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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4

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L'anima materiale dell'Universo148 poteva offendere la pietà degli Ebrei. Ma essi applicarono il carattere del Logos al Jehovah di Mosè e de' Patriarchi; e fu introdotto il Figlio di Dio sulla terra sotto una visibile ed anche umana figura, per fare que' famigliari uffizi, che sembrano incompatibili colla natura e cogli attributi della Causa Universale149.

A. A. C. 97

L'eloquenza di Platone, il nome di Salomone, l'autorità della scuola d'Alessandria, ed il consenso dei Greci e degli Ebrei non erano sufficienti a stabilire la verità d'una misteriosa dottrina, che potrebbe piacere ad una mente ragionevole, ma non soddisfarla. Solo un Profeta o un Apostolo, inspirato dalla Divinità, può esercitare un legittimo potere sulla fede degli uomini; e la teologia di Platone sarebbe restata per sempre confusa con le filosofiche visioni dell'Accademia, del Portico e del Liceo, se il nome e i divini attributi del Logos, non si fossero confermati dalla celeste penna dell'ultimo e del più sublime fra gli Evangelisti150. La rivelazione Cristiana, che fu consumata sotto il regno di Nerva, scuoprì al Mondo il sorprendente segreto, che il Logos, ch'era con Dio fin dal principio, ed era Dio, che aveva fatto tutte le cose; e per cui tutte le cose erano state fatte, s'era incarnato nella persona di Gesù di Nazaret, che era nato da una Vergine, e morto sulla croce. Oltre il general disegno di stabilire sopra una perpetua base gli onori divini di Cristo, i più antichi e rispettabili Scrittori Ecclesiastici hanno attribuito al Teologo Evangelico l'intenzione particolare di confutar due opposte eresie, che disturbavano la pace della primitiva Chiesa151. In primo luogo, la fede degli Ebioniti152, e forse de' Nazareni153, era grossolana ed imperfetta. Essi veneravan Gesù, come il più grande fra' Profeti, dotato di virtù e potere soprannaturale. Attribuivano alla persona ed al regno futuro di esso tutte le predizioni degli oracoli Ebrei, che si riferiscono allo spirituale ed eterno regno del promesso Messia154. Alcuni fra loro confessavano forse, ch'egli era nato da una Vergine; ma ostinatamente rigettavano la precedente esistenza e le divine perfezioni del Logos, o del Figlio di Dio, che sì chiaramente son definite nel Vangelo di S. Giovanni. Circa cinquant'anni dopo, gli Ebioniti, gli errori de' quali son rammentati da Giustino Martire con minore severità di quella che sembrerebbero meritare155 formavano una parte molto poco considerabile del nome Cristiano. In secondo luogo, i Gnostici, che si distinguevano coll'epiteto di Dociti, caddero nell'estremo contrario; e volendo sostener la natura divina di Cristo, ne abbandonarono l'umana. Educati nella scuola di Platone ed assuefatti alla sublime idea del Logos, facilmente concepivano, che il più luminoso Eone, o Emanazione della Divinità, potesse assumer l'esterna figura, e le apparenze visibili di un mortale156; ma vanamente pretendevano che le imperfezioni della materia fossero incompatibili colla purità di una sostanza celeste. Mentre ancor fumava il sangue di Cristo sul monte Calvario, i Dociti inventarono l'empia e stravagante ipotesi, che invece d'esser nato dal seno della Vergine157, fosse disceso sulle rive del Giordano in forma d'uomo perfetto; che avesse ingannato i sensi de' suoi nemici e de' suoi discepoli; e che i Ministri di Pilato esercitato avessero l'impotente lor rabbia sopra un aereo fantasma, il quale parve che spirasse sopra la croce, e dopo tre giorni risuscitasse da morte158.

La sanzione Divina, che l'Apostolo avea comunicata al fondamental principio della Teologia di Platone, trasse gli eruditi proseliti del secondo e del terzo secolo ad ammirare e studiar gli scritti del savio Ateniese, che aveva tanto maravigliosamente annunziato una delle più sorprendenti scoperte della rivelazione Cristiana. Gli ortodossi fecero uso159, e gli Eretici abuso160 del nome rispettabile di Platone, come d'un comun sostegno della verità e dell'errore: s'adoperò l'autorità degli abili comentatori di lui per giustificare le remote conseguenze delle sue opinioni, e per supplire al discreto silenzio degli scrittori inspirati. Si agitavano le medesime sottili e profonde questioni sopra la natura, la generazione, la distinzione e l'uguaglianza delle tre Divine persone della misteriosa Triade o Trinità161, nelle filosofiche e nelle Cristiane scuole d'Alessandria. Un ardente spirito di curiosità le spingeva ad esplorare i segreti dell'abisso; e soddisfacevasi con una scienza di parole l'orgoglio de' professori e de' loro discepoli. Ma il più sagace fra i Teologi Cristiani, l'istesso grande Atanasio, ha candidamente confessato162 che ogni volta che sforzò la sua mente a meditare sulla divinità del Logos, i suoi laboriosi sforzi riuscirono vani ed inefficaci; che quanto più vi pensava, tanto meno capiva; e che quanto più scriveva, tanto era meno capace d'esprimere i suoi pensieri. Ad ogni passo di tal ricerca noi siam costretti a sentire ed a confessare l'immensa sproporzione che passa fra la natura del soggetto e la capacità della mente umana. Possiam tentare d'astrarre le nozioni di tempo, di spazio e di materia, che sono tanto strettamente congiunte con tutte le percezioni del nostro sperimentale conoscimento. Ma quando pretendiamo di ragionare di sostanza infinita, di generazione spirituale; quando vogliam dedurre qualche conclusione positiva da un'idea negativa, restiamo involti in oscurità, in dubbiezze ed in sicure contraddizioni. Poichè tali difficoltà provengono dalla natura del soggetto, esse opprimono col medesimo insuperabile peso tanto i filosofi quanto i teologi disputanti; ma possiamo peraltro osservare due particolari ed essenziali circostanze, che rendono diverse le dottrine della Chiesa Cattolica dalle opinioni della Platonica scuola.

