l’Ascesa

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Из серии: Le Cronache dell’invasione #3
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L’ASCESA

(LE CRONACHE DELL’INVASIONE -- LIBRO 3)

MORGAN RICE

TRADUZIONE ITALIANA

A CURA DI

ANNALISA LOVAT

Morgan Rice

Morgan Rice è l’autrice numero uno e campionessa d’incassi della serie epic fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE che comprende diciassette libri; della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO che comprende dodici libri; della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende tre libri; della serie epic fantasy RE E STREGONI che comprende sei libri; della nuova serie epic fantasy DI CORONE E DI GLORIA che comprende 8 libri; e della nuova serie epic fantasy UN TRONO PER DUE SORELLE, che comprende otto libri (ed è in prosecuzione); della nuova serie di fantascienza LE CRONACHE DELL’INVASIONE che comprende quattro libri e della nuova serie fantasy OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI, che comprende tre libri (ed è in prosecuzione). I libri di Morgan sono disponibili in formato audio o cartaceo e ci sono traduzioni in 25 lingue.

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Cosa dicono di Morgan Rice

“Se pensavate che non ci fosse più alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice è arrivata a ciò che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti.”

--Books and Movie Reviews

Roberto Mattos

“Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verrà apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini... Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora.”

--The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi)

“Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ciò che promette di essere una serie epica per ragazzi.”

--Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)

“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terrà incollati al libro per ore e sarà in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni età. Non può mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”

--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos

“In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno è quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrativo della Rice è solido e le premesse sono intriganti.”

--Publishers Weekly

Libri di Morgan Rice

OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI

LA FABBRICA DELLA MAGIA (Libro #1)

LA SFERA DI KANDRA (Libro #2)

GLI OSSIDIANI (Libro #3)

LE CRONACHE DELL’INVASIONE

MESSAGGI DALLO SPAZIO (Libro #1)

L’ARRIVO (Libro #2)

L’ASCESA (Libro #3)

IL RITORNO (Libro #4)

COME FUNZIONA L’ACCIAIO

SOLO CHI LO MERITA (Libro #1)

UN TRONO PER DUE SORELLE

UN TRONO PER DUE SORELLE (Libro #1)

UNA CORTE DI LADRI (Libro #2)

UNA CANZONE PER GLI ORFANI (Libro #3)

UN LAMENTO FUNEBRE PER PRINCIPI (Libro #4)

UN GIOIELLO PER I REGNANTI (LIBRO #5)

UN BACIO PER LE REGINE (LIBRO #6)

UNA CORONA PER GLI ASSASSINI (Libro #7)

UN ABBRACCIO PER GLI EREDI (Libro #8)

DI CORONE E DI GLORIA

SCHIAVA, GUERRIERA, REGINA (Libro #1)

FURFANTE, PRIGIONIERA, PRINCIPESSA (Libro #2)

CAVALIERE, EREDE, PRINCIPE (Libro #3)

RIBELLE, PEDINA, RE (Libro #4)

SOLDATO, FRATELLO, STREGONE (Libro #5)

EROINA, TRADITRICE, FIGLIA (Libro #6)

SOVRANA, RIVALE, ESILIATA (Libro #7)

VINCITORE, VINTO, FIGLIO (Libro #8)

RE E STREGONI

L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1)

L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2)

IL PESO DELL’ONORE (Libro #3)

LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4)

IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5)

LA NOTTE DEI PRODI (Libro #6)

L’ANELLO DELLO STREGONE

UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)

LA MARCIA DEI RE (Libro #2)

DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)

GRIDO D’ONORE (Libro #4)

VOTO DI GLORIA (Libro #5)

UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)

RITO DI SPADE (Libro #7)

CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)

UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)

UN MARE DI SCUDI (Libro #10)

REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)

LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)

LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)

GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)

SOGNO DA MORTALI (Libro #15)

GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)

IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)

LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA

ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1)

ARENA DUE (Libro #2)

ARENA TRE (Libro #3)

VAMPIRO, CADUTO

PRIMA DELL’ALBA (Libro #1)

APPUNTI DI UN VAMPIRO

TRAMUTATA (Libro #1)

AMATA (Libro #2)

TRADITA (Libro #3)

DESTINATA (Libro #4)

DESIDERATA (Libro #5)

PROMESSA (Libro #6)

SPOSA (Libro #7)

TROVATA (Libro #8)

RISORTA (Libro #9)

BRAMATA (Libro #10)

PRESCELTA (Libro #11)

OSSESSIONATA (Libro #12)

Sapevate che ho scritto tantissime serie? Se non le avete lette tutte, cliccate sull’immagine qua sotto e scaricate il primo libro di una di esse!

