana,” cominciò a raccontare. “Dal nulla, mi sono messa a pensare a quando ero bambina, e a tutte le cose che volevo, sai? Ti ho mai parlato del Big Bright Bed-and-Breakfast di Marie? Era il mio sogno.”

“Pensavo volessi fare la veterinaria.”

“Quello era il sogno da adulta. Il sogno verso cui mi hanno spinta i miei genitori, in qualche modo. Il mio grande desiderio da bambina era questa cosa del bed-and-breakfast… Oh, Dio, Chris… Mi sono licenziata, oggi.”

Era fatta. Gettata lì, senza giri di parole, quasi dal nulla.

“Sul serio?”

“Già.” Si aspettava una ramanzina di qualche tipo, sul fatto che aveva quarant'anni ed era senza lavoro.

“Bene così,” commentò lui. “Quel posto fa schifo.”

Certo, a volte avrebbe voluto che non parlasse sempre come un ragazzino. Intuendo che non avrebbe aggiunto altro, continuò. “Lo so che dovrei essere spaventata. E lo sono… solo, non così tanto.”

“Già, certo,” disse Chris. Aspirò rumorosamente gli spaghetti e si avvicinò il cellulare.

“Come ti stavo dicendo, mi ha fatto pensare ai miei vecchi sogni. E questo mi ha portato a pensare a mio papà, a come l'ho perso… ed è lì, mi sa, che ho iniziato ad abbandonare i miei sogni. Ma non posso biasimare la mia famiglia, sai? E perché mai? Mio papà è morto e mia mamma era già scomparsa misteriosamente da qualche anno. Ho dovuto lasciare l'università e rilevare l'attività semi-disastrata di mio padre. Insomma, inutile piangersi addosso, no?”

Chris annuì, continuando a sbafarsi gli spaghetti. Sembrava molto distratto e, peggio ancora, persino a disagio, come se non volesse trovarsi lì in quel momento.

“Chris!”

“Cosa?”

“Ma mi stai almeno ascoltando?”

“Certo. Io…”

Il telefono vibrò: gli era arrivato un messaggio. Fece scivolare verso di sé il cellulare e iniziò a digitare una risposta. Doveva trattarsi di un affare di lavoro, immaginò Marie. Solo una volta lo aveva visto così distratto. Non le era piaciuto allora, e non prometteva affatto bene per il resto della loro serata.

Fu attraversata da un lieve fremito di rabbia, come se avesse iniziato a circolarle dentro del veleno. Ma si trattava di un veleno buono, come tracannare una Red Bull o essere tutti eccitati prima dell'uscita di un nuovo film della Marvel. La rabbia, come una specie di mostro furioso dai mille tentacoli, si irradiò in ogni suo singolo nervo. Non stava domandando a Chris di fare una conversazione profonda; voleva solo che le prestasse ascolto, aveva bisogno dell'attenzione dell'uomo che amava.

“Allora oggi,” continuò, “c'era questo golden retriever che mi ha mostrato un video in cui ha battuto Ninja a Fortnite.”

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