 

I. Una scelta società di filosofi, uomini educati liberamente e disposti alla curiosità, poteva meditare in silenzio, o tranquillamente discutere ne' giardini di Atene o nella libreria d'Alessandria le astruse questioni della scienza metafisica. Le sublimi speculazioni, che non convincevano l'intelletto, nè agitavano le passioni degli stessi Platonici, venivan trascurate dalla parte sì oziosa che attiva ed anche studiosa dell'umano genere163. Ma dopo che il Logos fu rivelato come il sacro oggetto della fede, della speranza e del religioso culto de' Cristiani, fu abbracciato quel misterioso sistema da una copiosa e sempre crescente moltitudine in ogni Provincia del Mondo Romano. Quelli, che per l'età, pel sesso, o per le occupazioni loro erano i meno atti a giudicare, ed i meno esercitati nell'abitudine di ragionare astrattamente, aspiravano essi pure a contemplar l'economia della natura divina: e Tertulliano164 vanta che un artefice Cristiano potea facilmente rispondere a tali questioni, che avrebbero imbarazzato il più acuto de' Greci Sapienti. Dove il soggetto è tanto al di là delle nostre forze, la differenza fra il più sublime ed il più debole degli umani ingegni può in vero computarsi per un infinitamente piccolo; pure si può forse misurare il grado di debolezza dal grado d'ostinazione e di dogmatica sicurezza. Queste speculazioni, invece d'esser risguardate come divertimenti di qualche ora disoccupata, divennero l'affare più serio della vita presente, e la preparazione più vantaggiosa per la futura. Una teologia ch'era obbligo credere, di cui era empietà il dubitare, ed intorno a cui sarebbe stato pericoloso ed anche fatale ogni sbaglio, divenne il famigliar argomento delle private meditazioni e de' popolari discorsi. La fredda indifferenza della Filosofia era infiammata dal fervente spirito di devozione; ed eziandio le metafore del linguaggio comune suggerivano fallaci pregiudizi di senso e d'esperienza. I Cristiani, che abborrivano la grossolana ed impura generazione della mitologia Greca165 furon tentati di trarre argomento dalla famigliare analogia delle relazioni filiale e paterna. Il carattere di figlio pareva che includesse una perpetua subordinazione al volontario autore della sua esistenza166; ma siccome bisogna supporre, che l'atto di generare, nel più spirituale ed astratto senso, trasfonda le proprietà d'una natura comune167, non ardirono di limitar la potenza o la durata del Figlio di un onnipotente ed eterno Padre. Ottant'anni dopo la morte di Cristo, i Cristiani della Bitinia dichiararono avanti al Tribunale di Plinio, ch'essi l'invocavano come Dio; ed in ogni secolo e paese gli si son continuati gli onori divini dalle varie Sette, che hanno assunto il nome di suoi discepoli168. La tenera loro venerazione per la memoria di Cristo, e l'orrore che avevano pel culto profano di ogni Ente creato, gli avrebbe impegnati a sostenere l'uguale ed assoluta Divinità del Logos, se il rapido loro volo verso il trono del Cielo non si fosse insensibilmente frenato dal timore di violar l'unità e la sola superiorità del gran Padre di Cristo e dell'Universo. Si può veder la sospensione e l'ondeggiamento prodotto negli animi dei Cristiani da queste contrarie inclinazioni negli scritti de' Teologi, che fiorirono dopo il tempo degli Apostoli, ed avanti l'origine della controversia Arriana. Tanto gli ortodossi quanto gli eretici pretendono con ugual sicurezza d'averli in loro favore; ed i più diligenti critici vanno pienamente d'accordo, che se essi ebber la buona fortuna di conoscer la Cattolica verità, almeno hanno espresso i loro sentimenti con parole indeterminate, inesatte ed alle volte contraddittorie169.

II. La devozione degl'individui era la prima circostanza che distingueva i Cristiani da' Platonici; la seconda era l'autorità della Chiesa. I discepoli della Filosofia sostenevano i diritti dell'intellettual libertà; ed il rispetto, che avevano pe' sentimenti de' loro maestri, era un libero e volontario tributo che offerivano alla superiorità della religione. Ma i Cristiani formavano una società numerosa e disciplinata; e rigorosamente s'esercitava sugli animi de' Fedeli la giurisdizione delle leggi e de' Magistrati. I liberi voli dell'immaginazione venivano di mano in mano ristretti dalle formule e dalle confessioni di fede170; la libertà del giudizio privato era sottoposta alla pubblica dottrina de' Sinodi; l'autorità di un Teologo veniva determinata dal grado che esso tenea nella Chiesa; e gli Episcopali successori degli Apostoli soggettavano all'Ecclesiastiche censure coloro, che deviavan dalla Fede ortodossa. Ma in un tempo di controversie religiose ogni atto d'oppressione accresceva nuova forza all'elastico vigor dello spirito; ed alle volte anche lo zelo o l'ostinazione d'un ribelle spirituale si fomentava da segreti motivi d'ambizione o d'avarizia. Un argomento metafisico diveniva la causa, o il pretesto di contese politiche; si usavan le sottigliezze della scuola Platonica come le insegne delle fazioni popolari, e la differenza, che separava le rispettive loro opinioni, si accresceva o magnificava dall'acrimonia della disputa. Finattanto che l'oscura eresia di Prassea e di Sabellio procurò di confondere il Padre col Figlio171, il partito Ortodosso fu degno di scusa, se aderiva con maggior vigore ed impegno alla distinzione che all'uguaglianza delle persone divine. Ma tosto che fu sopito il calor della controversia, ed il progresso dei Sabelliani non dava più motivo di temere alle Chiese di Roma, dell'Affrica o dell'Egitto, la corrente della opinione teologica cominciò a voltarsi con un dolce ma costante moto verso l'estremo contrario; ed i più Ortodossi Dottori non si guardarono dall'usare i termini e le definizioni, che in bocca de' Settari s'erano censurate172. Dopo che l'Editto di tolleranza ebbe restituito la pace a' Cristiani, insorse di nuovo la controversia della Trinità nell'antica sede del Platonismo, nella dotta, opulenta e tumultuosa città d'Alessandria; e la fiamma della discordia religiosa rapidamente si comunicò dalle scuole al Clero, al Popolo, alla Provincia ed all'Oriente. Si agitaron le astruse questioni dell'eternità del Logos nell'Ecclesiastiche conferenze e ne' discorsi popolari; e furon ben presto fatte pubbliche l'eterodosse opinioni d'Arrio173 dal proprio zelo di lui, e da quello de' suoi avversari. I più implacabili nemici suoi hanno riconosciuto la dottrina e la vita incorrotta di quell'eminente Prete, che in un'antecedente elezione aveva dichiarate, e forse generosamente soppresse, le sue pretensioni alla sede Episcopale174, Alessandro, competitore di lui, prese le parti di suo giudice. Fu agitata l'importante causa avanti di esso; e sebbene a principio sembrasse dubbioso, finalmente pronunziò la sua definitiva sentenza, come un'assoluta regola di fede175. L'indomito Prete, che ardì resistere all'autorità del suo ardente Vescovo, fu separato dalla comunione della Chiesa. Ma l'orgoglio d'Arrio era sostenuto dall'applauso d'un numeroso partito. Egli contava fra' suoi immediati seguaci due Vescovi dell'Egitto, sette Preti, dodici Diaconi, e (quel che sembra quasi incredibile) settecento Vergini. Un grandissimo numero de' Vescovi Asiatici parve che ne sostenesse, o favorisse la causa; ed i loro passi eran condotti da Eusebio di Cesarea, il più dotto de' Prelati Cristiani, e da Eusebio di Nicomedia, che aveva acquistato la riputazione di uomo di stato senza perder quella di Santo. Si opposero nella Palestina e nella Bitinia de' Sinodi a quelli dell'Egitto. Questa teologica disputa s'attirò l'attenzione del Sovrano e del Popolo, ed al termine di sei anni176 ne fu rimessa la decisione alla suprema autorità del generalo Concilio di Nicea.