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Copyright © 2018 by Morgan Rice. All rights reserved. Except as permitted under the U.S. Copyright Act of 1976, no part of this publication may be reproduced, distributed or transmitted in any form or by any means, or stored in a database or retrieval system, without the prior permission of the author. This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return it and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author. This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental.

INDICE

CAPITOLO UNO

CAPITOLO DUE

CAPITOLO TRE

CAPITOLO QUATTRO

CAPITOLO CINQUE

CAPITOLO SEI

CAPITOLO SETTE

CAPITOLO OTTO

CAPITOLO NOVE

CAPITOLO DIECI

CAPITOLO UNDICI

CAPITOLO DODICI

CAPITOLO TREDICI

CAPITOLO QUATTORDICI

 

CAPITOLO QUINDICI

CAPITOLO SEDICI

CAPITOLO DICIASSETTE

CAPITOLO DICIOTTO

CAPITOLO DICIANNOVE

CAPITOLO VENTI

CAPITOLO VENTUNO

CAPITOLO VENTIDUE

CAPITOLO UNO

Kevin fissava inorridito la piccola navicella che trascinava lui e Chloe all’interno, sentendosi completamente impotente mentre entrambi salivano nel fascio di luce. Penzolavano sospesi nell’aria, ruotando inermi su loro stessi mentre la navicella li tirava su.

Era stato così certo di poter fermare gli alieni usando il virus che avevano preso dalle fosse di catrame, ma gli alieni avevano rimandato indietro la fiala vuota, quasi con disprezzo.

Ma quello non era il peggio. La cosa peggiore era che Luna non c’era più. L’avevano trasformata in una di loro, e questo faceva male a Kevin, ben più di quanto avrebbe mai creduto possibile.

Chloe gridava accanto a lui mentre salivano, roteando nell’aria come se non ci fosse più alcuna cognizione di sopra e sotto. Kevin poteva percepire la sua paura, ma anche la rabbia.

Il metallo si chiuse attorno a loro ed entrambi caddero sul pavimento della piccola navicella che li aveva risucchiati. Kevin si sforzò di mettersi in piedi, preparandosi e in parte aspettandosi di essere attaccato da qualche forza aliena.

Invece si trovò nel mezzo di una grande stanza rotonda con le pareti bianche. C’era una sorta di portellone circolare sul pavimento che sembrava potersi aprire e richiudere come l’obiettivo di una macchina fotografica. Poi nient’altro.

Chloe si avvicinò a una delle pareti e vi picchiò contro un pugno.

“Kevin, cosa facciamo adesso?”

Kevin avrebbe voluto avere una risposta. Ma dopo tutto quello che era successo là sotto, non pensava di poter più avere risposte in generale.

“Non lo so,” disse.

Chloe colpì la parete un’altra volta e il colpo risuonò sordo all’interno.

“Chloe, questo non…”

Improvvisamente si trovarono sospesi nell’aria. La parete era ora un vetro trasparente che faceva vedere chiaramente a Kevin la città di Sedona che si allontanava sotto di lui, e la grossa navicella sopra di loro, verso la quale si stavano dirigendo.

Da quella distanza ravvicinata, Kevin poteva vedere la porta – molto simile all’antro di una caverna – aperta per accoglierli, permettendo alla navicella di entrare in quello che doveva essere un hangar. Si sentì il fruscio di qualcosa quando vi passarono attraverso, un qualche scudo o membrana che si trovava lì per mantenere l’atmosfera al suo posto.

“Incredibile,” disse Chloe sussultando.