 

A. D. 318-325

Allorchè i misterj della Fede Cristiana pericolosamente s'esposero alla pubblica discussione, si potè osservare, che l'intelletto umano era capace di formare tre distinti, quantunque imperfetti, sistemi sopra la natura della Trinità di Dio; e fu pronunziato, che nessuno di questi, preso in un senso puro ed assoluto, era esente dall'eresia e dall'errore177. Primieramente, secondo l'ipotesi sostenuta da Arrio e da' suoi discepoli, il Logos era una produzione dipendente e spontanea, creata dal nulla per la volontà del Padre. Il Figlio, da cui s'eran fatte tutte le cose178, era stato generato prima di tutti i Mondi, ed il più lungo periodo astronomico non potea comparire che un passeggiero momento relativamente all'estensione della durata di lui; tal durata però non era infinita179, e vi era stato un tempo che avea preceduto l'ineffabil generazione del Logos. In quest'unigenito Figlio l'onnipotente Padre avea trasfuso l'ampio suo spirito, ed impresso lo splendore della sua gloria. Visibile immagine di un'invisibile perfezione, vedeva ad un'immensa distanza sotto i suoi piedi i troni de' più fulgidi Arcangeli; pure non risplendeva che una luce riflessa, e simile a' figli de' Romani Imperatori, ch'erano investiti de' titoli di Cesare o d'Augusto180, ei governava l'universo con ubbidire alla volontà del suo Padre e Monarca. Nella Seconda ipotesi il Logos godeva tutte le inerenti incomunicabili perfezioni, che la Religione e la Filosofia attribuiscono al sommo Dio. La Divina essenza componevasi da tre distinte infinite menti o sostanze, da tre esseri coeguali e coeterni181 e sarebbe stata una contraddizione che alcuno di loro dovesse non essere stato, o che dovesse mai cessare di esistere182. I difensori del sistema, che pareva che stabilisse tre indipendenti Divinità, tentavano di conservar l'unità della prima causa così patente nel disegno e nell'ordine del Mondo, mediante la perpetua concordia di loro amministrazione e l'essenziale conformità del loro volere. Si può vedere (dicevano essi) una debole somiglianza di tale unità d'azione nelle società degli uomini, ed anche degli animali. Le cause, che disturbano la loro armonia, non provengono che dall'imperfezione e disuguaglianza delle lor facoltà; ma l'onnipotenza, ch'è guidata da infinito sapere e bontà, non può mancare di scegliere gli stessi mezzi per l'adempimento de' medesimi fini. In terzo luogo tre Enti, che per propria original necessità di loro esistenza posseggono tutti i divini attributi nel grado più perfetto; che sono eterni nella durata, infiniti nello spazio, ed intimamente presenti l'uno all'altro ed a tutto l'universo; irresistibilmente forzano l'attonita mente a crederli uno stesso Ente183, che nell'economia della grazia ugualmente che in quella della natura si possa manifestare sotto differenti forme, ed esser considerato in differenti aspetti. Con questa ipotesi una vera sostanzial Trinità si riduce ad una Trinità di nomi e di astratte modificazioni, che sussistono soltanto nella mente che le concepisce. Il Logos non è più una persona, ma un attributo, e non può applicarsi più che in un senso figurato l'epiteto di Figlio all'eterna ragione, che era un Dio fin dal principio, e da cui, non per mezzo di cui furon fatte tutte le cose. L'incarnazione del Logos riducevasi ad una mera inspirazione della Divina Sapienza, che riempì l'anima, e diresse tutte le azioni dell'Uomo Gesù. Così dopo d'aver percorso tutto il cerchio teologico, restiam sorpresi al vedere che il Sabelliano va a terminare dove incominciato avea l'Ebionita, e che l'incomprensibil mistero, ch'eccita la nostra adorazione, sfugge alle nostre ricerche184.

A. D. 325

Se fosse stato permesso a' Vescovi del Concilio di Nicea185 di seguire gl'imparziali dettami di lor coscienza, Arrio ed i suoi compagni avrebbero appena potuto lusingarsi con la speranza d ottenere una pluralità di voti a favor d'un'ipotesi tanto direttamente contraria alle due popolari opinioni del Mondo Cattolico. Gli Arriani tosto s'accorsero della pericolosa loro situazione, e prudentemente si vestirono di quelle modeste virtù, che, nel furore delle dissensioni civili o religiose, rare volte son praticate, o anche lodate da altri che dalla parte più debole. Raccomandavano essi l'esercizio della carità e moderazione Cristiana; insistevano nell'incomprensibile natura dello controversia; disapprovavan l'uso di termine, o di definizione alcuna, che non potesse trovarsi nelle Scritture; ed offerivano con proteste molto liberali di soddisfare gli avversari senza rinunziare alla sostanza de' propri loro principj. La fazione vittoriosa ricevè tutte queste proposizioni con altiera diffidenza: ed ansiosamente cercava qualche irreconciliabile segno di distinzione, la condanna di cui potesse involger gli Arriani nella colpa e nelle conseguenze dell'eresia. Fu pubblicamente letta, ed ignominiosamente lacerata una lettera, nella quale il loro Avvocato, Eusebio di Nicomedia, ingenuamente confessava, ch'era incompatibile co' principj del teologico loro sistema l'ammettere la parola Homoousion, o Consustanziale, termine già famigliare ai Platonici. Fu ardentemente abbracciata la favorevole occasione da' Vescovi, che dirigevano le deliberazioni del Sinodo; e secondo la viva espressione d'Ambrogio186 si servirono della spada, che l'eresia medesima avea tirato dal fodero, per tagliar la testa all'odioso mostro. Dal Concilio Niceno fu stabilita la consustanzialità del Padre e del Figlio, ed è stata la medesima concordemente ricevuta, come un fondamentale articolo della Fede Cristiana, dal consenso delle Chiese Greca e Latina, Orientale e Protestante. Ma se la stessa parola non fosse stata sufficiente a diffamare gli Eretici, e ad unire i Cattolici, non si sarebbe ottenuto l'intento della maggior parte di quell'assemblea, da cui fu introdotta nel simbolo ortodosso. Questa parte maggiore si divideva in due classi, distinte fra loro mediante una contraria inclinazione a' sentimenti dei Triteisti e de' Sabelliani. Ma siccome sembrava, che quegli opposti estremi rovinassero i fondamenti della religione sì naturale che rivelata, essi convenner fra loro di moderare il rigore dei loro principj, e di negare in tal modo le giuste, ma odiose conseguenze, che avrebber potuto trarsi da' loro avversarj. L'interesse della causa comune li faceva inclinare ad unire i loro partiti, ed a nasconder le lor differenze; fu ammollita l'animosità loro da salutari consigli di tolleranza, e restaron sospese le loro dispute mediante l'uso del misterioso Homoousion, che ognuno era libero d'interpretare secondo le proprie particolari opinioni. Il senso Sabelliano, che circa cinquant'anni prima aveva obbligato il Concilio d'Antiochia187 a proibir quel celebre termine, lo rendeva caro a que' Teologi, che mantenevano una segreta, ma parziale affezione per una Trinità nominale. Ma i Santi, ch'erano più alla moda ne' tempi degli Arriani, l'intrepido Atanasio, il dotto Gregorio Nazianzeno, e le altre colonne della Chiesa, che sostennero con abilità ed effetto la dottrina Nicena, par che risguardassero l'espression di Sostanza, come un sinonimo di quella di Natura; e si avventurarono ad illustrare il loro pensiero con affermare, che tre uomini, in quanto appartengono alla stessa specie loro comune, sono consustanziali, o sia homoousii l'uno coll'altro188. Questa pura e distinta uguaglianza, per una parte, veniva temperata dall'interna connessione e penetrazione spirituale, che indissolubilmente unisce le persone divine189; e per l'altra dalla preminenza del Padre, che si confessava per quanto essa è compatibile coll'indipendenza del Figliuolo190. Dentro questi limiti si lasciò muover con sicurezza la quasi invisibile e tremula palla dell'ortodossia; ed intorno di questo sacro recinto stavano in agguato gli Eretici, ed i demonj per sorprendere e divorare quegl'infelici che gli oltrepassavano. Ma siccome i gradi dell'odio teologico dipendono piuttosto dallo spirito di guerra che dall'importanza della controversia, gli Eretici che degradavan la persona del Figlio, eran trattati con maggior severità di quelli che l'annichilavano. Atanasio consumò la sua vita nell'irreconciliabile opposizione all'empia pazzia degli Arriani191; ma difese più di venti anni il Sabellianismo di Marcello d'Ancira; e quando alla fine fu costretto a ritirarsi dalla comunione di lui, rammentava sempre con ambiguo sorriso i veniali errori del suo rispettabile amico192.

L'autorità d'un Concilio generale, a cui gli Arriani stessi erano stati costretti a sottomettersi, delineò sulle bandiere della parte ortodossa i misteriosi caratteri della parola Homoousion, la quale nonostanti alcune oscure dispute, e certi notturni dibattimenti, essenzialmente contribuì a mantenere e perpetuar l'uniformità della fede, o almen del linguaggio. I Consustanzialisti, che pel loro buon successo avean meritato e conseguito il titolo di Cattolici, si gloriavano della semplicità e fermezza del loro proprio simbolo, ed insultavano le replicate variazioni de' loro avversari, ch'eran privi d'una certa regola di fede. La sincerità o l'astuzia de' Capi Arriani, il timor delle leggi o del popolo, la reverenza che aveano per Cristo, il loro odio verso Atanasio, tutte in somma le cause umane e divine, che possono influire e indur varietà ne' consigli d'un partito teologico, introdussero fra i Settari uno spirito di discordia e d'incostanza, che nel corso di pochi anni produsse diciotto diverse formule di religione193, e vendicò la violata dignità della Chiesa. Lo zelante Ilario194, che per causa della particolar durezza di sua situazione era inclinato a diminuire piuttosto che ad aggravare gli errori del Clero dell'Oriente, dichiara che nella vasta estensione delle dieci Province dell'Asia, nelle quali esso era stato esule, potean trovarsi ben pochi Prelati, che avessero mantenuta la cognizione del vero Dio195. L'oppressione, che avea provato, i disordini, de' quali era stato spettatore e vittima, quietarono per breve tempo le fervide passioni nell'animo suo; e nel seguente passo, di cui non farò che trascrivere pochi versi, il Vescovo di Poitiers s'abbandona, senz'avvedersene, allo stile d'un Cristiano filosofo; «È una cosa» dice Ilario «ugualmente deplorabile e pericolosa, che vi siano tanti simboli, quante son le opinioni fra gli uomini, tante dottrine, quante inclinazioni, e tante sorgenti di bestemmie, quanti difetti si trovan fra noi, perchè facciamo i simboli arbitrariamente e gli spieghiamo ancora a capriccio. Varj Sinodi hanno successivamente rigettato, ammesso ed interpretato il termine Homoousion. La parziale e total somiglianza del Padre e del Figlio in questi infelici tempi è un soggetti di disputa. Ogni anno, anzi ogni mese facciamo de' nuovi simboli per esporre de' misteri invisibili. Ci pentiamo di ciò, che abbiam fatto, difendiamo quelli che che si pentono, ed anatematizziamo quelli che prima difendevamo. O condanniamo la dottrina degli altri in noi stessi, o la nostra in quella degli altri; e reciprocamente lacerandoci l'uno coll'altro, siamo stati la causa della nostra vicendevol rovina»196.