Kevin non poteva non essere d’accordo. L’hangar era tanto grande da poter contenere decine di navicelle, tutte connesse a delle passerelle. Anche la loro navicella si attaccò a una di esse.

Si fermarono di scatto e una sezione della parete scivolò lateralmente, rivelando una porta aperta.

Kevin e Chloe si fissarono tra loro. Perché nessuno andava loro incontro? Perché nessun attacco?

“Quindi vogliono che usciamo?” chiese Chloe. “Perché non ci hanno ancora uccisi?”

Kevin si stava chiedendo le stesse cose.

“Forse è una trappola,” disse.

Chloe si mise a piangere.

Kevin le posò una mano sul braccio. Sapeva quanto la situazione potesse peggiorare, e si trovava combattuto tra i sentimenti di preoccupazione per Chloe e dubbio per ciò che sarebbe potuto succedere loro. Perché erano soli? Perché non c’erano degli alieni ad aspettarli, come avrebbero fatto dei poliziotti o dei soldati?

“Dobbiamo uscire?” chiese Kevin. “O restare qui?”

Chloe lo guardò.

“Nessuna delle due opzioni mi sembra sicura,” disse.

Con sorpresa di Kevin, Chloe andò verso l’apertura, e lui la seguì. Ma improvvisamente si fermò, andando a sbattere dritta contro qualcosa. Era un’illusione: una parete trasparente che le impediva di andare oltre, pur consentendole di guardare fuori.

Poi la piccola navicella si mise nuovamente in movimento, lentamente, in mezzo all’enorme hangar.

Kevin si portò accanto a Chloe e guardò meravigliato insieme a lei. L’hangar era enorme e con i contorni arrotondati, le pareti che sembravano pulsare di potere. Ma oltre a file e file di navicelle, lo spazio era vuoto.

Non c’era gente catturata, niente macchinari in funzione né alieni.

“Dove sono tutti?” chiese Chloe, dando voce ai suoi pensieri.

Kevin non rispose, perché era troppo impegnato a guardare verso la Terra. Sedona era sotto di loro, apparentemente molto vicina, ma allo stesso tempo penosamente lontana.

“Perché non stiamo precipitando verso il basso?” si chiese a voce alta.

Chloe lo guardò accigliata, si diede un’occhiata attorno e poi scrollò le spalle. “Non lo so. Magari la gravità funziona in modo diversi qui. Sono contenta che non stiamo cadendo, comunque.”

Anche Kevin era contento di questo, perché sarebbe stato davvero un bel volo. Gli ci volle un po’ per rendersi conto che sembrava che si stessero allontanando sempre più a ogni minuto che passava, retrocedendo poco alla volta, gli edifici che si facevano più piccoli, fino a che Kevin non poté più distinguerli.

“Ci stiamo ancora muovendo!” disse. “Stiamo andando verso lo spazio!”

Nonostante tutto, nonostante gli orrori che avevano inflitto al mondo e al pericolo in cui probabilmente ora si trovavano, nonostante il fatto che non erano riusciti a distruggere gli alieni, Kevin doveva ammettere di sentirsi in parte emozionato. L’idea di andare effettivamente nello spazio era quasi troppo incredibile da credere.

“Sarebbe una figata, se non fosse per il dove stiamo andando,” sottolineò Chloe.

Kevin poteva sentire la paura nelle sue parole, e in parte la provava pure lui. Se stavano andando verso l’alto, allora c’era solo un posto dove potevano essere diretti, e sicuramente era un posto pericoloso per tutti e due. La nave madre era sospesa sopra di loro, la sua superficie rocciosa punteggiata da torri che somigliavano a punte, ma quasi del tutto vuota per il resto.

Faceva paura, ma poteva anche darsi che fosse la loro migliore opportunità di riuscire effettivamente a fare qualcosa per tutta quella situazione.

“So che hai paura,” disse Kevin. “Ma non c’è nulla che possiamo fare per fermare questa cosa. E guarda l’aspetto positivo: non siamo riusciti a fermarli sulla terra, ma magari qui ci riusciremo.”

Chloe ridacchiò sarcastica. “Come?”