Non si aspetterà, e forse neppure si soffrirebbe, che io ampliassi questa teologica digressione con un minuto esame de' diciotto simboli, gli autori de' quali per la maggior parte ricusavano l'odioso nome del loro padre Arrio. Il delineare la forma e descriver la vegetazione d'una pianta riesce assai piacevole; ma il noioso ragguaglio delle foglie senza fiori e de' rami senza frutti stancherebbe tosto la pazienza, e sconcerterebbe la curiosità del laborioso studente. Non deve però tralasciarsi la notizia d'una questione, che in seguito nacque dalla controversia Arriana, mentre servì essa a produrre e distinguer fra loro tre Sette, le quali non convenivano in altro che in una comune avversione all'Homoousion del Sinodo Niceno. 1. Alla questione se fosse il Figlio simile al Padre, risolutamente si rispondeva per la negativa da quegli Eretici, che aderivano a' principj d'Arrio, o anche a quelli della filosofia, che sembra porro un'infinita differenza fra il Creatore e la più eccellente delle sue creature. Si sosteneva quella ovvia conseguenza da Aezio197, a cui lo zelo de' suoi nemici diede il soprannome di Ateo. Il suo spirito inquieto ed intraprendente lo indusse a provare quasi tutte le professioni della vita umana. Egli fu in diversi tempi schiavo o almeno lavoratore di terra, venditore di vasi per le strade, orefice, medico, maestro di scuola, teologo, e finalmente Apostolo di una nuova Chiesa, che propagossi mediante l'abilità del suo discepolo Eunomio198. Armato di testi scritturali, e di arguti sillogismi, presi dalla logica d'Aristotele, il sottil Aezio aveva acquistato la fama d'invincibil disputatore, che non si poteva nè ridurre al silenzio, nè convincere. Tali doti s'attiraron l'amicizia de' Vescovi Arriani, fino a tanto che non furon essi costretti a ricusare, ed anche a perseguitare un pericoloso alleato, che per l'esattezza del suo raziocinio aveva pregiudicato la lor causa nell'opinion popolare, ed offeso la pietà de' loro più devoti seguaci. 2. L'onnipotenza del Creatore somministrava una speciosa e riverente soluzione della somiglianza del Padre e del Figlio; e la fede poteva umilmente ammettere ciò, che la ragione non avrebbe ardito di negare, vale a dire, che il supremo Dio potesse comunicar le infinite sue perfezioni, e creare un Ente simile unicamente a se stesso199. Questi Arriani furon potentemente sostenuti dal peso e dall'abilità dei lor Capi, ch'eran successi al maneggio del partito Eusebiano, e che occupavan le sedi principali dell'Oriente. Detestavano essi forse con qualche affettazione l'empietà d'Aezio e professavan di credere, o senza riserva o secondo le Scritture, che il Figlio fosse differente da tutte le altre creature, e simile soltanto al Padre. Ma negavano, ch'egli fosse o della medesima, o di simile sostanza, giustificando alle volte arditamente il loro dissenso, ed alle volte opponendosi all'uso della parola sostanza, che sembra includere un'adeguata, o almeno distinta nozione della natura di Dio. 3. La Setta, che sosteneva la dottrina d'una simil sostanza, era la più numerosa, almeno nelle Province dell'Asia; e quando si adunarono i Capi di ambe le parti nel Concilio di Seleucia200, potè prevalere la lor opinione mediante il suffragio di cento cinque Vescovi sopra quarantatre. Il Greco vocabolo, che si scelse per esprimere tal misteriosa somiglianza, ha un'affinità così grande al simbolo ortodosso, che i profani d'ogni tempo hanno deriso le furiose dispute, che la differenza d'un semplice dittongo eccitò tra gli Homoousii, e gli Homoiousii. Siccome però frequentemente accade che i suoni ed i caratteri, che sono più vicini fra loro, accidentalmente rappresentano le più opposte idee, tal osservazione sarebbe per se stessa ridicola, se fosse possibile di notare alcuna reale e sensibile distinzione fra la dottrina de' semi-Arriani, come impropriamente si appellano, e quella de' Cattolici medesimi. Il Vescovo di Poitiers che nel suo esilio di Frigia tentò molto saviamente di riunire le parti, procura di provare, che mediante una pia e fedele interpretazione201 la parola Homoiousion può ridursi al senso di consustanziale. Pure confessa, che tal parola porta un'aria di oscurità e di sospetto, e come se l'oscurità fosse congenita alle dispute teologiche, i semi-Arriani, che più s'accostavano alle porte della Chiesa, le assalirono col più inflessibil furore.

Le Province dell'Egitto e dell'Asia, che apprendevano la lingua ed i costumi de' Greci, avevan profondamente bevuto il veleno della controversia Arriana. Lo studio ad essi famigliare del sistema Platonico, una disposizione alla vanità e all'argomentazione, un copioso e pieghevole idioma somministravano al Clero ed al Popolo dell'Oriente un'inesauribile quantità di parole e di distinzioni; ed in mezzo alle fiere loro contese, facilmente obbliavano il dubitare che si raccomanda dalla filosofia, e la sommissione che dalla religione è comandata. Gli abitanti dell'Occidente erano d'uno spirito meno investigatore; le loro passioni non eran sì fortemente mosse dagli oggetti invisibili; i loro animi eran meno esercitati dall'abitudine di disputare; e tal era la felice ignoranza della Chiesa Gallicana, che Ilario medesimo più di trent'anni dopo il primo Concilio Generale non avea cognizione del simbolo Niceno202. I Latini avevan ricevuto il lume della cognizione divina per l'oscuro e dubbioso mezzo di una traduzione. La povertà e durezza della nativa loro lingua non era sempre capace di somministrare i giusti vocaboli, equivalenti a' Greci ed alle voci tecniche della Platonica filosofia203, che s'erano consacrate dal Vangelo o dalla Chiesa per esprimere i misteri della fede Cristiana; ed un difetto verbale poteva introdurre nella teologia Latina una lunga serie d'errori, o d'ambiguità204. Ma poichè le Province dell'Occidente avevano la fortuna di trarre la lor Religione da una sorgente ortodossa, esse mantennero con fermezza la dottrina, che avean ricevuto con docilità; e quando la peste Arriana s'accostò alle loro frontiere, fu applicato ad esse l'opportuno preservativo dell'Homoousion per le paterne cure del Romano Pontefice.