Kevin scrollò le spalle. Ancora non lo sapeva. Doveva esserci un modo. Magari c’era la possibilità di bloccare le cose che gli alieni stavano facendo. Magari c’erano modi per depistarli, o lottare contro di loro, o addirittura ucciderli.

“Dobbiamo provare,” disse Kevin.

Non poteva fare a meno di pensare a Luna. Ciò che le era successo era molto peggio che essere trasportato all’interno di una qualche navicella aliena.

Rimasero lì in silenzio, guardando la Terra che diventava sempre più piccola sotto di loro. Presto fu delle dimensioni di un’anguria, poi di una palla da baseball, poi di una biglia in mezzo al cielo notturno.

Kevin si girò e guardò la navicella madre. Non si era reso conto prima di quanto fosse grande il mondo alieno, e fu solo quando il mezzo virò e si spostò nello spazio che ebbe una reale idea di quanto fosse enorme.

“È proprio un mondo,” disse Kevin, incapace di trattenere la meraviglia dalla voce.”

“Questo lo sapevamo,” disse Chloe. Era lassù in cielo.”

“Ma proprio un mondo…”

C’era una differenza tra vedere qualcosa in lontananza ed esserci davanti. Come con la luna, Kevin avrebbe potuto coprire la navicella madre con il palmo della mano da terra, ma ora che si trovavano lì, essa si dispiegava lunghissima in ogni direzione. Sulla superficie c’erano delle strutture, anche se per la maggior parte appariva desolata e vuota, solo con le torrette giganti che spuntavano come spine di un porcospino. C’erano anche delle aperture che sembravano fauci, tanto grandi che anche una navicella come quella in cui si trovavano avrebbe potuto passarci. Kevin non poteva immaginare cosa avesse potuto scavare aperture come quelle su quel mondo, ma ora aveva cose più importanti a cui pensare.

“Penso che stiamo per entrare,” disse Kevin. E non intendeva solo in un mondo, ma all’interno di esso, oltre il guscio esterno della sua superficie.

Chloe non sembrava per niente felice di fronte a quella prospettiva. “Saremo in trappola. Non troveremo mai un modo per uscire.”

“Invece sì,” la rassicurò Kevin.

Doveva crederlo. L’alternativa era pensare che stavano andando incontro alla loro morte, mentre la navicella che li trasportava saliva all’interno della superficie del mondo…

… entrandoci.

Kevin fissava la scena. L’interno della navicella madre era come un guscio vuoto, e dentro c’era tutto ciò che Kevin avrebbe pensato di vedere sulla sua superficie. Oceani e masse di terra, veicoli che andavano avanti e indietro e città così grandi da occupare ogni centimetro di terreno a disposizione, trasformando l’intera grande navicella in un gigante alveare brulicante di attività. Dei pinnacoli si ergevano da diversi punti della grande città, dorati e luccicanti, come palazzi che si stagliavano in mezzo al resto. Un’enorme sfera oro-rossiccia pulsava al centro del pianeta, emanando luce e calore.

A Kevin parve di vedere delle figure in basso, ma erano troppo lontane per distinguerne i dettagli.

“Alieni,” disse Chloe, guardando a sua volta. “Non gente controllata da loro, non messaggi, non le loro voci… alieni.”

Kevin sapeva cosa intendesse dire. Per tutto questo tempo, avevano avuto solo degli accenni dell’esistenza degli alieni, avevano visto solo gli effetti di ciò che potevano fare. Ora si trovavano nel mondo degli alieni, e ce n’era così tanto.

Sentirono il rumore dell’atterraggio quando la navicella su cui viaggiavano andava a posarsi sul terreno, dando loro completa visuale su una città in cui creature di ogni forma e dimensione camminavano a strane angolazioni, apparentemente messe trasversalmente o con la testa all’ingiù, contro ogni legge della gravità. O forse avevano loro stesse il controllo della gravità, così che ogni posizione poteva risultare per loro quella corretta.

Questa volta la porta di aprì davvero. Kevin poté sentire la leggera brezza n viso, tiepida e mite, pregna di un odore mai sentito.

La cosa che lo sorprese di più, però, era ciò che li aspettava dall’altra parte.