148Mens agitat molem, et magno se corpore miscet. Oltre quest'anima materiale, Cudworth ha scoperto (p. 562) in Amelio, in Porfirio, in Plotino, e per quanto egli crede, in Platone medesimo, una superiore, spirituale upercosmiana, (sopramondana) anima dell'Universo. Ma Brucker, Basnagio, e Le Clerc rigettano questa doppia anima, come una vana fantasia de' Platonici posteriori.
149Petavio Dogm. Theol. Tom. II. lib. VIII. c. 2. p. 791. Bull. Def. Fid. Nic. s. 1. c. 1 p. 8, 13. Questa nozione, fino a tanto che non ne fu abusato dagli Arriani, era liberamente ammessa nella Cristiana Teologia. In Tertulliano (adv. Prax. c. 16) si trova un notabile e pericoloso passo. Dopo d'avere poste in contrasto fra loro con indiscreta acutezza le azioni di Jehovah e la natura di Dio, conclude in tal modo: scilicet et haec nec de Filio Dei credenda fuisse, si scripta non essent, fortasse non credenda de Patre, licet scripta.
150I Platonici ammiravano il principio dell'Evangelio di S. Giovanni, come contenente un esatto compendio de' propri loro dommi. Agostino de Civ. Dei X. 29. Amellio ap. Cirill. advers. Julian. l. VIII p. 283. Ma nel terzo e quarto secolo i Platonici d'Alessandria migliorare poterono la loro Trinità, mediante lo studio segreto della Teologia Cristiana.
151Vedi Beausobre Hist. Crit. du Manicheisme Tom. I. p. 377. Si suppone, che il Vangelo di S. Giovanni fosse pubblicato circa 70 anni dopo la morte di Cristo.
152Le opinioni degli Ebioniti sono chiaramente esposte dal Mosemio (p. 331), e dal Le Clerc (Hist. Eccl. p. 535). Le costituzioni Clementine, pubblicate fra' Padri Apostolici, sono attribuite da' Critici ad uno di questi Settari.
153I buoni Polemici, come Bull, (Judic. Eccl. Cathol. c. 2), insistono sull'ortodossia de' Nazareni, che agli occhi di Mosemio (p. 330) sembra meno pura e certa.
154L'umile condizione ed i patimenti di Gesù sono sempre stati un forte ostacolo per gli Ebrei. Deus… contrariis coloribus Messiam depinxerat; futurus erat rex, judex, pastor. Vedi Limborch ed Orobio Amica. Collat. p. 8, 19, 53-76, 192-234. Ma quest'obbiezione ha obbligato i credenti Cristiani ad innalzare i loro occhi ad un regno spirituale ed eterno.
155Giustino Mart. Dial. cum Tryphon. p. 143, 144. Vedi Le Clerc Hist. Eccl. p. 615. Bull e Grabe editori di esso (Judic. Eccl. Cathol. c. 8 e append.) tentano di storcere o i sentimenti o le parole di Giustino; ma la violenta loro correzione del testo viene rigettata anche dagli Editori Benedettini.
156Gli Arriani rimproveravano agli Ortodossi di aver preso in prestito da' Valentiniani e da' Marcioniti la loro Trinità. Vedi Beausobre Hist. du Manich. l. III. c. 5, 7.
157Non dignum est ex utero credere Deum, et Deum Christum… non dignum est, ut tanta majestas per sordes et squallores mulieris transire credatur. I Gnostici sostenevano l'impurità della materia e del matrimonio; e si scandalizzavano delle grossolane interpretazioni de' Padri e di Agostino medesimo. Vedi Beausobre (Tom. II. p. 523).
158Apostolis adhuc in saeculo superstitibus, apud Iudeam Christi sanguine recente, et phantasma corpus Domini asserebatur. Cotelerio (Patr. Apost. Tom. II. p. 24) crede che quelli, che non accordano che i Dociti nascessero nel tempo degli Apostoli, con egual ragione possono anche negare, che il sole risplenda nel mezzogiorno. Questi Dociti, che formavano il più considerabil partito fra gli altri Gnostici, eran chiamati così perchè non davano a Cristo che un corpo apparente.
159Possono trovarsi prove del rispetto, che i Cristiani avevano per la persona e per la dottrina di Platone appresso di la Mothe le Vayer (T. V. p. 135, edit. 1757) e Basnage (Hist. des Juifs. Tom. IV. pag 29, 79).
160Doleo, bona fide Platonem omnium haereticoritm condimentarium factum, Tertull. de Anim. c. 23. Il Petavio (Dogm. Theol. Tom. III. Proleg. 2.) dimostra, che questo era un lamento generale. Beausobre (Tom. I. lib. III. c. 9, 10) ha dedotto da' principj Platonici gli errori Gnostici; e siccome nella scuola d'Alessandria que' principj eran mescolati con la filosofia Orientale, (Brucker. Tom. I. p. 1356) si può conciliare il sentimento di Beausobre coll'opinione di Mosemio (Gener. Hist. Eccl. Vol. 1. p. 37).
161Se Teofilo Vescovo d'Antiochia (Vedi Dupin Bibl. Eccl. Tom. I. p. 66) fu il primo, che usasse la parola Triade o Trinità, termine astratto già famigliare nelle scuole di filosofia, dev'essersi questo introdotto nella teologia de' Cristiani dopo la metà del secondo secolo.
162Atanasio Tom. I. p. 808. Le sue espressioni hanno una singolar energia, e siccome egli scriveva a' Monaci, non vi potea essere alcun motivo per affettare un linguaggio ragionevole.
163In un Trattato, che avea per oggetto di spiegar le opinioni degli antichi Filosofi sulla natura degli Dei, avremmo potuto prometterci di veder esposta la teologica Trinità di Platone. Ma Cicerone molto ingenuamente confessa, che sebbene avesse tradotto il Timeo, non aveva mai potuto capire quel misterioso dialogo. (Vedi Hieronym. Praef. ad lib. XII in Isaiam Tom. V. p. 154).
164Tertulliano in Apolog. c. 46. Vedi Bayle Diction. alla parola Simonide. Le sue osservazioni sulla presunzione di Tertulliano sono profonde ed interessanti.
165Lactant. IV. 8. Pure la parola Probole, o Prolatio, che i più ortodossi Teologi presero senza scrupolo da' Valentiniani, ed illustrarono co' paragoni d'una fontana e del suo corso, del sole e de' suoi raggi ec. o non significa niente, o favorisce un'idea materiale della divina generazione. Vedi Beausobre (Tom. I, lib. III c. 7. p. 548).