Un terzetto di figure era lì in piedi, tre individui pronti ad accoglierlo.

Erano quasi identici, cosa che agli occhi di Kevin pareva quasi impossibile in quel posto. Erano alti e senza capelli, con la pelle pallida e occhi che gli ricordavano quelli delle vespe, eccetto per il fatto che erano di colore bianco candido. Indossavano delle lunghe tuniche sopra a una tuta da ginnastica chiara, e sembravano avere addosso un assortimento di dispositivi di metallo.

Quello che si trovava al centro parlò. Le sue parole arrivarono in inglese da un traduttore che aveva al braccio, ma Kevin non aveva bisogno di dover tradurre quel monotono e piatto discorso. Lo fece il suo cervello per lui.

“Benvenuto, Kevin McKenzie. Ti stavamo aspettando.”

CAPITOLO DUE

Kevin fissava l’alieno che aveva parlato, l’orrore che gli scorreva dentro.

L’alieno lo guardava a sua volta con i suoi grandi occhi bianchi, e parlò ancora mentre i due ai suoi fianchi restavano in silenzio. Le parole venivano tradotte automaticamente nella testa di Kevin prima che lo facesse il dispositivo.

“Io sono Puro Xan dell’Alveare,” disse l’alieno. “I due accanto a me sono Puro Ix e Puro Ull. E voi siete Chloe Baxter e Kevin McKenzie, primati del pianeta Terra.”

Kevin era stupefatto. Gli ci vollero diversi secondi per mettere ordine tra i propri pensieri.

 

“Siamo umani,” disse, intenzionato a correggerli, a parlare con loro, addirittura magari a convincerli. Dopotutto gli stavano parlando in un modo in cui non si erano preoccupati di rivolgersi a nessun altro.

“Primati,” rispose Puro Xan, “come ho detto. Esseri inferiori, ma forse esseri da cui può valere la pena di imparare qualcosa.”

Non c’era alcuna emozione nel modo in cui l’alieno parlava, ma ci fu una particolare inflessione e variazione quando accennò all’imparare, tale da far scorrere un brivido lungo la schiena di Kevin.

“Cosa intendi dire?” chiese Kevin. “Cosa intendete farci?”

“Le nostre navicelle madri viaggiano per raccogliere risorse,” spiegò Puro Xan. “Tecnologia, minerali, menti, corpi a cui poter ridare forma. Vi faremo dei test per imparare cose nuove, fino a che non ci sarete più utili. Poi vi potremo gettare via.”

Kevin vide il volto di Chloe impallidire, e anche lui poteva condividere la sua paura. Il pensiero di essere smembrato e fatto a pezzi per motivi di studio e poi gettato via era terrificante.

“Non abbiamo paura di voi,” disse Chloe, sforzandosi di mettere tutta la sfida possibile nella sua voce.

“Sì invece,” disse Puro Xan. “Sei un essere inferiore, con paure e bisogni, debolezze e difetti. Non appartieni all’Alveare. Non appartieni ai Puri. Noi non abbiamo queste debolezze, ma solo gli aspetti migliori, concessi a noi dai nostri modellatori delle membra.”

“Pensate di essere perfetti?” chiese Chloe. “Pensate di essere perfetti, così come siete?”

“Non ancora,” disse Puro Xan. “Ma lo saremo. Basta parlare a essere di ordine inferiore adesso.”

L’alieno si rivolse agli altri, e Kevin capì che le parole successive sarebbero state prendeteli.

“Scappa!” gridò a Chloe, ed entrambi si girarono, scattando alla massima velocità possibile. Kevin correva più veloce di quanto il suo corpo gli permettesse, ignorando il dolore e la fatica, ignorano il modo in cui la sua malattia cercava di trascinarlo a terra a ogni passo, e sperando che, se lui e Chloe fossero riusciti a guadagnare sufficiente vantaggio, avrebbero potuto seminare Puro Xan e gli altri nel caos della nave madre.

“Dove andiamo?” chiese Chloe.

“Non lo so,” disse Kevin. Non aveva ancora nessun piano, nessuna idea di cosa avrebbero fatto poi.

Continuò a correre, arrischiando una rapida occhiata alle spalle per vedere se gli alieni li stessero inseguendo. Ma se ne stavano fermi, apparentemente in concentrazione. Uno di loro toccò una cosa che aveva al braccio.

Senza alcun preavviso, il mondo divenne più pesante. Era come se dei pesi stessero premendo dall’alto su Kevin, rendendolo troppo consistente da poter stare in piedi. Si sforzò per non cadere a terra e vide Chloe fare lo stesso, spingendo verso l’alto, come a poter sollevare il cielo sopra di loro. Ma non era l’aria: era come se le stesse ossa e i muscoli di Kevin fossero troppo pesanti, la gravità che li trascinava verso il terreno con una forza molto più potente del solito.

“È la roba che permette loro di stare appiccicati alle pareti,” esclamò Kevin, pensando al modo in cui aveva visto gli alieni camminare lateralmente o capovolti all’interno del loro mondo. Se potevano controllare la gravità a tal punto, era ovvio che potessero fare una cosa del genere.

Chloe gridò: “Mi sta schiacciando giù! Siamo in trappola!”

Sembrava sul punto di finire nel panico, proprio come le era successo prima sulla navicella.

La gravità spinse Kevin in ginocchio e la pressione gli rese difficoltoso il respiro. Cadde in avanti, sentendo il peso del suo corpo che lo bloccava al terreno.

Un grido di frustrazione di Chloe gli fece capire che la stessa cosa stava succedendo a lei. Kevin usò tutte le forze che aveva per riuscire solo a rotolare portandosi sdraiato sulla schiena per vedere il punto dove si trovava lei, bloccata a terra allo stesso modo.

“No, lasciatemi andare! Lasciatemi andare!” gridava. Kevin la vedeva piangere mentre tentava di liberarsi dalla forza che la teneva ferma.

I tre alieni arrivarono vicino a loro, e dovevano aver inviato un qualche segnale ad altri, perché due possenti creature con un carapace come armatura apparvero da una torretta dorata, portando con loro quelle che sembravano due grosse cornici di metallo. Le posarono vicino a Kevin e Chloe e le misero in piedi in modo che Kevin poté vedervi all’interno un pannello simile a vetro, che le faceva assomigliare a due grandi finestre autoportanti.

“Tentare di fuggire è stata una sciocchezza,” disse Puro Xan. L’alieno mandò un segnale alle due creature con l’armatura, che si apprestarono a sollevare Chloe da terra. Quando l’ebbero fatta alzare in piedi, lei iniziò a muoversi e dimenarsi, lottando per liberarsi. Loro però la tenevano con facilità, come fosse una leggera piuma.

“Piantatela!” disse Kevin. “Lasciatela stare!”

Non parve fare alcuna differenza per loro. Le creature erano come macchine implacabili e si muovevano con il genere di forza che diceva che avrebbero potuto fare facilmente a pezzi Chloe e Kevin. Presero Chloe e la sollevarono appoggiandola a una delle lastre trasparenti. Poi uno dei Puri premette qualcosa sul proprio braccio. Chloe rimase attaccata al pannello come se l’avessero incollata, sempre lottando e piangendo per la frustrazione, non riuscendo a ottenere alcun risultato.

Poi si avvicinarono per prendere Kevin e le loro grosse mani si strinsero attorno alle sue braccia, sollevandolo e schiacciandolo contro il secondo pannello di vetro, senza concedergli alcuna possibilità di ribellione. Kevin diede loro un calcio, ma il suo piede rimbalzò contro la loro pelle dura come armatura. Poi l’alieno con il dispositivo premette il marchingegno e anche Kevin rimase attaccato al vetro come Chloe.

Però non era come essere incollato a qualcosa. Non c’era nulla di appiccicoso. Era più come stare sdraiati, eccetto per il fatto che non aveva alcuna speranza di potersi alzare in piedi, perché la gravità lo schiacciava giù tenendolo fermo. Era addirittura una posizione comoda se non tentava di lottare, ma Kevin non aveva alcuna speranza di potersene liberare.

“Kevin,” disse Chloe, completamente distrutta mentre stava appesa alla sua cornice.