166Molti de' primitivi Scrittori hanno francamente confessato, che il Figlio doveva l'essere alla volontà del Padre. Vedi Clarke (Script. Trinit. p. 280-287). Dall'altra parte sembra che Atanasio ed i suoi seguaci non voglian concedere quel che hanno timor di negare. Gli scolastici si sbrigano da questa difficoltà con la distinzione fra la volontà precedente e la concomitante. Petavio Dogm. Theol. Tom. II. lib. VI c. 8, p. 587-603.
167Vedi Petavio Dogm. Theol. T. II. l. II. c. 10. p. 159.
168Carmenque Christo quasi Deo dicere secum invicem. Plin. (Epist. X 97). Le Clerc (Ars crit. p. 150-156) esamina criticamente il senso della parola Deus, Θεοϛ Elohim negl'idiomi antichi; ed il Sociniano Emlyn (Tract. p. 29, 36, 51-145) abilmente difende la proprietà del culto verso una molto eccellente creatura.
169Vedi Dalleo De us. Patr. e le Clerc Bibliot. univ. Tom. X p. 409. Lo scopo della stupenda opera del Petavio sulla Trinità (Dogm. Theol. Tom. II) fu d'attaccare la fede de' Padri Antiniceni, o almeno tale n'è stato l'effetto; nè questa profonda impressione si è cancellata dall'erudita difesa del Vescovo Bull.
170Le formule di fede più antiche furono estese alla massima ampiezza. Vedi Bull (Judic. Eccl. Cath.), che tenta d'impedir Episcopio dal trarre alcun vantaggio da quest'osservazione.
171L'eresie di Prassea, di Sabellio ec. son esposte con esattezza dal Mosemio p. 425, 680-714. Prassea, che venne a Roma verso il fine del secondo secolo, ingannò per qualche tempo la semplicità del Vescovo, e fu confutato dalla penna del fervido Tertulliano.
172Socrate confessa, che l'eresia d'Arrio nacque dal forte desiderio, che aveva, di opporsi più diametralmente che fosse possibile all'opinione di Sabellio.
173Si dipingono da Epifanio Tom. I. Haeres 69. 3. p. 279, con colori molto vivaci la figura ed i costumi d'Arrio, il carattere e il numero de' suoi primi proseliti; e non possiamo fare a meno di dolerci ch'esso tosto abbandoni il carattere d'Istorico per assumer quello di Controversista.
174Vedi Filostorgio lib. I. c. 3, e l'ampio Comentario del Gottofredo. L'autorità però di Filostorgio vien diminuita agli occhi degli Ortodossi per causa del suo Arrianismo; ed a quegli de' critici ragionevoli a motivo della sua passione, della sua ignoranza e de' suoi pregiudizj.
175Sozomeno (lib. I. c. 15.) rappresenta Alessandro come indifferente ed anche ignorante in principio della disputa; mentre Socrate (lib. I.) ne attribuisce l'origine alla vana curiosità delle sue teologiche speculazioni. Il Dottor Jortin (Osserv. sull'Ist. Eccl. vol. II. p. 178) ha censurato con la solita sua libertà la condotta d'Alessandro πρὸϛ ὁργήν ἑξκπτεται… ὁμότωϛ φρόνειν ἑκελέυσε (s'accende di sdegno… comanda che si pensi come egli pensa).
176Le fiamme dell'Arrianismo poterono per qualche tempo ardere occulte; ma v'è ragione di credere, che si manifestassero con violenza sin dall'anno 319. Tillemont Mem. Ecc. Tom. VI. p. 774-780.
177Quis crediderit? Certe aut tria nomina audiens tres Deos esse credidit, et idolatra effectus est; aut in tribus vocabulis trinominem credens Deum in Sabellii haeresim incurrit; aut edoctus ab Arrianis unum esse verum Deum Patrem, Filium et Spiritum S., credidit creaturas. Aut extra haec quid credere potuerit, nescio. Hieron. adv. Luciferian. Girolamo riserva all'ultimo il sistema ortodosso, ch'è più complicato e difficile.
178Siccome s'introdusse appoco appoco fra' Cristiani la dottrina dell'assoluta creazione dal niente (Beausobre Tom. II. p. 165-215), così la dignità dell'artefice s'elevò assai naturalmente insieme con quella dell'opera.
179Le teorie metafisiche del Dottor Clarke (script. Trinit. p. 276-280) potrebbero ammettere un'eterna generazione da una causa infinita.
180S'usa questa profana ed assurda similitudine da' varj de' primitivi Padri, specialmente da Atenagora nella sua apologia all'Imperator Marco ed al suo figlio; e vien citata senza censura da Bull medesimo. Vedi Defens. Fid. Nic. S. III. c. 5. n. 4.
181Vedi Cudworth Intell. syst. p. 559. 579. Questa pericolosa ipotesi fu favorita dai due Gregorj, Nisseno e Nazianzeno, da Cirillo Alessandrino, da Giovanni Damasceno ec. Vedi Cudworth. p. 603. e Le Clerc. Bibl. univ. Tom. XVIII. p. 97-105.
182Sembra, che Agostino invidii la libertà de' Filosofi; Liberis verbis loquuntur philosophi… Nos autem non dicimus duo vel tria principia, duos vel tres Deos; de Civ. Dei X. 23.
183Boezio, ch'era profondamente versato nella filosofia di Platone e d'Aristotile, spiega l'unità della Trinità mediante l'indifferenza delle tre persone. Vedi le giudiziose osservazioni del Le Clerc, Biblioth. Chois. Tom. XVI. p. 225.
184Se i Sabelliani rigettavano tal conclusione, venivano tratti in un altro precipizio, cioè a confessare, che il Padre era nato da una Vergine, e che aveva sofferto sulla Croce; e così meritavan l'odioso titolo di Patropassiani, con cui furono infamati da' loro nemici. Vedi le invettive di Tertulliano contro Prassea, e le moderate riflessioni di Mosemio p. 423, 681, 3 e Beausobre Tom. I. lib. III. c. 6. p. 533.
185I fatti del Concilio Niceno son riferiti dagl'antichi non solo in un modo parziale, ma anche molto imperfetto. Una pittura, quale ne avrebbe fatto Fra Paolo, non è da sperarsi; ma quelle rozze ombreggiature, che si delinearono dal pennello della bacchettoneria e da quello della ragione, possono vedersi appresso il Tillemont Mem. Eccl. Tom. VI. p. 669-759 ed il Le Clerc Biblioth. univ. Tom. X. p. 435-454.