“Sono qui, Chloe,” le rispose lui. Non cercò di prometterle che sarebbe andato tutto bene. Non gli sembrava una promessa da poter fare in quel momento. “Non vado da nessuna parte.”

Ma pareva che entrambi sarebbero andati da qualche parte, perché gli alieni grossi con le armature sollevarono le cornici e le trasportarono come avrebbero fatto dei muratori con dei pannelli di vetro da andare a montare. Stranamente Kevin non sentiva la sensazione di essere sollevato: il basso sembrava essere sempre la lastra a cui la sua schiena era attaccata.

“Dove ci state portando?” chiese Chloe. “Lasciateci andare!”

“Cerca di stare calma,” disse Kevin, sperando che la paura che lui stesso provava non fosse udibile nella sua voce. Era terrorizzato da ciò che sarebbe potuto succedere a tutti e due, ma aveva paura soprattutto per Chloe. Con tutto il suo odio per le situazioni che la mettevano in trappola, quella era la peggior cosa che potesse capitarle.

Solo che il peggio doveva ancora arrivare, Kevin ne era certo. C’erano ancora un sacco di cose ben peggiori che potevano accadere. Che sarebbero accadute, se non avessero escogitato un modo per venirne fuori.

Li alieni li portarono verso una torretta dorata e passarono attraverso una grande porta che si aprì automaticamente per consentire loro l’accesso. L’interno era tutto ciò che il resto della navicella madre non era: pulito e luminoso, dall’aspetto comodo, come una specie di hotel molto costoso, agli occhi di Kevin, o forse addirittura un palazzo. Non c’era la varietà di diverse angolazioni e direzioni qui: diversamente dal resto della navicella, tutto sembrava avere un’unica direzione in termini di sopra e sotto.

Portarono Kevin e Chloe in una stanza dove si trovavano dei macchinari a forma di cupola, che sembravano per metà costruiti e per metà cresciuti da soli. Una sezione della parete mostrava un’immagine del pianeta Terra, e Kevin non aveva idea se lo avessero fatto solo per dare una certa vivacità ai muri o come ulteriore crudeltà nei loro confronti.

Puro Xan li seguì nella stanza e si portò in mezzo a loro, vicino a uno degli strumenti a forma di cupola. Prese una alla volta delle piccole cose simili a calamari da un’apertura all’interno della cupola: ciascuno non era più grande della punta di un dito dell’alieno. Puro Xan li posò sulla testa di Kevin, dove le piccole cose si attaccarono. Erano calde e viscide allo stesso tempo.

“Cos’è questa roba?” chiese Kevin. “Cosa ci state facendo?”

“Dobbiamo esaminarvi,” rispose Puro Xan. “Vedremo qual è la vostra utilità per l’Alveare. Proverete dolore.”

Lo disse come se non fosse niente, o almeno come se non gli interessasse. Kevin sentì Chloe che si rimetteva a piangere, e avrebbe voluto dire qualcosa, avrebbe voluto confortarla. Poi il dolore lo colpì, e non poté fare altro che urlare.

Era come se delle gelide dita stessero frugando tra i suoi pensieri, raccogliendo delle cose e rimettendole a posto, o forse erano i tentacoli delle cose che gli avevano attaccato alla testa. Cercò di spingerle via, concentrandosi più che poteva, ma non fece alcuna differenza: provò solo più dolore.

Kevin poteva percepire altre presenze ora, decine di menti, centinaia, che si collegavano in una specie di tacita comunione di pensieri, la loro presenza collettiva che premeva addosso a lui esplorando ogni meandro del suo essere. Sentì le proprie grida, e anche quelle di Chloe. Capì che stavano facendo la stessa cosa anche a lei.

Kevin vide poi delle immagini che fluttuavano davanti alla sua mente. Immagini di amici, di familiari, di tutto ciò che gli era successo recentemente. Vide le immagini dei Sopravvissuti, e cercò di pensare a qualcos’altro, qualsiasi cosa in modo che gli alieni non venissero a scoprire della loro esistenza. Ma percepì la loro mancanza di interesse: pareva non fare alcuna differenza per loro.

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