186Siam debitori ad Ambrogio (de Fid. lib. III. c. alt.) della cognizione di questo curioso aneddoto. Hoc verbum posuerunt Patres, quod viderunt adversariis esse formidini: ut tamquam evaginato ab ipsis gladio ipsum nefandae caput haereseos amputarent.
187Vedi Bull, Defens. Fid. Nic. Sect. II. c. 1. p. 25-36. Egli si crede in dovere di conciliare fra loro i due Sinodi ortodossi.
188Secondo Aristotile le stelle sono homoousie l'una coll'altra. Che homoousios significhi d'una sostanza in specie, si è dimostrato dal Petavio, dal Curcelleo, dal Cudworth, dal Le Clerc ec. ed il provarlo sarebbe un actum agere. Questa è la giusta osservazione del Dott. Jortin V. II. p. 212. ch'esamina la controversia Arriana con dottrina, ingenuità e candore.
189Vedi Petav. Dogm. Theol. Tom. II. lib. IV. c. 16. p. 353, ec. Cudworth p. 559. Bull Sect. IV. p. 275, 290. Edit. Grab. La περίχωρησιϛ o circumincessio è forse il più profondo e più oscuro baratro di tutto l'abisso teologico.
190La terza sezione Della difesa della Fede Nicena di Bull, che alcuni de' suoi antagonisti han chiamato scempiaggine, ed altri eresia, è destinata alla supereminenza del Padre.
191Il nome, che Atanasio ed i suoi seguaci ordinariamente solevan dare agli Arriani, era quello d'Arriomaniti.
192Epiphan. Tom. I. haeres. 72. 4. p. 837. Vedi le avventure di Marcello appresso Tillemont (Mem. Eccl. Tom. VII. p. 880-899). Alla sua opera dell'unità di Dio in un libro fu risposto da Eusebio in tre libri, che tuttavia esistono. Il Petavio (Tom. II. lib. I. c. 14. p. 78) dopo un lungo ed accurato esame ha pronunziato con ripugnanza la condanna di Marcello.
193Atanasio nella sua Epistola intorno a' Sinodi di Seleucia e di Rimini (Tom. I. p. 886-905) ha dato un'ampia lista di simboli Arriani, ch'è stata accresciuta e migliorata dalle fatiche dell'instancabile Tillemont. Memoir. Eccl. T. VI. p. 471.
194Erasmo ha descritto con ammirabil buon senso e libertà il giusto carattere d'Ilario. Gli editori Benedettini si son limitati a rivederne il testo, a comporre gli annali della sua vita, ed a giustificarne i sentimenti e la condotta.
195Absque Episcopo Eleusio, et paucis cum eo; ex majore parte Asianae decem provinciae, inter quas consisto, vere Deum nesciunt. Atque utinam penitus nescirent! Cum procliviore enim venia ignorarent, quam obtrectarent. Hilar. de Sinod, sive de Fide Orient. c. 63. p. 1186 edit. Bened. Nel celebre Paralello fra l'ateismo e la superstizione, il Vescovo di Poitiers sarebbe restato sorpreso di trovarsi nella filosofica società di Bayle e di Plutarco.
196Hilar. ad Constantium lib. II. c. 4. 5. p. 1227. 1228. Questo notabile passo meritò l'attenzione di Locke che lo trascrisse, Vol. III. p. 470, nel modello del suo nuovo Repertorio.
197Appresso Filostorgio, lib. III. c. 15, il carattere e le avventure di Aezio sembrano assai singolari, quantunque siano con tutta la cura addolcite dalla mano d'un amico. Il Gottofredo editore di Filostorgio, p. 153, che era più attaccato a' propri principj che all'autore, ha raccolte le odiose circostanze, che i diversi avversari di lui hanno conservato o inventato.
198Secondo il giudizio d'uno che rispettava ambidue quei Settari, Aezio era dotato d'un ingegno più forte, ed Eunomio aveva acquistato più arte ed erudizione. Philostorg. lib. VIII. c. 18. La confessione e l'apologia d'Eunomio Fabric. Bibl. Graec. Tom. VIII. p. 258-305 è una delle poche opere ereticali che ci sian rimaste.
199Pure secondo l'opinione d'Estio e di Bull (p. 297) v'è una facoltà, cioè quella della creazione, che Dio non può comunicare ad una creatura. Estio, che sì esattamente determina i confini dell'onnipotenza, era Olandese di nascita, e di professione Teologo Scolastico. Dupin Bibl. Eccles. Tom. XVII. p. 45.
200Sabino (ap. Socrat. lib. II. c. 39.) ne ha copiati gli atti; Atanasio ed Ilario hanno spiegato le divisioni di questo Sinodo Arriano: le altre circostanze relative al medesimo si sono esattamente raccolte dal Baronio e dal Tillemont.
201Fideli et pia intelligentia, de Synod. c. 77. p. 5193. Nelle sue brevi note apologetiche (pubblicate per la prima volta da' Benedettini da un MS. di Chartres) osserva che usò questa cauta espressione, qui intelligerem et impiam, p. 1206. Vedi p. 1146. Filostorgio, che vedeva questi oggetti per un diverso mezzo, è disposto a dimenticare la differenza dell'importante dittongo. Vedi in particolare VIII. 17. e Gottofred. p. 352.
202Testor Deum coeli atque terrae me cum neutrum audissem, semper tamen utrumque sensisse… Regeneratus pridem et in Episcopatu aliquantisper manens, fidem Nicaenam nunquam nisi exulaturus audivi. Hilar. de Sinod. c. 91. p. 1205. I Benedettini son persuasi, ch'egli governasse la Diocesi di Poitiers varj anni avanti il suo esilio.
203Seneca Epist. 58, si duole, che neppure το ον de' Platonici, l'ens de' più arditi Scolastici, poteva esprimersi con un nome Latino.
204La preferenza, che il quarto Concilio Lateranense finalmente diede ad una numerica piuttosto che generica unità (vedi Petav. Tom. II. lib. IV. c. 13 p. 424) veniva favorita dall'idioma Latino. Sembra che τριαϛ ecciti l'idea di sostanza: Trinitas quella di qualità.
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